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Post N° 570

Post n°570 pubblicato il 01 Novembre 2006 da sopalmar
Foto di sopalmar









seduta subito davanti a me, una mamma con dei jeans tutte tasche risvoltati sul fondo e lo sguardo pesto di rimmel e ombretto color prugna, rimprovera il figlio colpevole di non essersi lavato con cura gli occhi, ancora vagamente incaccolati dal sonno. Il vaporetto ‘corsa gratuita per la commemorazione dei defunti’ è stipato all’inverosimile di persone e fiori. Ora ricordo perché di solito evito di andare in cimitero il 1 novembre, ma è troppo tardi, siamo quasi alla fermata e poi, mi dico, non potrà essere tanto peggio di così, in isola almeno ci sparpaglieremo ovunque, e poi, mi dico, certi giorni sono uguali ad altri, quasi mi stanno indifferenti ed essere pigiati tutti su questo bus acquatico è lo stesso che essere pigiati al supermercato, ineluttabilità del destino in certi giorni, allora tanto vale godersi il tragitto, tanto più che c’è anche un po’ di sole così mi sfilo il maglione per sentire meglio l’aria tiepida e salata che si respira qui e socchiudo gli occhi a guardarmi intorno. Ci sono nonne con le nipotine al seguito – anche la mia mi ci trascinava, me lo ricordo bene, io che mi distraevo a guardare i merli a caccia di vermi sul prato subito oltre il chiostro della Chiesa di San Michele mentre lei, indicandomi le tombe dei bambini del recinto VIII, mi richiamava all’ordine costringendomi a mandare baci lì dove riposavano quei piccoli cadaveri. Mia nonna aveva i capelli d’argento brillante, non giallo unto opaco come la signora che sta in piedi pochi passi dietro di me,  stretta vicina  alla nipote tutta rosa, fascia rosa a trattenere i capelli biondi, giacchettina imbottita rosa, ballerine rosa e per completare l’opera, una rosa rosa in mano. Nonne e nipoti, e poi intere famiglie in trasferta al cimitero, tutti vestiti a festa come per un battesimo, dita ingioiellate di giovani madri dalla perfetta manicure, invidiabili abbronzature da fard, i mariti con il giornale sottobraccio che parlano tra loro – sembrano conoscersi tutti, e tacitamente lasciano le mogli a starnazzare tra loro di bambini e acqua gym, dedicandosi a tematiche più impegnate,     argomenti di punta sembrano essere la finanziaria e l’emergenza omicidi a Napoli. Ogni tanto gli sguardi si incrociano, e sembra di leggere stupore che io non abbia il mio bel mazzo di fiori giallo sgargiante, ma lo so io che fiori non ne posso mettere, ché le tombe su cui vado non sono mica normal-kitch come quelle che si vedono di solito, no, sono di design quasi post-moderno, farebbero di certo un figurone su ‘Abitare’ – bè, se ne esistesse uno ad hoc per le dimore dei defunti - disegnate apposta da mia sorella, due belle lapidi, sobrie e raffinate, e allora le gerbere che tanto amo non ce le posso di certo portare, garofanini? Per carità…non parliamo poi delle rose che fanno così decadente. So già che troverò, sia da mia nonna che da mia mamma, due bellissime composizioni di fiori e rami, di certo in tema con la stagione – e per mia mamma, che nella foto sulla lapide indossa un completo viola ed una collana di ametista, anche in abbinamento con i colori della foto - e so che il mio compito sarà come sempre quello di far sparire eventuali ‘aggiunte’ clandestine lasciate da qualche vecchia vicina di casa, di quelle che fanno il giro di tutto il cimitero a distribuire fiori fino al 15esimo grado di parentela e che si ricordano persino delle conoscenti incrociate sì e no tre volte dal fruttivendolo di fiducia, Dio le benedica. Ma ad ognuno i suoi riti, va bene così. Nell’affaccendarsi rumoroso dei veneziani che commemorano, qualche turista incuriosito e rispettoso segue le indicazioni per la sezione ortodossa del cimitero, per le tombe illustri, quelle di Brodskij, Diaghilev, Ezra Pound e un altro di cui non ricordo, Stravinskij forse. Io come al solito seguo il mio rito, passo da mia nonna e poi da mia mamma, per tornare di nuovo da mia nonna, così possono salutarsi, ecco, perché io faccio da messaggera per i saluti e mi sembra di dare un senso a queste visite così, anche se è un senso solo per me, lo so. Da mia mamma mi fermo un po’ di più, perché la mia offerta l’ho portata comunque, in barba ai divieti. Mi ricordo che spesso, sulle tombe dei cimiteri in Giappone, mi stupivo per quel che i visitatori lasciavano ai loro defunti, e non parlo di incensi profumati o altre offerte canoniche, ma di una lattina di birra della marca preferita dall’amico, oppure due o tre sigarette a ricordo di abitudini passate. Così, tra gli steli fitti fitti dei fiori color ametista scelti da mia sorella, sistemo un piccolo involucro di carta dorata della Caffarel, confezione singola di marrons glasés, chè mia mamma era capace di farne sparire una scatola intera in dieci minuti, lasciando noi figlie esterrefatte a desiderare di averla nascosta in tempo, ed invidiose dato che non avrebbe preso un etto, già lo sapevamo. Un marron glacés ad addolcirle la bocca stanotte, un frutto glassato di zucchero al posto di un fiore dai petali delicati, nascosto fino a quando lo andrò a riprendere venerdì pomeriggio, dopodomani, per pudore, per orgoglio, per non dover spiegare, per avere ancora un segreto da condividere.

 
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