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Post n°47 pubblicato il 03 Novembre 2011 da ZITTI_EXE


Veronesi: "Mi inchino ai cittadini, ma così non si pensa al futuro"




MILANO

Umberto Veronesi, oncologo insigne e dall’ottobre 2010 presidente dell’Agenzia per la sicurezza nucleare, ha sempre sostenuto che, senza le centrali, l’Italia sarebbe stato un Paese morto, «perché tra cinquant’anni finirà il petrolio, fra 80-100 il carbone e poi toccherà al gas». Il dato secco del 94 e rotti per cento di sì suona come una risposta cocente alle sue prese di posizione. Sulle attività future dell’Agenzia, al momento Veronesi preferisce non commentare, anche se non pare probabile che venga bloccata solo per l’esito del referendum.

Come giudica i risultati?
«Sono soddisfatto dell’affluenza al referendum che è un segnale di forte partecipazione civile e dunque un buon segno per il Paese, mi inchino di fronte alla volontà dei cittadini, ma ritengo sia grave per l’Italia rinunciare alla possibilità di far fronte alla futura insufficienza energetica anche con il nucleare. I Paesi avanzati del mondo, anche dopo l’incidente giapponese, danno priorità assoluta al prossimo scenario del dopo-petrolio e stanno studiando metodi di produzione di energia nucleare più efficienti e più sicuri».

E allora che è successo secondo lei? Ha vinto la paura? Gli italiani sono più irrazionali degli altri?
«Sicuramente ha avuto un peso l’ondata emotiva di Fukushima, che ha impedito una campagna informativa equilibrata sui rischi reali del nucleare. Per esempio, nessuno ha riportato che l’incidente ha causato soltanto due morti e non per irradiazione, e che molto probabilmente non ne causerà altri in futuro… Viceversa il crollo della diga per la produzione di energia elettrica ha provocato, sempre in Giappone, migliaia di vittime».

Quali sono gli scenari futuri?
«Preoccupanti, perché l’Italia non possiede fonti proprie ed è già nella situazione di dipendenza energetica che le altre nazioni si stanno impegnando ad evitare con consapevolezza e impiego di risorse. Ho paura che la ricerca italiana, già proiettata sulla fusione nucleare, si fermerà: e sappiamo che senza ricerca non c’è futuro. Il mio timore è che l’Italia finisca per essere un’appendice turistica del mondo avanzato».

Lei ha sottolineato come i Paesi avanzati, nonostante la tragedia giapponese, abbiano preso in questi mesi una posizione pro nucleare, fatto salvo il caso della Germania. Come spiega che una nazione nel cuore dell’Europa si sia pronunciata in questo modo, prima dell’Italia?
«La decisione tedesca non è stata presa né dalla popolazione né dal parlamento. È un atto del governo, che ha dichiarato di voler chiudere le centrali entro 12 anni. Ma bisogna ricordarsi che il governo di allora aveva fatto lo stesso annuncio dopo Cernobil e poi non lo ha mai attuato. E che la Merkel fino a qualche mese fa si è dichiarata nuclearista».

Probabilmente ha contato nel risultato elettorale il tema spinoso delle scorie. Come risponde a chi ha mostrato inquietudine per questo aspetto del problema?
«No, non credo sia stato un aspetto fondamentale. Le scorie sono solo una parte, per quanto significativa, del problema globale, che ha molte valenze. Purtroppo anche politiche. In ogni caso, il progetto di eliminazione delle scorie del passato è in atto».

Che cosa può fare in Italia, visti i risultati, un uomo di scienza fermamente convinto della necessità del nucleare?
«Può impegnarsi a mantenere i contatti con la ricerca mondiale, soprattutto sul fronte della sicurezza. È evidente che se esiste un rischio di incidente nucleare in Europa esiste anche in Italia, visto che ci sono centrali appena al di là dei nostri confini».

Che cosa può fare in Italia, visti i risultati, un uomo di scienza fermamente convinto della necessità del nucleare?«Può impegnarsi a mantenere i contatti con la ricerca mondiale, soprattutto sul fronte della sicurezza. È evidente che se esiste un rischio di incidente nucleare in Europa esiste anche in Italia, visto che ci sono centrali appena al di là dei nostri confini».
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LA STAMPA, un giornale di sinistra
Umberto VERONESI, un uomo di sinistra

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