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Con zucchero, con affetto

Post n°623 pubblicato il 01 Aprile 2012 da LivinginFortaleza
 

"Lo zucchero ha fatto da cornice  al nostro modo di essere ed alla nostra anima. Senza lo zucchero non si può capire l'uomo del Nordest brasiliano". E' quello che affermava il sociologo pernambucano  Gilberto Freyre  nel suo libro "Açúcar" (zucchero), una via di mezzo fra un saggio sociologico ed una raccolta di ricette,  sottolineando l'importanza di tale alimento nella formazione dell'identità nordestina.  Inizio proprio da qui il mio personale viaggio nella gastronomia del Cearà, un inizio dalla fine, da ciò che deliziosamente chiude ogni pasto.. il dolce. 

 fartes di Sobral

Lo zucchero di canna ha rappresentato per il Brasile e per il nord est in particolare, dove si sono concentrate le maggiori piantagioni del paese, una voce fondamentale nelle esportazioni, come dire che questi minuscoli cristalli bianchi o scuri, hanno retto l'economia brasiliana per secoli. Vista l'abbondanza della materia prima, non poteva non svilupparsi l'arte dolciaria, ma in queste terre d'oltreoceano ha assunto modalità e combinazioni del tutto peculiari. Accanto ai biscottini, meringhe, budini, torroni e confetti e a tutta la pasticceria importata dalla corte portoghese a metà dell'800, spuntano qua e là dessert semplicissimi come creme, pappette dolci, tapiocas. Agli ingredienti base dello zucchero, latte, uova si aggiungono o sostituiscono prodotti che la generosa natura tropicale offre.. una grande quantità e tipologia di frutta, radici, spezie, cocco, e, come alternativa alla costosa e più rara farina di grano, la farina di mais. La fantasia di chi stava ai fornelli ha fatto il resto. Che fossero suore rinchiuse nei conventi di clausura, signorine delle famiglie borghesi cittadine o schiave africane, le donne brasiliane hanno sempre mescolato tutto e così , tra un colpo di mestolo ed un altro, oltrechè gli ingredienti, hanno mescolato anche le ricette dando vita ad una dolce mistura di tre culture e tradizioni diverse, profondamente diverse.

canjica con arachidi

La cucina aristocratica del XIX secolo, quella che veniva servita su tavole addobbate a festa con tovaglie ricamate, vassoi d'argento e piatti di porcellana aveva come  punti di riferimento il "Cozinheiro Imperial", primo libro di cucina stampato e diffuso in Brasile (1866), dove accanto a piatti di impronta europea - soprattutto portoghese - se ne ritrovavano anche in grande quantità altri di chiara influenza africana, e il successivo "Cozinheiro Nacional", dove invece predomina, nelle ricette, l'influenza indigena. In fondo, nei cortili, sotto alberi frondosi, davanti a grandi pentoloni di rame, a svolgere i pesanti lavori di pulire spellare, grattuggiare, tostare, pestare nel mortaio, impastare c'erano sempre e solo loro, le schiave, indigene o africane che fossero. 

 torta manuê o manzapè

Non è pertanto esagerato affermare che è grazie agli schiavi africani se si sviluppò una civiltà dello zucchero in Brasile : gli uomini dietro le coltivazioni dei campi di canna da zucchero ed la lavorazione negli engenhos,  le donne dietro le pentole di rame o terracotta, a sfornare torte e biscotti. Lo zucchero gradatamente conquistò le tavole dei nobili e dei più ricchi, sostituendo il miele d'api nella preparazione dei dolci, e trasformandosi da medicina venduta a peso d'oro nelle farmacie come calmante, cicatrizzante e rimedio per problemi respiratori, ad  ingrediente indispensabile e di facile reperimento. Ogni regione ha sviluppato un suo ricettario, spesso conservato in quaderni ingialliti, o semplicemente memorizzato e tramandato gelosamente all'interno delle famiglie, di madre in figlia, di zia in nipote, lasciato in eredità come un prezioso tesoro, un segreto. Dolci che talvolta riportano nomi insoliti, legati a storie di fidanzamenti, innamoramenti, nozze e mariti, oppure sorti da ispirazioni ben più spirituali - soprattutto quelli usciti dai conventi - per celebrare fatti storici, per ricordare un particolare personaggio, per esaltare le glorie della famiglia in cui erano stati creati - quasi come uno stemma , un blasone familiare od ancora per pubblicizzae il nome dell'engenhos dal cui zucchero tutto era nato..

tapioca con cocco

Nel Cearà, sebbene a Fortaleza  dilaghino gusti e mode dolciarie globalizzate, resistono ancora alcune sobremesas (dessert) tradizionali..basta soprattutto spostarsi verso le località dell'interno per ritrovare antichi riti e sapori, panetterie a gestione familiare, dove  zucchero e affini sono  manipolati ed articolati con passione autentica.  Il pé-de-moleque - assai diversa la versione cearense da quella delle regioni del sud del Brasile, è un'istituzione : pasta di manioca (ossia carimã), farina di manioca setacciata, rapadura, chiodi di garofano, semi di finocchio, castagna di caju (anacardo) abbrustolita, il tutto mescolato e legato con il latte di cocco, poi spalmato sulle grandi foglie di banano, avvolto e rinchiuso bene ed infine cotto nel forno. Le foglie di banano come involucro di cottura  sono usate anche nel grude - torta a base di  di cocco grattuggiato fresco, latte di cocco, farina fresca di manioca e volendo  anche latte e zucchero - nella pamonha- con mais- e nella torta manuê, detta anche manzapè, con manioca, miele di rapadura e cocco, molto diffusa soprattutto nel nord del Cearà, quasi una versione più rustica del pé-de-moleque.L'uso del cocco, della manioca e della foglia di banana tradiscono una chiara discendenza indigena, così come l'altra grande istituzione gastronomica cearense, la tapioca, sorta di sottile crepes di polpa grattuggiata di manioca, che viene servita con latte di cocco.

pamonha

Altro ingrediente essenziale e quasi onnipresente nell'arte dolciaria cearense è il mais, il cui uso, sempre di origine india, è diventato - in quel consueto minestrone culturale brasiliano- l'alimento centrale di una delle feste cattoliche più amate e celebrate in Brasile, le festas juninas, le festività di giugno, legate alla triade S.Antonio, San Giovanni, S.Pietro, nonchè al solstizio d'estate e al raccolto delle pannocchie. Numerose le varianti di torte di mais, pamonhas e canjicas, essenzialmente una crema a base di mais secco, ridotto in poltiglia, filtrato e cucinato insieme ad acqua o in alternativa con arachidi e latte, conosciuto anche come mugunzà, addolcito con stecche di cannella. 

mugunzà

Più sofisticate ed elaborate sono le delikatessen che la cittadina di Sobral custodisce come un vero patrimonio culturale.. tanti dolcetti di derivazione portoghese, preparati dalle matriarche del paese che, per ingraziarsi i favori del vescovo-conte Dom Josè Tupynambà da Frota (1882-1959) , potente, vanitoso, goloso, si rinchiudevano in cucina e lontano da occhi indiscreti trituravano, impastavano, mescolavano. Le antiche ricette, che hanno reso più dolce la vita al vescovo e agli abitanti tutti, hanno assunto un colore locale..

quejiadinha

Al posto delle mele si usa il caju, al posto della farina di grano la goma e il carimã , il cocco gratuggiato poi non manca mai, soprattutto nelle queijadinhas, piccole paste rotonde ripiene di cocco, uova, margarina e latte. Richiedono abilità manuale gli alfenins,   zucchero, acqua miele e succo di limone ridotti in morbida pasta, che magicamente diventano cigni, granchietti, palme, fiori, paperi, nodi  a seconda della fantasia del momento, fatti riposare su un'asse che può essere solo di legno d'alloro.

fartes di Sobral

Ma il primato della tipicità spetta ai fartes – o fartéis, piccoli ravioli a mezzaluna, che hanno una storia remota. Pare siano stati fra i primi dolci offerti agli indios della costa tupiniquim dai colonizzatori guidati da Pedro Alvares Cabral. Pero Vaz de Caminha, scrivano del gruppo, annotò il fatto in una sua famosa lettera al re don Manuel “Gli offrirono pane e pesce cotto, confetti, fartéis, miele e fichi secchi. Non vollero mangiare quasi niente e se provavano qualche cosa, subito la buttavano via" L'impasto è fatto con burro, farina di manioca e acqua tiepida, il ripieno con zenzero, latte di cocco, farina di manioca e castagna di caju. Uscito dal forno viene spolverizzato di zucchero. Sfornati da una piccola panetteria a Sobral si possono trovare anche biscottini di goma (manioca) di forma ricurva, i  conosciuti bulins, gli esquecidos (dimenticati) tortini sempre di goma e i bianchi sequilhos, impalpabili, friabili biscottini di  latte, zucchero, uovo e amido di mais.

 sequilhos

Nella cittadina di Iguatù invece c'è ancora chi fa i chapeu-de-couro (cappelli di cuoio), sorta di pancakes a base di farina di grano, rapadura scura, che gli conferisce quel tipico colore marrone, cocco grattuggiato, latte, uova sbattute e mais, l'arroz doce (riso dolce , tipica ricetta portoghese) nella variante con panna e rapadura, i  tijolinhos (tegoline) biscottini rettangolari ed un inconsueto chouriço, dolce fatto con spezie, farina di manioca, castagna di caju e sangue di maiale. Impossibile descriverli tutti, i dolci e dolcetti del Cearà, ma chi senz'altro li conosce bene tutti è l'arzilla Nice Firmeza, che dall'alto dei suoi ottant'anni suonati, ancora raccoglie frutta dal suo terreno a Mondubim- Fortaleza, che sia goiaba o carambola, banana o laranja da terra, caju o pitanga e ne fa torte, biscotti, gelati, budini, composte.. niente di scritto, si ricorda tutto a memoria, lei cresciuta in provincia, fra profumi di dolci e salati casalinghi. In realtà pare divertirsi molto di più ad inventarne di nuovi, miscelando, mescolando gli ingredienti quasi come un alchimista. Stesso talento e stesso amore con cui ha sviluppato le altre due passioni della sua vita, il ricamo e la pittura. E grazie a questo suo sapere - binomio di arte, gastronomia e manualità- è stata nominata Tesoro Vivo, una maestra di cultura immateriale. Zucchero come  manifestazione di amore, zucchero come passione, zucchero come sinonimo di casa. Tutte le possibili combinazioni sono riassunte perfettamente nella canzone di Chico Buarque "Com açúcar, com afeto, fiz seu doce predileto, pra você parar em casa" (con zucchero, con affetto, ho fatto il tuo dolce preferito, per farti restare a casa..) e come non ricordare gli epiteti affettuosi che taluni innamorati usano fra loro  docinho, doce de coco, manjar..

composta di caju

Per tutti invece, innamorati  e non, vale la frase "è um doce de pessoa"..

Commenti al Post:
Utente non iscritto alla Community di Libero
Pedro il 01/04/12 alle 22:33 via WEB
Un dolcissimo testo.
 
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