non ho neppure più bisogno di scrivere, davvero. sto in silenzio e colleziono mutande da sfilare nella penombra della mia stanza, rimango muta davanti alla meraviglia del mondo che sa commuovermi, che sa farmi dimenticare per ore intere. scrivere, davvero, non ha senso. meglio camminare nella luce abbagliante del sole, o bagnati dall'azzurro liquido di certe giornate, qui, che ti fanno capire sul serio i cieli di Veronese, perché i pittori non hanno inventato nulla. mi perdo nel simpatico grugno di un cane, e trascorre indolore una mezzo'ora intera a lavare le pantofole su cui la gatta ha vomitato per esprimermi, probabilmente, il suo affetto felino. sono solo le cose che faccio - io sono le cose che faccio - stelle di paglia sull'albero di Natale e leggere il giornale tutte le mattine - una distrazione in più - e la sera, inventarsi sempre un nuovo modo per arrivare al mattino. una formula diversa, un miscuglio di arte e menzogna, senza accoppare definitivamente il fegato, ma quel tanto che basta per calmare il dolore.