Creato da korov_ev il 06/02/2013

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Sonata in Fa bemolle

Post n°47 pubblicato il 12 Febbraio 2014 da korov_ev

Aveva sempre pensato che qualunque realtà, per quanto bella, non potesse che svilire il desiderio che di essa si era avuto quand’era ancora nel sogno, eppure l'esistenza di quella donna, era bellezza. Bellezza tangibile.
Tutto ciò che di lei egli scopriva di giorno in giorno, sembrava avere la perfezione di un desiderio.
- Sono un guscio di noce alla deriva e dentro non ho che te - le diceva -  Mai bella come nella realtà. E ho paura. Le mie mani sono ricolme del tuo ventre, dei tuoi seni; i miei occhi sono pieni del tuo passo leggero, della lentezza dei tuoi gesti. Hai la forma dei miei vuoti e li riempi: cosa sognerò domani?
Lungo i corridoi dell’assenza riuniva sparpagliati rigagnoli di quotidianità in pozzanghere buone  fino alla prossima pioggia e misurava sulle dita i  giorni di quella libertà coatta. Sentiva  uno sforzo, una tensione insoddisfatta che strappava via parti del suo essere: mancanze ben più grandi e nette di quelle che porta la distanza; vuoti che stringono e aspirano quel che c’è intorno nel tentativo vano di colmarsi.
Lei aveva frantumato i postulati meticolosi della sua esistenza e ora lui non poteva più farne a meno. Anche quando l’aveva vicina sentiva il bisogno di ridurre la distanza, allora la chiamava dentro un abbraccio dalla domesticità sconosciuta e restavano così, le membra come tiepida corteccia; le dita,  sottili avanguardie di un tempo a venire, e i loro corpi che cadevano lievi uno nell’altro come sabbia leggera posata sull’acqua.
Nel ventre di lei riconosceva casa e piano i loro esseri si mescolavano; divenivano fiume e poi mare e come il mare si muovevano liquidi, acqua nell’acqua. L’orgasmo, quasi un nemico; un angelo fulgido in bilico sul bordo dell’abisso nel giorno dell’apocalisse, bramato e allontanato come un maleficio incantato.

Li trovarono così: una perla e il suo guscio. Non era il giorno del loro anniversario, né quello del giudizio, e loro erano due vecchi col loro vecchio cuore fermo, abbandonato distrattamente tra i fili d’erba e l’erica rugginosa dove gli accadde il mondo.

 
 
 
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