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Fortaleza Report

Giorno dopo giorno da Fortaleza

 

 

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Alle dipendenze di Sua Maestà il mare

Post n°636 pubblicato il 21 Aprile 2012 da LivinginFortaleza
 

Jangada a Iguape

Sono come dei moderni Ulisse, uomini di mare in balia del vento, a percorrere miglia marine, alla ricerca di una buona pesca.. le loro donne, proprie come Penelope, li aspettano sulla spiaggia, e all'ombra di una palma, intrecciano sapientemente fili e ricamano merletti, si interrompono solo quando avvistano la jangada del marito ed emettono un sospiro di sollievo. Non sono una specie in via di estinzione i jangadeiros ancora esistono. Li puo incontrare la mattina presto, che riparano reti sulla Beira mar di Fortaleza e guardano un pò perplessi i turisti e i tanti sportivissimi concittadini di ogni età che corrono e camminano a passo svelto, fasciati in tutine e calzoncini acrilici.

Jangadas tirate a secco a Mucuripe, Fortaleza

Qualcuno, ogni tanto, lo incroci con i pesci sulle spalle, infilzati ad un cordino come fossero perle di una collana. Le jangadas sono tutte a Mucuripe, alla fine del lungomare, in secca con le vele ben arrotolate, o a riposo, disposte di traverso sulla spiaggia, forse in attesa di una qualche riparazione. I pesci lì arrivano e lì vengono venduti, da sempre, direttamente dal produttore al consumatore, in un mercato del pesce un pò precario - che farebbe storcere il naso a normali  ispettori d'igiene - ma pregno di storia..  

Pescatore, statuina di legno artigianale

Le jangadas una volta erano molto basiche ed esponevano il pescatore alle mercè del tempo. Cinque tronchi d'albero, legno molto comune negli acquitrini dell'Amazzonia,  che fluttua bene sull'acqua, resistente, non marcisce e non secca (piuba, araticum o timbauba). I tronchi, ripuliti della corteccia, erano assemblati e legati strettamente fra loro, senza l'uso di un solo chiodo. Quasi delle zattere- le più piccole vengono chiamate panquetes- solo un poco più sofisticate, con alcuni accorgimenti. Un albero maestro, ricavato da un tronco sottile di tamanqueira, regge una vela triangolare di tela di cotone, sulle quali scritte dipinte, da "Madonna dell'Apparizione" a "Grotta dell'amore", indicavano quali fossero le inclinazioni del proprietario. Fondamentali gli espeques inseriti nei tronchi,strutture semplici di legno per proteggere strumenti e tutto ciò che non si deve bagnare- in alto è collocata la legna per accendere il fornello, vela, rotoli di corda. In basso il barile d'acqua per bere, la pentola per cucinare e la latta con il cibo.

jangada de piuba - Museu Arte e cultura Popular Fortaleza

    Ora sono realizzate con tavole (jangadas de tabua) assemblate con chiodi,  comode, durano di più, e  poichè cave, in caso di pioggia ci si può rifugiare dentro. Le vele continuano ad essere di cotone, il materiale migliore, che resiste meglio all'acqua salina ed al sole. La jangada de tabua ha una vela più grande ed una più piccola per il governo dell'imbarcazione. 

"Jangadeiro"/ "Pescatore con sumburà" di Raimondo Cela, 1943 (Collezione MAUC Fortaleza)

Si sveglia prima dell'alba il jangadeiro, salta già dall'amaca che è ancora buio, si veste - un tempo la "divisa" era  pantalone e camicia di panno spesso di una tinta rossastra, ottenuta con un colorante a base di radice di caju, per indurire e resistere al salino ed un cappello di paglia bianco, reso impermeabile con un colore oleoso. Una veloce colazione a base di cafè con tapioca o pesce fritto e farinha, un saluto alla moglie e si incammina verso la spiaggia. Porta con sè poche cose : la lenza e gli ami, la latta con il cibo, fiammiferi e sigarette, il contenitore per i pesci. Quando arriva alla jangada i compagni sono già là.. devono sfruttare il terral, che soffia al mattino. 

jangadas a Jericoacoara

Sulla barca è tutto pronto : la vela è srotolata,  a bordo ogni cosa è al suo posto -il samburà, cesto di cipò per raccogliere i pesci, anche se oggi si preferisce una cassa con il ghiaccio in polistirolo, il toaçu (un' àncora molto rudimentale), il lampione (un tempo non c'era nemmeno quello), il fornelletto da campo improvvisato formato dalla bola de japones (boa) o una latta di cherosene tagliata a metà, poi riempita di sabbia, carbone e bucce secche di noce di cocco. La jangada viene fatta scivolare sulla sabbia su tronchi e avviata verso le onde. Il maestro osserva il vento, governa la vela, impugna il remo. Le onde invadono ogni cosa, bagnano piedi e pantaloni, nulla oppone loro resistenza, bisogna assecondarle, e con movimenti e spostamenti, l'equipaggio mantiene l'equilibrio e segue le oscillazioni..

Una vita pesante e faticosa, poveri sono e poveri restano. La barca non è la loro, il proprietario resta a terra e dividerà a metà il pescato. Pochi sono riusciti, dopo una vita di lavoro, ad avere una barca propria. In molti, invece, si sono rovinati la salute, per problemi d' ernia e agli occhi. Un certo benessere si raggiunse negli anni' 60 con la pesca dell'aragosta, ma adesso la pesca è regolamentata e si sono dovuti imporre dei fermi. Il documentario "Canoa Veloz" di Joe Pimentel dà voce proprio a loro,  i pescatori di aragosta cearensi, e tutti, giovani e vecchi, che abbiano in testa un cappello di paglia sfilacciato o un berrettino di tela con visiera, hanno un comune sentire, l'ineluttabiltà della fine di questo genere di pesca. I primi sono più ottimisti e spavaldi, i secondi sono solo preoccupati : hanno fatto sempre, e solo quello e dopo.. cosa faranno?

"Rolando para a terra" olio di Raimondo Cela-1946 (Collezione MAUC Fortaleza)

Nelle comunità costiere cearensi,  in quelle tradizionali, a Caponga, ad Aracati o a Jericoacoara, la pesca è fatta come una volta, con metodi antichi, e diventa ogni giorno più difficile competere con le barche motorizzate e dotate di mezzi  tecnologici che provengono da Mucuripe. In compenso ora sono più organizzati, hanno una sorta di sindacato,  documenti di lavoro ed un minimo di assistenza,  ed anche le loro mogli, che hanno sempre pescato granchi, gamberi, siris, ostriche e pixoletas, con reti a strascico, finalmente vedono i loro diritti riconosciuti.

il toaçu (Museu de arte e cultura popular, Fortaleza)

La pesca è fatta con lenza e amo. Buttato il toaçu, inizia la pesca, sul bordo della barca in piedi, si lancia la lenza e si aspetta, pazientemente. La biquara, la garoupa, mariquitas e sapurunas si pescano in acque basse e poco profonde, invece ben lontano dalla costa si possono trovare pesci più grandi - la cavala, il cangulo, l' arabaiana, il sefigado e la carapitanga. Ed ancora ciobas,sirigados, guaiabas, beijupiras, pargos...Può andare bene e possono non trovare niente e così si ricomincia il giorno dopo, altra zona, altra pesca. Possono restare in mare anche per 4-5 giorni. Nell'attesa si fuma, si beve un caffè, si cucina e si mangia. Il fuoco è acceso con una sigaretta e prende subito, quando c'è vento. Di solito mangiano il pesce che pescano, un tempo si portavano anche carne de sol (essiccata). Adesso hanno ampliato la scelta ed integrano la dieta con succhi di frutta, caffè, pasta e riso.

pescatore di rientro alla capanna - Jericoacoara  

E' di solito al tramonto che ritornano, quando soffia il vento dal mare verso terra ed è più facile rientrare, ma può capitare che il vento non ci sia o sia contrario, ed allora lottano per ore, in una lotta estenuante. Il vento è buono nel Cearà- dicono loro -ma ci sono periodi propizi ed altri no.  Ottobre, novembre e dicembre è la stagione migliore. A Natale soffia un vento chiamato "tormenta di festa", poi arriva la bonaccia e cominciano le piogge. I più vecchi ricordano ancora questi venti capricciosi ed uno strano andamento del mare che formava tre onde altissime.

Cappella dei Naviganti - Fortaleza /Nostra Signora dei Naviganti, Museu do Cearà, Fortaleza

Sarà per tutte queste incognite, imprevisti e pericoli che i pescatori a qualche santo devono pur votarsi. Nel Nord est le comunità della costa sono particolarmente devote a S.Pietro, alla Madonna dei Naviganti,  Al Buon Gesù dei Naviganti,  e a San Giuseppe di Ribamar, a loro sono dedicate le barche e le  cappellette che spesso sorgono sulla spiaggia o vicino al mare. I momenti di svago e di festa sono legati a processioni e feste religiose, ma anche a tradizioni folcloriche molto antiche, approntate all'aperto, in tutta semplicità, con pochi mezzi. Uno di questi è la chegança, sorta di atto popolare, messo in scena a Caponga, ricostruzione di una battaglia fra mori e cristiani. I preparativi iniziano pochi giorni prima del Natale. Si ricostruisce una barca, i personaggi indossano abiti caratteristici- uniformi bianche, spesso ricavate da sacchi di farina, galloni sulle spalle, bottoni luccicanti. Un variante è la Nau Caterineta, anch'essa tradizione folclorica di origine iberica, l' una ad esaltare l'eroismo spagnolo contro i saraceni, l'altra ad omaggiare il coraggio dei marinai portoghesi nella ricerca di nuove terre. Si finge una battaglia a bordo della nave e si intonano canti.

Jangadas a Flecheiras

   Le notti, nelle colonie di pescatori, sono anche allietate da racconti di storie legati al mare, miti  e leggende, ed anche se nessuno osa portare amuleti in barca, non sono immuni da superstizioni. C'è sempre chi ha visto qualcosa, qualcuno.. esseri magici, spiriti, luci, suoni che appaiono e scompaiono e le mitiche sirene che si pensa, abitino sulla linea dell'orizzonte, laddove l'oceano Atlantico incontra il Pacifico. Di costituzione muscolosa, di statura bassa, con la pelle rovinata dal sole ed i piedi deformati,  il jangadeiro  affronta il mare come la vita, con serena determinazione, i pericoli e le difficoltà fanno parte del gioco. Intelligenza, abilità, solidarietà, coraggio e forza sono, per l'etnologo Camara Cascudo, qualità indispensabili, e ciò che lo rendono un essere speciale. Nuotatori provetti, nati lungo il mare, abituati a tirare le reti sin da piccoli, parlano assai poco, silenziosi e riservati.

 

"Testa di jangadeiro" olio di Raimundo Cela, 1933, (Collezione MAUC Fortaleza)

  I più giovani  pescatori affrontano le onde con meno timore, indossano canottiere e bermuda, ascoltano la radio in mare e talvolta ballano sulla barca..spinti a  fare questo genere di vita per quel senso di libertà ed autonomia che il mare dà, un lavoro senza padroni, un contatto diretto con la natura,

per la quale, tutti indistintamente ,

nutrono un profondo rispetto e sempre sarà così...

speriamo. 

Monumento al pescatore- Prainha

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