"Frame in 8 mm"

Quel giorno,aspettavo l'arrivo dei ragazzi, Luciano, Susy e Loredana, appoggiato all'auto fuori dal cancello con una buona mezzora d'anticipo sulla tabella di marcia. Era gennaio e probabilmente erano "i giorni della merla" perchè ricordo che faceva un freddo cane, mentre fuori da casa ripensavo a tutto quello che dovevo prendere per il viaggio. Solo due mesi prima avevo conosciuto Luciano e Susy in sala di registrazione in occasione della registrazione di un mix per un'etichetta indipendente e adesso eravamo in viaggio per una destinazione francese, Cannes per presentare il nuovo disco al Midem alla fiera delle etichette discografiche. In macchina per tutto il viaggio, Luciano divertiva il gruppo con imitazioni, barzellette e ricordando quei giorni chiusi in sala a registrare.

frame in 8mm

Furono quattro giorni pazzeschi, dalla mattina alla sera dentro e fuori dagli stand a parlare della nostra musica con direttori artistici delle tante etichette discografiche, promettendoci alla fine di ogni appuntamento un sicuro contatto al ritorno dalla fiera. E poi gli artisti e le celebrità ci proiettarono di colpo in un mondo che sembrava nostro da chissà quanto tempo. Lungo la via del ritorno superato il confine della dogana per il rientro in Italia, l'umore cambiò di colpo come a renderci conto che il sogno stava per finire. Gli argomenti infatti erano tutti ..

  • che schifo domani si torna al lavoro..- oppure
  • e adesso quando ci vediamo? -

Probabilmente eravamo tutti consapevoli di come sarebbe andata a finire...ci saremmo visti sempre meno e alla fine a distanza di qualche anno ci saremmo persi di vista.
Grazie a Loredana ho ritrovato questo filmato a me caro..superstiti da mille traslochi, intemperie ed allagamenti vari,gli unici quattro minuti impressi nei pochi frame... delle nostre vite.

 

 
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"...una bella storia"

una bella storia

Nel 1994, quando a 32 anni bisognava avere l'età della ragione, la mia l'avevo lasciata o dimenticata da qualche parte.
Vivevo su un camper, fermandomi a dormire dova capitava. Suonavo di tanto in tanto in qualche pub per pochi spiccioli.
Occasionalmente, il fine settimana davo una mano a mio padre nel suo negozio di calzature .
Per me era abbastanza avere in tasca i soldi per il gasolio, per le sigarette e per la spesa giornaliera.
Tanto valeva in quel periodo la mia libertà.
Un sabato pomeriggio come tanti,mentre stavo servendo un cliente,nel negozio di mio padre
sentii alle mie spalle una voce femminile salutare mia sorella. Mi girai incuriosito e seguii con lo sguardo per tutto
il tragitto la ragazza dai capelli corvini salutare con un bacio Teresa.

Ricordo che rimasi praticamente fulminato
dalla bellezza di quella ragazza, a tal punto da obbligare mia sorella a farsi dare il suo numero di telefono.
Iniziammo a vederci sempre più spesso.Da prima al bar, quello in parte al negozio, poi la cena al ristorante cinese con fine serata
al porto a parlare di tutto pur di non separarci.
Fino a quando un giorno al telefono le chiesi -Ti và di venire con me per il week end?-
Lei rispose - Dammi mezzora e sono li -
Ricordo che salì sul camper, si mise comoda e sul tavolino aprì il beauty per mettersi un po di mascara.
Io le scattai una foto, misi in moto il camper e partimmo senza una metà ben precisa.

Dopo quel week end, lei praticamente non scese più da quel camper e dopo un'anno vissuto intensamente andammo a vivere insieme in un'appartamento ammobiliato.

Da quel giorno sono passati molti anni, e ancora oggi quando dorme, mi fermo ad osservarla qualche minuto; prima di girarmi dall'altro lato e continuare questo meraviglioso sogno.

 
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IL POETA DEL CLAN " a Luciano "

antefatto:
IL POETA DEL CLAN
"Piacere ,Luciano Beretta...-pausa di alcuni secondi e poi, ad arte..il paroliere di Celentano"
e solo allora l'interlocutore sgranava gli occhi per l'ammirazione.
Così si presentava Luciano,che, con sottile ironia, sottolineava l'antico quesito:è più importante , il poeta o l'esecutore?
Chi crea una canzone o chi la canta?
Fortunatamente molti sapevano chi era e quanto valeva Luciano Beretta!!Il Poeta del Clan

Durante il tragitto in treno quel giorno, continuavo a pensare a come sarebbe stato l'incontro.
Io, la mia chitarra i miei sedici anni e tanti sogni.
Qualche mese prima conobbi luciano ad un concorso canoro a Sapri, dove per l'occasione faceva parte della giuria.
Io, dall'alto della mia timidezza, gli chiesi in un filo di voce durante una pausa tra una selezione e laltra
- Maestro..la posso venire a trovare quando rientra a casa..avrei delle canzoni da farle ascoltare?
Lui sorrise per il maestro, ed accarezzandomi la guancia mi diede il suo numero di telefono
dicendo - aspetto una tua telefonata mi raccomando!-
Davanti alla soglia di casa sua, quel giorno mi venne incontro Maria sua madre, e subito dietro c'era Luciano.
Con quel suo fare, come se ci conscessimo da sempre. Mi disse - La chitarra mettila li sul divano, non accarezzare il cane perchè morde
e poi vieni a tavola che è pronto ... cosa ha cucinato di buono la Maria per il Gianni ehh ? -

Così iniziò la nostra amicizia. Dopo pranzo,si passava in studio, lui si versava due dita di chivas,io accordavo la chitarra e iniziavo a suonare i primi accordi.
Camminava lento intorno a me, chiudeva gli occhi, poi iniziava a scrivere x33x3 e cosi via.La prima volta alzai lo sguardo verso di lui,disorientato dal suo atteggiamento.
Ma quando quei numeri,poco a poco si trasformavano in parole.Capii.Era una fusione artistica,Lui,mimava, cantava,scriveva poi cancellava e subito dopo mi diceva -Gianni riparti dal Do -
Fino a quando..nasceva un piccolo gioiello letterario.

Perchè ho voluto dedicare proprio La Mamma di Gatt? Perchè la prima volta che lo vidi avevo sedici anni, non sapevo chi fosse.
Ma mentre sentivo la sua voce nella sala dove in quel momento si stava esibendo..mi misi in un angolo buio in fondo alla pista e lo ascoltai. Stava interprentando la mamma di gatt in un modo cosi struggente che rimasi immobile, senza muovere un muscolo con il bicchiere in mano per tutto lo show. Luciano! Il poeta, ballerino,l'attore,il mimo, lo scultore, Luciano il pittore,istrione,esteta ma sopratutto l'amico.
In assoluto.. un maestro di vita

 
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"La grande Inter del 69"

 L'inter del 69

Se vivevi a Milano quando il calcio si giocava ancora con il cuore, potevi
tifare solo due squadre ...e la mia non era certo quella dei diavoletti.Del
resto con un padre come il mio come potevo non conoscere a memoria la
formazione della grande Inter del Mago Herrera. Vieri, Facchetti, Jair, Suarez, Mazzola, Boninsegna e poi lui...la classe per eccellenza Mario Corso. Ricordo che in quegli anni  una tappa d'obbligo era quella di fermarmi  almeno una volta al giorno davanti alla
vetrina di una piccola bottega che vendeva palloni di cuoio,scarpe con i
tacchetti di gomma e le maglie dell'Inter..anche quella tutta bianca con la
striscia diagonale che la grande Inter usava nelle partite  di coppa.
Orgoglioso di un figlio che amava giocare a pallone mio padre non mi faceva
mancare niente e lavorando in un negozio di calzature avevo anche  il grasso di
foca per ammorbidire le scarpe di cuoio duro. Così tra il corredo del piccolo
calciatore avevo: pantaloncini imbottiti da portiere con maglia e guanti,maglia
tradizionale ed un pallone di cuoio con relativo ago per gonfiarlo.Trainer ed
allenatore personale;mio padre.Per fortuna in quegli anni  dietro le maglie dei
calciatori non c'erano numeri come il 33, il 22 o follie del genere. I
calciatori erano undici e di conseguenza anche i loro numeri.Così con un numero
potevo fare due ruoli. Si perche'  quando volevo giocare in porta  facevo
cucire a mia madre il numero uno, e quando volevo imitare il grande Mariolino
mia madre mi cuciva l'undici. Quel pomeriggio arrivai casa dall'oratorio con
una grande notizia.Aspettai l'arrivo di mio padre e ancora sulle scale gli
corsi incontro sventolando  la maglia arancione.Finalmente avevo una squadra la
Scarlatti... e anche un campionato. Mio padre da quel giorno inizio ad allenarmi
con pallone di gomma, per non rovinare quello in cuoio. Poi per insegnarmi a
tirare le punizioni con la barriera mi compro' un libro pensate di chi...del
mio mito Mario Corso. Era il 1969 ed era per me una settimana fantastica la domenica avrei iniziato il mio primo campionato e mercolodi sarei andato alla stadio con mio padre a vedere una grande partita di coppa; Inter Borussia. Erano altri i tempi, dove in campo si giocava un calcio di classe e sulle tribune non c'era violenza ma il cuore dei tifosi. Che emozione quando vidi da vicino i miei campioni salire sul campo erboso per riscaldare i muscoli prima della partita. C'erano tutti ma i miei occhi erano solo per lui Mariolino Corso; ala sinistra e capitano dell'Iter. Non so perchè lo facesse , ma noi tifosi aspettavamo quell'attimo come un rito scaramantico. Prima del tocco di inizio quando tutti i giocatori erano fuori dalla mezza luna; lui si chinava in avanti e abbassava i calzettoni sulle caviglie. In quel momento capivi che la partita stava iniziando. Io ero al settimo cielo e quella sera l'Inter vinse 4 a 3.

Tornando in metropolitana continuando a parlare della partita dissi a mio padre < vedrai domenica quanti gol ti faccio>.  Per le successive tre notti continuai a sognare stadi, gol, Corso che mi chiamava per giocare nell'Inter, insomma sta di fatto che per tutti quegli eventi ero tirato come un'arco pronto a sfrecciare la sua freccia. Domenica mattina. Spgliatoio dell'oratorio. Mio padre in ginocchio mi ricordava tutte le tecniche provate negli ultimi giorni.Le squadre entrano in campo. Io maglia della Scarlatti con il numero undici aspetto di entrare nella mezza luna ; poi mi chino e abbasso i calzettoni. A battere il calcio di inizio tocca agli avversari, cosi come da copione faccio qualche passo indietro  verso la metà del mio campo. Quell'attimo durò un secolo. Il ragazzo passo indietro la palla al compagno che tirò uno spiovente nella mia direzione. Io alzai lo sguardo e vidi la palla "di cuoio" che saliva altissima nella mia zona praticamente sopra di me. Io avrei potuto fare due cose; lasciarla rimbalzare e tirare di controrimbalzo oppure passare di testa al mio compagno. Niente di tutto questo successe il quella frazione di secondo. Non ebbi neanche il tempo di irrigidire i muscoli del collo per tirare di testa,che il macigno di cuoio mi colpi sulla parte centrale della testa. Ripresi conoscenza tra le braccia di mio padre nello spogliatoio con lui che sorrideva per un figlio messo fuori campo al primo minuto.Sulla strada di casa continuai a chiedere a mio padre come fosse potuta accadere una simile sfortuna. In effetti non c'era stata sfortuna ma la sola ingenuità di non considerare che un pallone di cuoio era più pesante da quello di plastica.A parte questa parentesi fantozziana, Feci quello e tanti altri campionati, continuai a seguire la mia squadra del cuore... e il migliore allenatore che ho avuto nel calcio come nella vita ....è stato sempre mio padre.

 
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"L'alba del giorno dopo"

l'alba del giorno dopo

Presi il treno quel giorno  con un unico pensiero.E per tutto il viaggio
ricordo che la cosa non mi andava giu'.
Su consiglio di mio padre, partii con un giorno di anticipo dalla  data
scritta sulla cartolina. Avrei avuto il tempo di ambientarmi nella nuova citta'
e sopratutto di non farmi tagliare i capelli dal barbiere della caserma. Ad
aprile avrei compiuto diciotto anni e di certo partire per il servizio di leva voleva
dire per me non solo perdere un anno; ma molto di piu perdere il contatto con il
mio mondo...la musica. Arrivai  ad Orvieto nel primo pomeriggio.
Ricordo, che tutto mi sembrava cosi strano, la Rupe, il paesaggio,la gente. Fino a quando da dietro una curva ecco la caserma. Grande. Immensa. All'entrata la scritta Caserma Piave. Tra me e me pensai < la mia prigione>.

Arrivai alla pensione dove mio padre per l'occasione avava prenotato una stanza. Salii poggiai sul letto il borsone. Dalla finestrina osservai il corso che all'imbrunire si affollava di passanti e dei primi militari in libera uscita. Ma il mio unico pensiero era < e da domani?>  Prima di scendere  feci una telefonata a mio padre per rassicurarlo che tutto andava bene e che ci saremo sentiti nei prossimi giorni. Poi  mischiandomi tra la gente cercai un  barbiere nelle vicinanze". Entrai. Lui guardò i miei capelli lunghi sulle spalle, mi salutò; e con molta discrezione  mi disse < cosa facciamo?> < tagli!> risposi io guardando le forbici che teneva tra le dita. < mezzo taglio o tutto?>  poi continuò < se domani non vuoi passare da Cochise io ti consiglierei tutto>. Cochise era il soprannome del barbiere della caserma che con il rasoio faceva  testa rasa  a marins a tutti i ragazzi che arrivavano con i capelli lunghi.Mi guardavo allo specchio e non ricordavo il tempo  di aver  avuto i capelli corti, e la sensazione che provavo mentre le ciocche cadevano sul pavimento era terribile. 
Nella rassegnazione più totale alla fine, cercai di accettarmi. 

Ero stremato da tutta quella situazione. Psicologicamente...un gomma a terra. Avrei voluto che quella giornata così lenta, infinitamente lunga finisse. Per iniziare finalmente nel bene o nel male il nuovo giorno. Andai a cenare in un self service sul corso principale ricordo che presi lasagne, verdure grigliate e una coca cola. Poi passo dopo passo accompagnato dai i miei mille pensieri tornai alla pensione per adare a dormire. Mi misi sul letto e nel fumo dell' ultima sigaretta mi addormentai.

Come si è fragili a diciotto anni. A volte si guarda il mondo con occhi che non vedono.Tornando alla mia storia quello che posso dire e che tutto quello che ci succede; è scritto nel libro della vita. Solo dopo qualche anno capii che io non dovevo andari lì per fare il militare, ma per trovare le persone che ho conosciuto e per vivere un paese che oggi è dentro di me. E anche quella Caserma.. la mitica Caserma Piave quanto mi manca; quell'ultimo turno di guardia mentre aspettavo infreddolito "L'alba del giorno dopo" 

(Dedicato ad Orvieto e agli amici del cuore)  

 

 

 

 
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