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Il diritto alla felicità: l’ossessione dell’uomo per questo mostro al quale si sacrifica tutto senza nemmeno averla mai vista, conosciuta.
E del resto è normale: la felicità è un assoluto e richiede sacrifici assoluti. Non si accontenta di nulla di meno, per non essere mai raggiunta.
Sì, perché è questo il segreto del suo universale successo: l’imprendibilità; questo suo spostarsi ogni volta un passo più in là da noi; questo suo sfuggire, anziché fuggire sparendo all’orizzonte.
E allora giù a correrle dietro travolgendo tutto e tutti in nome suo, perché un tale fine giustifica di certo qualunque mezzo.
Bene, oggi come oggi non è un problema adottare parole complicate, chiunque, con un semplice click, può svelarne il senso in una frazione di secondo, ma io voglio lo stesso spiegare quella che andrò ad usare ora, cioè “sublimazione”
La sublimazione, concettualmente, è l’elevazione di qualcosa ad uno stato "superiore".
La fisica ce ne fornisce un esempio particolare definendola come “il passaggio di una sostanza dallo stato solido a quello gassoso senza che essa attraversi lo stato liquido”.
Non a caso Freud utilizzò questo concetto come paradigma per descrivere il camuffamento, da parte della società, dell’impulso sessuale in amore allo scopo di rendendolo più “accettabile”, anzi, addirittura desiderabile, disconoscendone al contempo l’animale “normalità”.
Ora io mi pongo la domanda:
E se la felicità non fosse altro che la sublimazione dei nostri limiti?
L’elevazione di qualcosa concettualmente “mal accettabile” al rango di “eccezionalmente bello e desiderabile” senza mai farlo passare per lo stadio intermedio del ridicolmente banale.
Più prosaicamente: se la felicità non fosse la carota, bensì il bastone che la tiene sempre ad un palmo dal muso del somaro che continua ad inseguirla senza pensare che, in fondo, è solo una carota, e lui, null’altro che un somaro?
Naturalmente è solo una mia personale idea e può essere benissimo che sia una fesseria.
Penso che se si raggiunge una dimensione equilibrata che ci fa stare bene, siamo vicino alla serenità, a questa si possono unire dei momenti di gioia, quei momenti che come una folata di vento impetuoso spalanca tutte le finestre per far entrare la luce che brucia, per un tempo piccolo, grazie alla combustione del suo stesso essere.
Una dimensione equilibrata, dice? Non so cosa intenda lei quando parla di “dimensione equilibrata, posso dirle però come la vedo io: tanta, tanta gente lamenta, senza un “reale” motivo, la propria infelicità. Ora, seppure io accetti il fatto che ognuno possa avere soglie di sofferenza personali e differenti da quelle altrui, trovo parecchi di questi pianti da coro greco estremamente fastidiosi e offensivi nei confronti di chi vive dolori oggettivamente grandi.
Si vuol piangere per il giocattolo che mamma Vita non ci ha comperato? E sia!... Ma se lo si viene a fare sulla mia spalla, non ci si meravigli, poi, di sentirsi dare del somaro.
Ora, io concordo con lei quando dice che la felicità potrebbe essere un paradosso come quella tartaruga che Achille non raggiungerà mai, e sono anche convinto che ogni essere umano abbia il diritto e il dovere di inseguirla (col dovuto rispetto per gli altri partecipanti alla gara) ma tra i miliardi di Achille impegnati in questa corsa v’è una differenza fondamentale: tanti, troppi, di loro lamentano il micron che li separa dalla tartaruga, e solo pochi si voltano a valutare i novecentonovantanovemilanovecentonovantanove milionesimi di quel metro già percorsi.
La mia era solo una riflessione su chi lamenta ad oltranza la propria infelicità e non cede di un millimetro di fronte a quella altrui madame.
P.S. Per un post sulla teoria della felicità relativa speciale e generale mi sto ancora attrezzando: porti pazienza :-)
Comunque è vero che già la consapevolezza della felicità fa star meglio dando speranza, il fatto è che spesso succede che si guardi ingordamente la felicità che è un passo più in là senza neanche aver finito di godere di quella che si è appena raggiunta, lasciandola là appena mangiucchiata. A me, come dice Lussert qui sotto, basta poco e prima di chiedere il bis cerco di mangiare tutto quello che ho nel piatto.