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fantasmi o fantasie?

nella vita capita di vedere cose che non sembrano reali o sentire fatti e avvenimenti inverosimili.....bhe giudicate voi

 

 

« La mia carne è vero ciboUna normale contadina »

Crocifissa del secolo XX

Post n°46 pubblicato il 21 Dicembre 2008 da beby85e

Un anno dopo, nel 1926, durante la settimana santa, nella quale la Chiesa celebra la memoria della morte e Risurrezione di Gesù, la giovane contadina di 28 anni scopriva nelle sue membra, mani, piedi, costato e persino sul capo, i segni della Passione di Cristo: le stigmate dolorose e sanguinanti, terribile e prezioso documento della predilezione di Dio per certe anime che chiama ad essere, anche nella carne, simili al Figlio suo.
Teresa, ben lungi dal desiderare il fenomeno, neppure lo conosceva, ma per 26 anni lo porterà nel suo corpo, sino alla morte.
Da allora, dalla notte di ogni giovedì, entrava letteralmente nei racconti evangelici della Passione. Era come se vivesse in tempo reale quei momenti e accompagnasse Gesù sino alla morte nel primo pomeriggio del venerdì, sanguinando copiosamente dalle ferite e versando sangue anche dagli occhi. La Passione di Gesù riviveva nelle membra straziate di Teresa Neumann.
I suoi studi erano stati appena quelli elementari e conosceva solo il dialetto della sua regione e un po’ il tedesco. Eppure ripeteva ad alta voce i lunghi dialoghi che sentiva dentro di sé in aramaico, greco e latino. Diversi specialisti di queste lingue antiche sedevano al suo capezzale sempre più sbalorditi dall’esattezza dei suoi discorsi.
Alle 15 del venerdì cadeva in un sonno profondo da cui si risvegliava felice, con le ferite richiuse, il corpo fresco, rivivendo nella sua carne, il mattino della domenica, il momento della Risurrezione di Cristo.
Nel suo cuore di donna, conquistato totalmente dall’amore infinito e crocifiggente di Dio, diventava sempre più una realtà unica con Gesù; la configurazione a Cristo, a partire dalla propria volontà, è la santità vera. Teresa Neumann, al di là dei fenomeni straordinari che viveva, cercava questa santità: essere come Gesù, diventare Gesù, accanto a Maria che la sosteneva.

 
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Nella valle dei morti

Nella valle dei morti sono entrato.
La mente ardeva possente, ho cantato.
Eco fischianti e arcangeli d’abisso
mi seguivan nel viaggio. Mi scortavano
fino alle ultime barriere dei mondi
esseri limpidi d’aria ed il ricordo
di saggi antichi e splendenti che un tempo,
aquile alte, guidavano il mondo.

Per un giorno ho veduto, ho contemplato il mare
dove giacciono le ancore dei velieri scomparsi.
Ho raccolto dall’albero di vita un rosso frutto,
l’ho accostato alle labbra, l’ho baciato e ho pianto.

Quando morsi, però, morsi il mio cuore:
svanì la gioia e tace il dolce canto.
Hanno chiuso i miei occhi, mi han rubato
il frutto rosso: il fanciullo è infelice.
Dalle case di pianto non sa uscire,
non vi è alcuno a sentirlo, non vi è alcuno.
In nessun luogo al mondo vi è qualcuno.

28.III.1987

   

 

 

 

 

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STORIE DI FANTASMI PER IL DOPOCENA

Storie di fantasmi per il dopocena

In questa casa (in promo piano nella foto) visse Ettore Scognamiglio, ebanista napoletano trasferitosi a Mantova nella prima decade dell'8oo. La pronuncia di Scognamiglio risentiva con forza del vernacolo d'origine: quando diceva buono, ad esempio, pronunciava quella U di buono più profonda di un pozzo, tanto che la gente mantovana si girava per strada colpita da un suono a cui non era abituata. E nelle mescite, e in bottega, e in piazza tutti gli dicevano, Ma come parli Ettore, con quella U sembra che muggisci!!! Il pover'uomo se ne fece presto una malattia. Tutti lo schernivano per la sua pronuncia, e Scognamiglio cadde in uno stato di prostrazione da cui uscì dopo un'anno, rendendo l'anima a Dio. Dopo tre mesi i mantovani incominciarono a vedere Scognamiglio nelle sembianze di un'apparizione fantasmatica. Girava per le strade di Mantova, Scognamiglio, ululando ai passanti un profondissimo Buuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuono.

 

 

                        

 
 
 

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