Corsa a ostacoli, dopo anni di inerzia, sulla legge elettorale regionale e la doppia preferenza per agevolare le pari opportunità tra uomini e donne nell’accesso alle cariche elettive. La Puglia - con Piemonte, Liguria, Calabria, Valle d’Aosta e Friuli Venezia Giulia - conserva il triste primato di non essersi adeguata alla legge nazionale 20 del 2016.
Passati cinque anni dalla promessa di provvedere e quattro dalla normativa statale, quasi a fine legislatura il Consiglio cerca (o fa finta) di trovare una soluzione. Anche perché non può ignorare l’appello a sanare il vulnus che è arrivato dal premier Conte: un’esortazione che potrebbe tramutarsi in un decreto legge (con potere sostitutivo).
Ieri si era vociferato di una riunione tra il presidente dell’assemblea pugliese Mario Loizzo e i capigruppo. L’incontro è smentito. «Non appena la commissione unificherà i testi - dice Loizzo - si andrà in aula, immagino intorno al 28. Poi vedremo cosa accadrà». Un intervento del governo? «Non ho la minima idea non sono un giurista. Però se fosse così, il governo avrebbe già provveduto. Ho visto solo una lettera di Conte. La potestà legislativa è della Regione».
Si naviga in mare aperto per due motivi: perché esistono varie sensibilità tra i partiti e perché la questione della parità si inserisce in una discussione più vasta in cui si dibatte, nelle segrete stanze, di soglie di sbarramento da abbassare e di sospensione dalla carica di consigliere di chi è chiamato in giunta. Troppa carne a fuoco.
Ad andamento lento, qualcosa si muove. Il presidente della commissione Affari istituzionali, Saverio Congedo, ha convocato una riunione per mercoledì 15: «Il mio a auspicio - dice - è che il Consiglio regionale si autodetermini su una materia così importante, evitando interventi che potrebbero arrivare da altri livelli istituzionali».
Contro la doppia preferenza si pronuncia il capogruppo di FI, Nino Marmo: «Sono stato sempre contrario, non ho bisogno del voto segreto per dichiararlo». Marmo non teme interventi sostitutivi del governo: «Se Conte voleva intervenire, avrebbe dovuto un anno fa varare una legge costituzionale, per imporre la sua legge elettorale. In un senso prettamente istituzionale, si pone il quesito: chi è Conte per decidere su un altro organo costituzionale»?
Annuncia battaglia Antonella Laricchia, candidata del M5S alla presidenza: «Abbiamo presentato una proposta di legge che introduce la doppia preferenza di genere obbligatoria, pena l’annullamento della seconda se si scelgono due candidati dello stesso sesso. Poi, proponiamo l’inammissibilità della lista che non rispetta il rapporto 40/60% dei due sessi. Oggi c’è solo una sanzione che non spaventa». Laricchia lancia un sorta di moral suasion: «Occorre accertarsi che ogni consigliere prometta di non chiedere il voto segreto.
Chiedo l’impegno della società civile ad unirsi in questa battaglia». Paolo Campo, capogruppo del Pd, conferma che il «gruppo è per la doppia preferenza, non ci sono divisioni. Occorre capire come riuscire a fare sintesi in commissione tra le tante proposte, per andare in Aula ed evitare il rischio di interventi esterni».
Intanto proseguono le trattative nelle coalizioni. Dopo l’ennesimo intervento del premier Conte per l’unità sui territori delle forze di governo, pare che il muro del gruppo regionale del M5S per il «No» all’accordo con il Pd stia mostrando qualche crepa.
Mentre una novità spunta a destra. Il Movimento sociale italiano- Fiamma Tricolore annuncia il suo candidato alla presidenza: è Pierfranco Bruni, originario della Calabria ma da anni residente a Taranto. Uno scricchiolio per l’unità politica del centrodestra che non piacerà al candidato presidente Raffaele Fitto.
Michele Cozzi
corrieremezzogiorno
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