Creato da enca4 il 15/02/2010
PENSIERI E PAROLE
 

W. Allen

NON E' CHE HO PAURA DI MORIRE.

E' CHE NON VORREI ESSERE LI'

QUANDO QUESTO SUCCEDE.

W. Allen

 

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CANZONE

Che giorno è

E' tutti i giorni

Amica mia

E' tutta la vita

Amore mio

Noi ci amiamo noi viviamo

noi viviamo noi ci amiamo

E non sappiamo cosa sia la vita

Cosa sia il giorno

E non sappiamo cosa sia l'amore

Jacques Prévert

 

I ragazzi che si amano si baciano

In piedi contro le porte della notte

I passanti che passano se li segnano a dito

Ma i ragazzi che si amano

Non ci sono per nessuno

E se qualcosa trema nella notte

Non sono loro ma la loro ombra

Per far rabbia ai passanti

Per far rabbia disprezzo invidia riso

I ragazzi che si amano non ci sono per nessuno

Sono altrove lontano più lontano della notte

Più in alto del giorno

Nella luce accecante del loro primo amore.

Jacques Prèvert

 

DALLA - CANZONE

 

N. de Chamfort

CHE COSA DIVENTA UN PRESUNTUOSO

PRIVO DELLA SUA PRESUNZIONE?

PROVATE A LEVAR LE ALI AD UNA FARFALLA:

NON RESTA CHE UN VERME.

N. de Chamfort

 

GLI APOSTOLI DIVENTANO RARI,

TUTTI SONO PADRETERNI

A. Karr

 

 

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CARO IL MIO DIARIO 8

Post n°159 pubblicato il 11 Luglio 2010 da enca4

Caro il mio Diario,

                        l’intenzione iniziale era quella di scrivere un post su come mai delle persone normali, anche se con problemi fisici abbastanza gravi, diventino senza volerlo “bastardi dentro”.

Questo lato del mio carattere, che non conoscevo,  in questi giorni mi si è rivelato in tutta la sua forza bruta, in tutta la sua antipatia.

                        Senza voler trovare scusanti al mio agire, ma nello spirito giusto di essere sincero innanzi tutto con me stesso per esserlo poi con gli altri, e in particolar modo con chi ha avuto, o avrà, la disgrazia di starmi vicino, voglio precisarti una cosa: io non sono una persona ne cattiva, ne egoista, ne indisponente. Sono una persona normale che i casi della vita (tanti, di varia natura, e almeno per quanto mi riguarda imputabili per la maggior parte a me e solo a me), mi hanno indotto non volutamente, ma quasi in modo inconscio, a rendere pressoché impossibile vivermi vicino.

                        Caro amico mio, tu mi conosci bene, sicuramente mi conosci meglio di quanto io mi conosca. Ma forse non sai una cosa che anche io non conoscevo, ma che ho imparato a conoscere, e che devo imparare a tenere sotto controllo. La paura del futuro, il dolore fisico, il non voler essere di peso a nessuno (specialmente quando si è capito a proprie spese di esserlo stato senza volerlo), la volontà impellente di veder risolti i propri problemi, ma, nello stesso tempo la conoscenza che purtroppo non sarà così facile, tutto questo rendono la persona cattiva, arida, egoista.

                        Il giorno di Pasqua dell’anno passato (2009) un giovane sacerdote fece durante la SS Messa  un Omelia riguardante proprio il fatto che chi soffre diventa, il più delle volte cattivo. Ma non cattivo perché prova piacere a fare del male alle persone, cattivo perché non riconosce altri problemi al di fuori dei propri.

                        Mi sono stupito che questo sia successo a me. Non è un giorno, ormai, che io soffro, sono passati quasi quattro anni da quando la mia vita è cambiata, prima fisicamente, poi, in modo drastico, psicologicamente.

                        Sono stato molto male questa settimana. Ma ancor di più ho fatto star male chi, invece, avrebbe voluto aiutarmi a superare i momenti bui.

                        Sgarbato, ignorante, insensibile ai problemi che non erano i miei, critico su tutto, insofferente, scontento, irritabile, intrattabile. Questi aggettivi sono stati la mia “Bibbia” in questi giorni.

                        Perché? Perché ci si comporta così? Perché invece di ringraziare denigriamo, invece di tollerare ci secchiamo delle attenzioni che solo per amore ci vengono proposte?

                        E’ sicuramente vero che il male non agisce solo a livello fisico; è sicuramente vero che ti fa vedere buio pesto quello che, in realtà, ancora nasconde una piccola luce, ma da li a prendersela con tutto il mondo che ti circonda, come se la colpa dei tuoi problemi fosse sua, ce ne corre. Non è onesto, ne bello, ne giusto.

                        Caro il mio Diario, in questi giorni in cui ho riempito qualche tua pagina ho raccontato di fatti ed avvenimenti che mi avevano visto protagonista nel passato. Da allora (forse troppi anni sono passati), credevo di essere cresciuto quel tanto necessario per aver  avuto l’opportunità di modellare il mio carattere,  renderlo più disponibile, più malleabile.

                        Non è stato così. Di fronte al male mi sono accorto di non aver fatto alcun passo in avanti, anzi, di essere tornato all’età di 5/6 anni quando solo per la mancanza di un lecca- lecca si  diventava talmente indisponenti che solo una buona dose di schiaffi riusciva a riportarci alla ragione.

                        Adesso, che di schiaffi ce ne vorrebbero tanti, e molto più forti di allora, non c’è chi te li dà. Adesso vorremmo essere noi, facendoci forti dello stato precario che attraversiamo, a voler menare schiaffi e sentenze.

                        E’ giusto secondo te? O meglio, è un passaggio normale quello che sto attraversando?

                        Vorrei tanto saperlo. Vorrei veramente leggere bene dentro di me in modo di non correre il rischio, che poi sicuramente condizionerebbe la mia vita futura, e capire quale deve essere il miglior modo di agire, Ma, prima di tutto, come agire.

                        Non voglio più far del male a nessuno. Io ho subito del male e so cosa vuol dire sentirsi sopportati, lasciati a se stessi.

                        Tu, amico mio, mi dirai: “chiedi scusa”. Perché? Per avere poi l’opportunità di ricascare di nuovo nell’errore già fatto?

                        La prima persona a cui devo chiedere scusa sono me stesso. L’unica persona che deve e può giudicare il mio operato è la mia coscienza. Sempre che io trovi la forza e l’onestà di sentire anche il suo parere.

                        Altrimenti la soluzione è una e solo una. Vivere solo, non illudere nessuno, essere, almeno in questo, quello che è giusto che io sia.

                        A domani caro amico, speriamo con qualche cosa di meno triste.

                                                                                  Enrico

                       

                       

 

 
 
 
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