Creato da televisionetica il 20/05/2011
Analisi dei contenuti dei programmi televisivi, secondo un giudizio etico
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Post n°8 pubblicato il 20 Maggio 2011 da televisionetica
"Chi ha incastrato Peter Pan?" è una delle tante trasmissioni di bambini alla ribalta. Fa il pari con quella di Gerry Scotti ("Io canto") e della Clerici ("Ti lascio una canzone") e ci fanno rimpiangere i tempi della TV dei ragazzi, quando i bambini avevano solo un'ora il pomeriggio di Tv (ma avevano disposizione gli alberi della campagna ed erano padroni di giocare a palla nei vicoli), quando potevano vedere carosello (che ben separava il messaggio pubblicitario negli ultimi secondi dal cartone animato) e al massimo erano protagonisti dello Zecchino d'Oro con Richetto, Mago Zurlì e topo Gigio dove si potevano permettere di essere stonati. Sono tutti belli, bellini, alcuni anche bellissimi, tutti pettinati alla moda, con gel i maschi e forse con trucco le femmine e vestiti come il babbo e la mamma. Insomma, tutti bambini "da pubblicità", come si dice oggi, e la dice lunga. Già, perché il dramma è che in TV vanno solo i bambini bellissimi e questo messaggio viene diretto già ai piccolissimi: se non sei bello o almeno truccato da bello è meglio che non ti fai vedere. E passa dentro i giovani cervellini, veicolato dal fatto che è il messaggio per il quale vivono anche le loro mamme e i loro babbi, affascinati da "Uomini e Donne" o bombardati da corpi fotoshoppati, labbra siliconate e facce di gomma. Non vediamo bambini "brutti" e tantomeno vediamo bambini "grassi", semplicemente perché "non devono esistere" nella società postmoderna che selezione la perfezione prima della nascita. Assurdo sarebbe pensare di vedere bambini malati o disabili, tranne che nelle trasmissioni strappalacrime: e si assiste alla dicotomia: bambini belli per divertire, bambini brutti per commuovere: entrambi per fare share, e dunque utili alla TV. Anche Gambadilegno, della banda Disney, ha perso la gamba di legno (e non si capisce più perché il personaggio si chiami così), perché faceva "orrore" vedere una persona con disabilità? Potranno dire che non volevano associare la disabilità alla cattiveria, ma ora Gambadilegno è "buono", e questo ragionamento non tiene. Per i bambini solo i corpi anoressici delle Bratz o delle Witch, ragazze con gambe lunghissime e senza pancia, proprio quello che serve per creare complessi a tutte le bambine (e alle mamme) di questo mondo. Addirittura troviamo i bambini coinvolti in una sezione riservata certo, ma comunque coinvolti come apprendisti giocatori, nel "Mercante in Fiera", gioco sì, ma gioco in cui si "tenta la fortuna", e in un periodo in cui si sente con incalzante frequenza di gente che si rovina per il gioco, forse sarebbe bene dare altri esempi perlomeno ai più piccoli. E ancor più inquietante, la pubblicità nei programmi per bambini; e non ci vengano a dire che sono tutelati perché in piccolo c'è scritto "pubblicità" sullo schermo: non sanno leggere! E non ci dicano neanche che se vogliono cambiare hanno il telecomando: chi conosce i bambini sa che spesso sono attratti più dalla pubblicità (studiata proprio con colori e suoni adatti a soggiogare) che dal programma di fondo. Insomma: la TV ci pensi bene, rifletta dove porta i bambini; e i responsabili delle TV si mettano una mano sulla coscienza.
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Troppe storie sulla povera Sarah Scazzi in TV? Troppi particolari in orari non protetti? La preoccupazione sul binomio minori e TV parte da qui ma va oltre. Un recente documento dell'American Accademy of Pediatrics (pubblicato su Pediatrics nel settembre 2010) mostra tutti i rischi per i minori che vengono dall'abuso della TV. Il documento raccomanda, tra l'altro, di far sparire i massmedia elettronici (TV e PC) dalle camerette dei bimbi e di non oltrepassare le 2 ore davanti a PC e TV. Guardiamoci in casa e domandiamoci: siamo dentro o fuori questi minimi consigli? Ma sono i bambini gli unici ad essere a rischio per il bombardamento mediatico? Pensiamo noi adulti di essere al sicuro? Non ci rendiamo conto che avendo messo al centro della stanza più importante della casa il televisore come un moderno simulacro, intoccabile e obbligatorio, abbiamo realizzato la profezia di Orwell, che prevedeva un controllo capillare casa per casa da parte del Big Brother? Certo, la TV non ci spia (dei PC non siamo certi), ma è non avete la sensazione che il suo stesso "essere lì" col suo continuo messaggio commerciale infilato dappertutto, ci obbliga a pensare che la vita è tutto un commercio? Non pensate che le pubblicità infilate dappertutto improvvise e urlate ci condizionino così come i programmi spettacolarizzati e resi quasi obbligatori su cose di cui mai avremmo pensato di interessarci, come successe pochi anni fa per le regate delle barche a vela dei nababbi, di cui non ci importava nulla ma di cui improvvisamente sapevamo gergo navale e nome degli skipper, salvo poi smettere appena sparì la moda dalla TV? O come succede con la storia della povera Sarah, della quale oggi sappiamo vita morte e miracoli? L'American Academy of Pediatrics è preoccupata, e dà delle regole; ma pensate realisticamente che sia possibile un'autodifesa? Quale? O siamo conniventi con questa nuova religione?
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Ricomincia il Grande Fratello: chi vuole lo veda, per carità. Ma la realtà ci bussa alla porta della coscienza e dice cose che pochi vogliono sentire. Quali? Altro che Grande Fratello, la convivenza obbligata dei 33 minatori chiusi per mesi in una caverna nella miniera di rame in Cile: che compostezza, che rispetto umano, che orgoglio! |
Il 17 ottobre il quotidiano vaticano "L'Osservatore Romano" riprendendo un articolo uscito sulla rivista dei gesuiti italiani La Civiltà Cattolica, ha scritto che Homer Simpson e la sua famiglia sono cattolici. L'articolo, in particolare, fa riferimento all'episodio Padre, Figlio e Spirito Pratico in cui Homer e Bart si convertono temporaneamente al cattolicesimo, per poi cambiare idea. Nell'articolo pubblicato da La Civiltà Cattolica padre Francesco Occhetta prende spunto dall'episodio dei Simpson, in cui il protagonista si lascia andare alla battuta, "il cattolicesimo è mitico", pronunciata in seguito all'incontro tra Homer, Bart e padre Sean. Per cercare di comprendere meglio come e perchè i Simpson, uno dei cartoni più famosi della TV, siano diventati oggetto di una discussione di questo tipo, ZENIT ha intervistato Carlo Bellieni, neonatologo e bioeticista, autore di commenti originali in merito. Quali sono le reazioni all'articolo sui Simpson pubblicato neL'Osservatore Romano? Bellieni: La frase "Homer e Bart sono cattolici", che appare sul quotidiano vaticano "L'Osservatore Romano" è un'ottima provocazione per aprire un dibattito sul senso religioso, e non manca di basi. Il produttore dei Simpsons Al Jean ha dichiarato che Homer e Bart non sono cattolici. "Abbiamo abbastanza chiaramente dimostrato che Homer non è cattolico", ha detto a Entertainment Weekly: Aggiungendo: "Non credo Homer potrebbe vivere senza mangiare carne il venerdì. Non può stare senza carne neanche per un'ora". Jean ha ragione ma solo in parte, perché i Simpson non fanno parte della Chiesa cattolica, ma portano segnali che Ma si può dire che i Simpson siano cattolici? Bellieni: Diciamo che quando si trova una corrispondenza simile, il fatto non è casuale: troppo congiura per mandare sempre e solo messaggi d'altro tenore. "I Simpson" sono un inno alla famiglia, in un'epoca in cui si vorrebbe vedere la famiglia distrutta. Ogni episodio si conclude con l'amore della famiglia: la famiglia è un ritrovo, un nido. In un mondo dipinto di giallo, che vive sotto una sorta di radiazioni da bomba atomica, in cui le persone si deridono e si insultano, accade che ogni sera i Simpson tornano a casa e trovano i loro cari, che non sono perfetti, ma sono lì, in un rapporto conflittuale, ma sempre pronti ad accogliersi e perdonarsi. E' sufficiente questo per essere cattolici? Bellieni: Nella serie è valorizzato il senso religioso, ed è valorizzato il luogo in cui esso può essere scoperto e vissuto: la famiglia è nel cuore della Chiesa cattolica, e la Chiesa cattolica non cessa di ricordarci la centralità del nido familiare, dove l'amore può essere vissuto senza moralismo. Attenti a non confondere l'ironia con lo scherno in questa serie: non è vero infatti che tutte le espressioni apparentemente anti-religiose sono veramente anti-religiose. Anche la famosa frase detto da Homer: "Non sono normalmente un uomo che prega, ma se sei lassù, per favore salvami, Superman!" serve a far riflettere sulla religiosità: è il segno di un'anima disorientata, sempliciona, ma naturalmente religiosa. Insomma: parlando della "cattolicità" di Homer, si è indotto un dibattito sulla religiosità e sulla famiglia? Ci sembra sufficiente.
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TV: dopo settant'anni dalla creazione di questo potentissimo mezzo, dateci finalmente una televisione che davvero meriti di essere vista dai ragazzi! La televisione nei paesi occidentali è subissata di cronache di morte: casi atroci portati sugli schermi per giorni e giorni, anche prima che si sia istituito un processo. Fin dove questa scelta è una buona scelta educativa per un "io" giovanile che si dibatte tra autonomia e dipendenza, tra trasgressione e desiderio di morte? Il caso di Sarah Scazzi in Italia - tanti altri analoghi possono essere citati all'estero - sono segno di una predilezione delle TV per la cronaca nera. E' accettabile? La televisione sceglie per noi. Non siamo noi padroni del mezzo. La televisione orwellianamente entra nelle nostre case, e gli adulti le dedicano il centro addirittura della stanza principale; il 70% dei giovani USA hanno la TV nella camera da letto. E' un ospite che anche quando tace parla: anche quando è spenta per gli adulti c'è una certezza: essa è LA fonte delle notizie, IL luogo dei dibattiti, LA passerella di chi è davvero importante, IL parametro del gusto. E che, siccome in TV tutto o quasi è fatto per attrarre urlando, la vita deve essere una pretesa e un urlo continuo; e siccome in TV tutto o quasi è fatto per il mercato, la NOSTRA vita deve essere un mercato. Può questo messaggio non arrivare a chi è più giovane? La TV si occupa di tutto? Proprio no. Si occupa di quello che richiama pubblico, tanto che i suoi più pagati addetti si chiamano "uomini-ancora" (anchor man), cioè capaci di legarci e immobilizzarci davanti allo schermo. E tanto che i pubblicitari sono strapagati per inventare forme sempre più evolute di incantesimo mediatico, e più ci legano, più sono pagati. E questi messaggi non fanno distinzioni tra adulti e ragazzi e bambini: anzi. La TV non si occupa di handicap, tranne poche eccezioni. Non si occupa di tutti i casi di genuina bontà, di disinteresse, di evoluzione nella ricerca scientifica, tutti rilegati a "pillole" in programmi contenitori (salvo eccezioni). Ma si occupa di cronaca nera, di insuccessi medici, di drammi, di tragedie locali o internazionali, generando forse consapevolezza, ma certamente ansia: e quanti allarmi poi si sono dimostrati infondati? Ma la TV offre soprattutto passerelle dei personaggi pubblici spesso decise col cronometro, quasi che questa sia la sua missione principe: mostrare chi già è noto, e dunque il messaggio è semplice: "è chi appare"; e la TV ti spiega come apparire tramite ciò che ti vende, e questo è un dato da ponderare con attenzione. E la TV parla di sesso, e questo non sarebbe un male se invece di "spararlo" per acchiappare l'audience lo modulasse come una cosa assolutamente normale per la vita. Invece siamo sottoposti ad ogni ora a scene di sesso spesso associato a violenza o voyeurismo. E su un pubblico adolescenziale arriva come messaggio imperativo forte, al punto da rischiare di far saltare i passaggi che un qualunque adolescente deve fare per un'appropriazione del proprio "io" che arriva a ricercare l'altro/a fuori della cerchia degli affetti familiari o degli affetti del gruppo dei pari solo alla fine di un percorso di crescita e non buttato a forza nel mare. Siamo sicuri che il sesso sparato in TV sia ininfluente su questo processo di maturazione dell'io? E il sangue. Crimini e delitti, vampiri e zombie, sangue a fiotti sono certo catartici, aiutano l'adolescente a superare l'ansia di un corpo, il suo, che si trasforma, che si ingigantisce; ma se non sono bilanciati sugli schermi dal sudore di migliaia di giovani lavoratori del bene - in realtà dei veri eroi - che zitti e censurati lavorano per i più disgraziati, i derelitti, gli abbandonati, non rischia di generare solo ansia? Perché non fa vedere che la speranza di fronte all'angoscia può avere un nome; e non dare un nome alla speranza genera depressione: un macigno sulle spalle di chi cresce, che lo fa sentire obbligato a risolvere i problemi del suo mondo e di quello altrui (i delitti da cui si sente circondato), ma da solo, in completa solitudine e dunque in piena devastante impotenza. Questo rischia di cozzare con la crescita dell'io. E anche gli spot sociali contro alcol e droga, rischiano di essere dei boomerang se insistono come spesso accade sul "mettere paura della morte": i giovani non aspettano altro per fisiologia che di mettersi alla prova, di verificare la propria esistenza con la sfida dell'impossibile e dell'impenetrabile rappresentato dalla morte! Ridateci allora una TV degna di coloro che con sacrificio vi lavorano per renderla migliore anche per i giovani. Tanti racconti e ore di dettagli e di supposizioni su supposizioni in merito a fatti di cronaca nerissima - tutti da appurare -, tanti falsi eccessi, tanti sorrisi per una felicità pubblicitaria di una macchina o di qualche cereale aiutano in questo? 1) Pietropoli Charmet G: I nuovi adolescenti. Raffaello Cortina Ed. 2004 2) Oliverio ferraris A: TV per un figlio. Laterza 2004 3) Palmer S: Toxic Childhood: How The Modern World Is Damaging Our Children And What We Can Do About It. Orion Ed. 2006 4) AAP Council on Communications and Media. Policy Statement-Media Education. Pediatrics. 2010 Sep 27. 5) AAP Council on Communications and Media. American Academy of Pediatrics. Policy statement-sexuality, contraception, and the media. Pediatrics. 2010 Sep;126(3):576-82. 6) Ray M, Jat KR. Effect of electronic media on children. Indian Pediatr. 2010 Jul 7;47(7):561-8. 7) Brambilla P, Bedogni G, Buongiovanni C, Brusoni G, Di Mauro G, Di Pietro M, Giussani M, Gnecchi M, Iughetti L, Manzoni P, Sticco M, Bernasconi S. "Mi voglio bene": a pediatrician-based randomized controlled trial for the prevention of obesity in Italian preschool children. Ital J Pediatr. 2010 Aug 17;36:55.
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