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Ricordate i fischi, i ronzii, i fruscii di ogni genere che riempivano l’aria ogni qual volta si cercava una nuova stazione radiofonica girando la manopola di una di quelle vecchie radio a valvole?
Vi siete accorti che oggi non li sentite più? Sono stati sostituiti dal semplice click di un tasto e dal silenzio che ne segue fino alla successiva stazione, quando la voce improvvisa e nitidissima del conduttore ci prende quasi di sorpresa.
È un meccanismo introdotto come miglioria nelle radio di nuova generazione. Oggi ce l’hanno tutte, ma fino a qualche lustro fa non era così scontato e se una radio ce l’aveva veniva riportato sulla confezione a sottolineare la qualità del prodotto.
Muting, l’hanno chiamato, perché il suo compito è quello di zittire, di sopprimere i rumori indesiderati. Se poi memorizzi le tue stazioni preferite non perdi neanche tempo a cercarle tra le altre; hai sei canali a disposizione, sei, come i colpi nel tamburo di una pistola.
Non mi è mai piaciuto. La purezza mi spaventa.
Io li voglio, quei fischi, quei fruscii; io voglio la mia Radio Londra, perché la guerra non è mai finita anche se ha cambiato nome. Io voglio quel caos che è vita e mescola e scambia la vita.
Li voglio tutti, quei mormorii, quei rumori fiochi; voglio sentire le voci degli ultimi, quelli in fondo alla fila; voglio sentirle anche se mi fanno star male, anche se non so rispondere. Voglio sentire che siamo vivi; io, loro, la loro bocca e le mie orecchie.
Muting, invece, è “silenziamento”. Muting è soppressione di rumore! Muting è nebbia sullo schermo e silenzio nelle orecchie, oblio digitale. Muting è assenza che piano cancella la memoria.
E allora cambi canale e tutto è normale, è come dovrebbe essere; cambi canale e non li senti più, quei ronzii.
Però loro sono ancora là. In fila, in ginocchio, bruciati in piazza o come morbide meduse a pelo d’acqua; sono ancora tutti là, occhi grandi e labbra gonfie, occhi a mandorla e guance tumefatte. Occhi bendati.
Click!
e cambi stazione.
Click!
e uno cade lieve, neve sulla neve.
Click!
ed è silenzio, purezza, pulizia.
Lei riesce a sentire il sapore della sofferenza che dovrebbero trasmettere i mezzi di informazione?
Oppure, come milioni di persone, riesce a mangiare mentre guarda il telegiornale?
E seppure la sente e le chiude lo stomaco, una rondine non fa primavera… e nemmeno due.
Ha ragione quando dice che il rumore c’è, ma non è dentro al silenzio, perché il silenzio l’hanno presto riempito a volontà con ciò che ci piace ascoltare. L’unico silenzio rimasto è per il dolore, madame; un limbo artificiale per qualcosa per cui nella nostra società “felice” sembra non esistere abbastanza posto.
Buona serata, Madame :-)
Naturalmente sto scherzando, Buona giornata; madame Scintilla
Faccia attenzione alle parole, madame, ma ancor più ai silenzi che stanno a latere: sono presenze anch’essi e troppo spesso li riempiamo del nostro pensare senza ascoltarli
…ma sono sicuro che lei lo sappia già, n’è vero? :-)