respiro di frequente

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Che cosa sei venuto a fare,non vedi che sono malato? Non sei malato stai benissimo.Sono malato,malatissimo di solitudine. ora vai, lasciami in pace. Devo rimanere invece per dirti tre cose che ancora ti sfuggono. Parla allora, poi vai o vai mentre parli. io sto male, ti guardo e sto male. chiunque tu sia vattene al più presto. Tre cose ho detto, nulla più di tre cose:i gigli dei campi che tu hai custodito per anni, marciscono ora per l’incuria in cui li hai destinati,le strade son sempre e comunque rumorose nonostante i tuoi silenzi impettiti ed,in ultimo, tua figlia aspetta un bambino da uno zingaro incontrato lungo una mulattiera,in pieno inverno. Ed ora? cosa vuoi che ti dica? non vedi che sono malato?vai via,sciò, figlio di nessuno,spazzatura del mondo, anch’esso spazzatura tra l’altro..quindi spazzatura di spazzatura..vai via spazzatura di spazzatura:ma cosa vuoi che me ne importi a me,a me che sto male,male nella mia solitudine,male nei miei silenzi, rabbioso nelle mie parole,grave e disarmonico nelle violente movenze. Che diavolo vuoi che me ne importi a me dei gigli,di una figlia e delle strade del mondo: finiscano tutte all’inferno o vadano al cielo purché  vadano e tutto conducano lontano da me.Vado ma credo che,il giorno in cui tua figlia partorirà il giglio sulle vecchie strade del mondo,avrai un altro debito da saldare nei confronti di un destino che hai voluto,per troppo tempo, così inutile.Ma credo, credo, credo a cosa credi? lasciami sfiorire nel mio inutile minuto ché nessuno ha mai infastidito un fiore che muore. Credi, se devi credere per forza a qualcosa, credi che il mio sia l’inutile destino di un fiore ed il tuo l’inutile destino di un pazzo.