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ILVA

Post n°88 pubblicato il 06 Settembre 2018 da korov_ev

Questa è la terra dove il fuoco ci sosteneva, dove il ferro sfamava le nostre bocche; dove una fornace di mercanti ha sbiancato le nostre anime, bruciato i nostri corpi puri e lasciato le vedove a sopportare le lapidi e le loro preghiere vane.
Eppure io l'ho visto bene quell'anelito levarsi alto e volteggiare come una promessa d'oro e d'argento sulle nostre vite, e ho udito la giustizia rombare e precipitare in metallo lucente a dividere questa spianata tra bestemmie e scintille.
L'ho visto levarsi, sì, e poi perdersi in un giorno di festa per le vie della città e fin dentro il cuore delle nostre fiere di paese, nelle risate e nelle profondità del mare piccolo,  e ho visto immense ciminiere dritte contro il cielo guardare giù come neri predicatori.
Ci avevano detto che i nostri stivali erano lucidi di gloria, ma allora come potevamo essere poveri?
Mio padre contava le rughe nel palmo e sulla fronte, gettava carbone nelle fauci morenti della fornace sotto un cielo d'argilla e fuliggine mentre lasciava testamento all'aria piegata dal calore.
- Quando morirò, diceva, non andrò in paradiso, non saprei fare il lavoro degli angeli. Prenderò il diavolo per la coda e gli farò vedere come si tiene davvero caldo un inferno. Lo prenderò per la coda e gli farò vedere come si vive e come si muore qui, sotto questo cielo velenoso, in una terra di ferro e fuoco dove il pane non cresce più.

 
 
 
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