Mentre l'opinione pubblica pugliese inizia a farsi sentire, come l'iniziativa presa a Polignano a Mare, con l'apposizione di firme sullo striscione “ No Oil Stopseadrilling “, la fretta con la quale la ministra Federica Guidi si dice pronta a trivellare l'Adriatico in concorrenza con la Croazia, la dice lunga sul senso di responsabilità che dovrebbe guidare l'azione di uno Stato nell'affrontare temi e situazioni che potrebbero essere pagate a caro prezzo dalle popolazioni e dall'ambiente. Alla Ministra, prima di prendere decisioni avventate, consigliamo di rileggere la cronaca dei disastri ambientali e alle specie viventi degli ultimi cinquant'anni. Ne basterebbe una per tutte, quello della piattaforma Deepwater del Pozzo Macondo nel Golfo del Messico, oppure consultare gli “ esperti “ sugli effetti dello sversamento, e perdite, ogni anno di circa 600.000 tonnellate di petrolio nel Mediterraneo, in attesa della Direttiva Europea sulla sicurezza delle operazioni marine in materia di idrocarburi. L'operazione trivelle dovrebbe svolgersi proprio lungo la costa pugliese, interessando un'area di oltre dodicimila chilometri quadrati, dove sono state rilasciate ventinove concessioni e, secondo stime degli esperti ( ? ), si dovrebbero estrarre tre miliardi di barili di petrolio. Il nuovo Governatore della Regione Puglia, il Sindaco dei pugliesi, Michele Emiliano ha già annunciato che ricorrerà alla Corte Costituzionale per impedire le trivellazioni in Adriatico. Probabilmente la stessa cosa farà il nuovo Consiglio regionale appena eletto. Ma il tema, che si trascina dietro grosse implicazioni di natura politica ed economica, di buon vicinato fra nazioni confinanti, di un mare che bagna due coste, di sensibilità differenti, dove il tema della monetizzazione delle scelte, anche quelle pericolose, viene affrontato da punti di vista differenti, richiede il coinvolgimento di una platea più grande del semplice budello di mare Adriatico e della corsa a due fra Italia e Croazia. Il Parlamento Europeo, molto attento alla produzione vinicola, alle etichette dei prodotti, alle quote di produzione, alla certificazione dei medicinali, alle forme del formaggio reggiano, alla pizza col pomodoro e, giustamente, a tante altre direttive sulla salute dei cittadini e dell'Ecosistema, dovrebbe intervenire sul tema della tutela ambientale e marina attraverso strumenti di prevenzione del rischio, soprattutto quando, ad oggi, per l'estrazione di petrolio, non esistono tecnologie e certezze di rischio zero in un mare con caratteristiche estremamente complesse e pericolose per persone, animali e cose. L'Adriatico, per la sua conformazione chiusa e per il circolo delle correnti dominanti è un mare estremamente esposto ai rischi. Basta, infatti, anche il cattivo funzionamento di un depuratore dei tanti comuni rivieraschi, per scaricare a riva gli effetti dell'inquinamento. Si deve aggiungere che, nella orografia costiera del Gargano, il delicato ecosistema dei laghi di Lesina e Varano, i quali si alimentano e scambiano acqua dal mare, potrebbero essere seriamente e irrimediabilmente perduti in caso di sversamento accidentale di petrolio. Una disastro da effetti inimmaginabile. Basterebbe un pronunciamento, o una Direttiva, per dichiarare l'Adriatico “ mare depetrolizzato “. Esattamente come sono riconosciuti, in ogni continente, tanti territori denuclearizzati. In riferimento, poi, ai vantaggi di natura economica, si deve tener conto che buona parte delle regioni che si affacciano sulle due sponde dell'Adriatico hanno da tempo avviati lunghi processi politici e di governo in materia di turismo, investendo ingenti somme e raggiungendo risultati eccellenti e riconosciuti in tutto il mondo. Saremo ascoltati? Dal Gargano giunge forte il grido:” Vogliamo triglie, non trivelle! “ Michele Angelicchio |
Inviato da: GiuliettaScaglietti
il 13/06/2024 alle 16:24
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il 12/10/2023 alle 19:22
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il 28/06/2023 alle 13:50
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il 22/08/2022 alle 16:08
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il 30/06/2022 alle 17:12