Recensioni entusiastiche per i versi dello scrittore viestano E' una personalità eclettica come poche quella del viestano Gaetano delli Santi: scrittore, artista, critico d'arte e di letteratura, vive e insegna a Milano nel liceo artistico statale di Brera. Personaggio di spicco della Terza Ondata, il Nuovo Movimento della Scrittura d'Avanguardia in Italia promosso dai critici Filippo Bettini e Roberto di Marco, in collaborazione con Marcello Carlino, Aldo Mastropasqua, Francesco Muzzioli, Giorgio Patrizi, Paolo Volponi, Edoardo Sanguineti. Nel 1994 delli Santi è uno dei cinque relatori al Convegno Ipotesi Terza Ondata. Il nuovo movimento della scrittura in Italia é tra i redattori e firmatari del documento conclusivo. Il movimento ha rilanciato una nuova tendenza alla scrittura avanguardistica e non omologata. Nel l994 delli Santi è uno dei cinque relatori al Convegno Ipotesi Terza Ondata. Nel 2001 pubblica Frà Giordano Bruno, cronaca del processo inquisitorio. Tragedia in un prologo tre atti e un epilogo, in forma di codice miniato, sul reo inquisito. Tragedia neobarocco in cui la cronaca del processo al celebre filosofo Giordano Bruno diventa la condanna di tutte le condanne a morte e di tutti i roghi contro il libero pensiero. Nel 2006 pubblica La forza generativa del Barocco, dove affronta i temi connessi alla poetica barocca e ai suoi sviluppi nella ricerca artistica contemporanea in una forma espositiva originale. L'ultimo libro è "Il tramonto s'inferifoca", volume di poesie che ha fatto parlare di "espressionismo linguistico. Ecco alcune parti della prefazione, curata dalla professoressa Marisa Napoli. "La poesia di Gaetano delli Santi non è per lettori pigri o paurosi o che facilmente si smarriscono. Potrebbero essere avvantaggiati i solutori di rebus. Il linguaggio, infatti, è criptico, proprio alla maniera dei rebus, dove lettere, frammenti asemantici, si alternano in successione a immagini. Qui si susseguono parole di cui spesso ci sfugge il significato e immagini, espresse non in modalità iconica, bensì verbale, in una successione incessante, martellante, che sembra voglia proseguire all'infinito: dalla decifrazione dell'abbinamento di questi due elementi emergerà il senso. Una passeggiata nella "tundra" cittadina Il tramonto s'inferifoca: il titolo suggerisce l'idea di una contestualizzazione apparentemente naturalistica e temporale, nonostante l’intoppo lessicale di quel verbo sconosciuto ma immaginifico: "s'inferifoca". Una possibile etimologia rimanda a "infero", voce latina col significato di "apporto" e' "focum? = fuoco, fiamme infuocate, bagliori di fiamme. La particella "si" sarà poi passivante, riflessiva, impersonale? Mentre vado alla ricerca di un significato, l'immagine di uno splendido e nello stesso tempo inquietante tramonto di fuoco si staglia nel mio immaginario, come scenario di una mia lunga passeggiata tra i versi di delli Santi: versi petrosi, che ti fanno inciampare in aguzzi sampietrini, ti costringono a deragliamenti, ti sospingono in zone sconosciute, ma ti accendono la voglia di indagare. Ritmi diversi per varia umanità Il ritmo è quasi sempre concitato, come dettato dall' andata sostenuta di una passeggiata in città, mentre attorno imperversa il traffico e l'andirivieni di varia umanità indaffarata, dedita ai negozi quotidiani. Il percorso, dunque, non è distensivo e tantomeno rilassante. La diversa lunghezza dei versi produce ritmi differenziati, adesso ampi e distesi, adesso rotti e sincopati. Nel linguaggio dellisantiano fa impressione il carico di parole che hanno proprietà fonologiche straordinarie, spesso anche irritanti, ma che in ogni caso suggeriscono un senso: si svela così la contraddizione nel mondo reale della nostra epoca, in cui tutto è comunicazione ma la lingua non ha più alcun valore comunicazionale, perché vuota e spesso senza senso. Al disfacimento delle carni si aggiunge un forte espressionismo, unito a uno scenario immaginifico e a sottolineature metaforiche di grande suggestione. Si può parlare sicuramente di espressionismo linguistico della poesia di delli Santi e non solo perché i seguenti versi ci ricordano il ben noto urlo pittorico di Munch: «Dal firmamento sbriciolato / dal cosmo di pena/ dalla terra di disgusto/ il tuo urlo è rabbia/ sciancata/ che ti tiene in silenzio/ è orco etereo/ tra lo sciabordìo/ delle tue carni / disfatte.». L'urlo di delli Santi è un urlo di rabbia, ma non di una rabbia che esplode liberamente, bensì di una "rabbia sciancata", una rabbia zoppa, che non esplode e incatena al silenzio, è una rabbia che si liquefa in un brodo di disfacimento. E' proprio sul piano lessicale che si esercita la critica più radicale al mondo della finta comunicazione che ci avvolge. La lingua di oggi, per l'influenza massmediale, è diventata una poltiglia indifferenziata: è la lingua degna di "un mondo indistinto", il nostro mondo che non riesce più a riconoscere e valorizzare le differenze. Tutto è indistinto non si avverte più ciò che è angelico e ciò che è scellerato. Un immaginifico linguaggio figurato Il linguaggio dellisantiano è altamente figurato e quindi altamente espressivo: spesso le soluzioni retoriche diventano grimaldello di ironia e sarcasmo. In “T’ingegnerai che il desertificato/ fermi il deserto?”” è l’antitesi che scardina le contraddizioni di un mondo che non riesce a risollevarsi dal deserto in cui è piombato, proprio perché lui stesso inaridito. Ma è anche l’antitesi che ci regala immagini di straordinaria bellezza: “Un’oscurità siamo/ che agonizza/ nella generosità/ de la luce”. L’allegoria di un mondo in disfacimento Chi siamo noi di fronte allo strapotere del malaffare? Siamo "l'inutile andare/ degli sfocati", ovvero "personaggi insignificanti che si arrabattano inutilmente" contro lo strapotere della malattia e del malaffare. Già Montale aveva denunziato ossimoricamente l’"immoto andare" dell'uomo affogato nel "male di vivere". Qui il pessimismo della ragione diventa più nero: «Che dire del dolore/ se non che chi non c'e non c'entri/ e chi c'è non si sgomenti?/ Che dire? /Sgocciolature sempre saremo/ d'un infame/ pensato. ». L'uomo, non più tale è un "nihil umanizzato", un niente in mano a poteri degradati e degradanti, consapevole che «E’ lordura butta lordura/ e forse c'illude questo tempo affettato / finito nel bestiame». L'annientamento è già avvenuto. E non c'è speranza di resurrezione: «impigliato a un fondo sgretolato/ tutto il mondo è appeso/ ai lacciuoli/ d'una resurrezione morta». Il Barocco dellisantiano Come il Barocco, anche delli Santi dà valore all'estremismo formale, da lui accentuato per l'uso insistito di una lingua babelica, mixata, frantumata e poi riassemblata in affreschi in movimento continuo e pluridirezionale. I segni linguistici si accumulano e l'accostamento dell'uno all'altro crea situazioni iperboliche che spostano continuamente il senso fino alla conflagrazione. Tutto è fluttuante e inconsistente: ecco perché questa poesia è l'allegoria dell'effimero e del corruttibile del nostro mondo. Un esempio fra tanti: «Spinoso pappo/ ribollito/ in filamentosi/ cedrioli/ in espansione./ Dalla cima della sua cucuzza/ pien di scioccherie/ mucose/ brulle/ ammansano/ condite di malandrini/ lingua aguzza/ e bocca conica/ si fan insolubili in vin vecchio/ a vapori d'organi/ secati. (166) Chi di noi non è tentato di accostare accanto a questi versi un quadro d’Arcimboldo? La poesia come forza generativa di senso In ultima analisi, ho l'impressione di trovarmi davanti a una poesia che può essere accostata piuttosto all'arte cinetica, una corrente artistica della prima metà del XX secolo che sceglie come presupposto dell'opera artistica in movimento, attraverso cui ottiene delle deformazioni metamorfiche, che mirano a cogliere la realtà, rifacendola e modificandola. Dì fronte a questo tipo di arte, conta molto l'interazione creativa con il fruitore Lucia Piemontese L’Attacco |
Inviato da: GiuliettaScaglietti
il 13/06/2024 alle 16:24
Inviato da: cassetta2
il 12/10/2023 alle 19:22
Inviato da: Dott.Ficcaglia
il 28/06/2023 alle 13:50
Inviato da: cassetta2
il 22/08/2022 alle 16:08
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il 30/06/2022 alle 17:12