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In guardia marrano!

Post n°464 pubblicato il 08 Ottobre 2011 da LivinginFortaleza
 

Samuel Weil (1837-1901) riposa in pace in quel di Sobral, Cearà. Era alzasiano, non fece nulla di particolare ed eclatante nella sua vita : ciò che interessa è che era ebreo e giunse in questa zona, come tanti altri, in cerca della sua terra promessa.

Nel Cearà, così come in altri stati del Nord est brasiliano, soprattutto Paraiba, Pernambuco e Rio Grande do Norte, la presenza ebraica è molto antica, risale al XVI secolo. Una presenza forte, più di quanto si possa immaginare, tanto che buona parte delle famiglie possono annoverare, fra i propri avi, i  cosiddetti marranos (ebrei convertiti a forza). Un fenomeno, quello della migrazione e successiva penetrazione giudaica, circondato da mistero, sviluppatosi di nascosto, senza clamori, fino al punto che talvolta nemmeno gli stessi ebrei, dopo varie generazioni, sapevano più di esserlo. La fine del '400  segna per gli ebrei portoghesi, che erano fuggiti dalle persecuzioni in Spagna, un duro colpo. Il re Manuel I, pressato dalla cattolicissima nazione vicina, ordina il battesimo forzato a tutti gli ebrei sul suo territorio. E' il 1496. Optando per questa conversione coatta, trasformando i giudei in "cristiani  nuovi", e, pertando,  davanti alla legge cristiani a tutti gli effetti, la Corona manteneva così, entro i suoi confini, le ricche e prosperose comunità ebraiche, evitando così un probabile colasso economico. Ma dopo il cruento massacro di Lisbona del 1506 e l'istituzione del Sant'Uffizio nel 1531, la situazione per gli ebrei in Portogallo si fa difficile e  molto pericolosa. Di qui l'idea di emigrare in altre terre e il Brasile, terra ancora sconosciuta e da colonizzare, rappresenterà una delle mete ideali. Anche in questo caso, furono fattori di ordine economico a dare origine a fenomeni sociali su vasta scala. Era proprio  il re il più interessato a che coloni ebrei colonizzassero nuove terre, impiantassero attività industriali e creassero legami commerciali, dando così un maggiore impulso all'economia del regno. A partire dal 1516 la Corona Portoghese intraprende una politica migratoria vera e propria, fornendo incentivi e sostegni ad un gruppo di pionieri-avventurieri di religione ebraica.   Il primo contratto sarà stipulato con il "cristiano-nuovo" Fernando de Noronha,  che in cambio della concessione reale, si impegna a spedire sei barche l'anno con coloni ebrei, a scoprire nuove terre (la prima sarà un'isola lungo la costa nord orientale, che si chiamerà con il suo nome, ora paradiso ecologico e meta turistica ambitissima), a fortificarle ed a intraprendere il lucroso commercio del legname. Ma l'attività che si rivelerà un vero affare sarà un'altra. E' probabilmente proprio un gruppo di ebrei provenienti dall'isola di Madeira, condotti qui da  Fernando di Noronha, che importa le prime piante di canna da zucchero, crea le prime piantagioni e dà inizio  a quella che sarà una delle principali attività economiche del Brasile coloniale, l'industria zuccheriera. Da questo momento in poi gli ebrei, con alle spalle una lunga esperienza nel settore, maturata nelle isole portoghesi di Madeira e Sao Tomè,  monopolizzerano il mercato dello zucchero, diventeranno proprietari di engenhos, amministratori di fazendas, mercanti di zucchero. In alcuni decenni i marranos si arricchirono e prosperarono, ma poi giunse anche qui la temuta Inquisizione.   I "Libri delle Denunce e delle Confessioni di Bahia e del Pernambuco" sono un resoconto dettagliato del  lavoro svolto dall'inquisitore Heitor Furtado de Mendonça, giunto a Bahia nel 1591-'93 e nel Pernambuco nel 1593-'95. In soli quattro anni si diede da fare nell'istigare la popolazione a denunciare amici, vicini e parenti per le accuse più disparate : blasfemìa, sodomìa, fornicazione, digiuno, letture probite, superstizione, magìa, luteranismo, bigamìa, distorsione od omissione di pratiche religiose, patti con il diavolo, parole contro la Chiesa, Gesù o la Madonna.. e naturalmente di giudaismo. Istituì una commissione, pubblicò una carta "d'ammonizione" con un elenco dettagliato su cosa si dovesse confessare o denunciare, ma in realtà gli esiti di tale visita non furono di rilievo. In totale solo 20 persone- tutti ebrei- vennero incriminate, spedite a Lisbona per essere convenientemente giudicate,  per poi finire sul rogo. Fra i malcapitati denunciati al Sant'Uffizio a Bahia, anche una certa Felipa de Sousa, accusata di omosessualità, insieme ad altre  29 donne, e condannata nel 1592 alla pubblica fustigazione.

 Interessante notare che la maggior parte degli individui denunciati erano di sesso femminile, sia per la particolare misoginia della Chiesa, sia perchè erano proprio loro a perpetuare il culto e le tradizioni religiose all'interno delle pareti domestiche, tramandandole alle generazioni future.  Fra tante storie spicca quella di Branca Dias.  Sposata con Jorge Fernandes, abitavano in un engenho di canna da zucchero, vicino ad Olinda, dove di nascosto praticavano il loro culto, commemoravano le date sacre ebraiche, si riunivamo in una sorta di sinagoga e facevano proselitismo. Erano una grande famiglia, con otto figlie - alcune delle quali si sposarono con cattolici- e due figli.  Il fatto che le accuse fatte a Branca Dias risalissero a molti anni addietro, e che l'incriminazione venisse fatta quando era già morta da un pezzo, erano dettagli insignificanti. Per punirla ugualmente, venne realizzata una sua effigie- una statua di legno- poi bruciata in pubblico. Le sua figura venne enfatizzata, negativamente, tanto che in alcuni conventi francescani veniva ritratta con piedi caprini, come personificazione del diavolo. Divenne una vera eroina tragica, in opere teatrali e letterarie, che travisando la realtà, la fecero morire sul rogo a Lisbona. Delle varie figlie di Branca Dias, Inês, fu la progenitrice di molti cearensi, soprattutto delle famiglie Holanda e Linhares di Sobral, di Baturité e Cascavel. Il 7 febbraio 1594, una sua nipote,  Maria de Paiva, venne anche lei inquisita, denunciata da una parente che frequentava regolarmente  la sua casa, come nella più classica delle casistiche..

 L'unica forma di resistenza che gli ebrei ebbero, di fronte al dilagare delle denunce, fu quella di praticare il cripto-giudaismo, ossia pubblicamente si dichiaravano cattolici, cambiarono i loro nomi e cognomi con altri meno riconducibili alla cultura d'origine, ma in segreto continuavano a professare il culto giudaico, mantenendo riti, tradizioni e cerimonie. Durante la parentesi della dominazione olandese nel Nord est brasiliano, le comunità giudaiche vissero un periodo di tranquillità. In quei 24 anni continuarono ad arricchirsi, spesso alle spalle dei mercanti brasiliani o portoghesi ed anche degli stessi olandesi. Monopolizzavano il mercato in generale, dei prodotti, che vendevano ai prezzi più bassi, dello zucchero, che piazzavano sui mercati stranieri grazie all'appoggio dei banchieri ebrei d'Olanda, Italia e Francia e degli schiavi, che vennero importati in massa, per lavorare nelle loro piantagioni di canna da zucchero. Grazie alla libertà di culto, loro concessa dal governo olandese, le comunità si fecero via via sempre più numerose, espandendosi a macchia d'olio in un clima di ostilità crescente  e di insoddisfazione da parte dei cristiani,  spesso ridotti al fallimento.  A Recife, sede del governo, era talmente grande il numero di ebrei che, per poterli ospitare tutti, vennero fondate due sinagoghe, con rabbini che giungevano dall'Europa. Tutti coloro che fino ad allora si erano nascosti, poterono professare la loro fede alla luce del sole, senza alcun timore, nelle due congregazioni ebraiche  “Zur Israel” e "Magen Abraham”.

Interno della Sinagoga Kahal Zur Israel a Recife, Pernambuco

Negli Atti delle due Congregazioni risultano molti nomi, che, prima dell'arrivo degli olandesi, avevano rinnegato di avere sangue ebreo nelle vene , nomi molto diffusi fra le famiglie nordestine : Pinheiros, Leões, Coelhos, Dias e Frazões, ma anche Henriques, Mendes, Cardoso e Álvares. Riemersero magicamente anche i nomi propri di origine biblica. Così, fra duecento firme sul registro troviamo : 22 Isacco, 25 Abramo, 17 Giacobbe, 21 Mosè,  e 25 Davide. Con il ritorno del dominio portoghese, il bel sogno svanì. Nel 1654 gli ebrei vengono ufficialmente espulsi da Recife. Alcuni si rifugiarono nelle Antille, continuando l'attività zuccheriera, o nelle Barbados. Altri si trasferirono nelle colonie inglesi del Nord America, colonizzarono la Martinica e furono pionieri nella formazione di colonie, fra cui New York (ossia Nuova Amsterdam). Altri ancora tornarono in Olanda dove, con l'aiuto di confratelli, si stabilirono prosperando in diversi rami, soprattutto nel commercio e lavorazione delle pietre preziose. Ed un nutrito gruppo restò nel nordest, tornando a praticare il culto in tutta segretezza, come d'altronde per secoli si erano abituati a fare. E' proprio in questo periodo che incomincia una fase di penetrazione nelle zone più interne, nei sertões nordestini,  luoghi isolati, dove si potevano sentire più al sicuro e potevano seguire il loro culto con maggiore libertà.  Fra le mete prescelte il Cearà, terra allora incolta, sconosciuta ed inospitale, che ricevette  regolari contingenti di marranos, per lo più  fra il 1729 e il 1733. Emigrazione ben documentata nei registri parrocchiali,  dove appaiono numerosi i Fonsêcas, Henriques, Rêgos, Pinto, Nunes, Mesquita, Rosa, Antunes, tutti nomi tipici degli ebrei della regione. Si concentrarono sulle coste, oppure in  vicinanza di piantagioni di canna da zucchero, nei dintorni di Cascavel, Aracati, a sud di Fortaleza.  Altre famiglie, sbarcate dal porto di Camocin, a nord, si addentrarono verso Sobral e le cittadine  interne di Forquilha, Carirè, Groaìras, Reriutaba. Si trattava di scelte strategiche : erano tutte zone vicine a fiumi navigabili, vicine al porto di Camocin, alla Serra de Meruoca, dove si coltivavano piante di caffè, ed all'altipiano di Ibiapina, dove si producevano vari prodotti alimentari di facile commercializzazione, tutti fattori molto accattivanti. Anche nel vicino stato del Parnaiba si agglomerarono varie comunità giudaiche, così come in quello di Rio Grande do Norte, dove le città di Venha-Ver, Mossorò e Caicò furono fondate da famiglie giudee. Si trattava di località di frontiera, dove gli ebrei si dedicavano per  lo più all'allevamento del bestiame ed al commercio. A tutt'oggi sono assai diffuse una serie di abitudini e rituali di origine ebraica, quali il non mangiare carne di maiale e seguire le regole della macellazione e della cucina kosher, vari riti funebri fra cui la sepoltura in semplici sudari nella nuda terra, l'uso di nomi biblici del Vecchio Testamento e la curiosa abitudine di collocare croci di palma o cassettine esagonali (mezuzà) sui battenti delle porte, che secondo alcuni rimanderebbero alla Stella di David, in funzione apotropaica, allo scopo di proteggere dal male e da calamità naturali.

Venha-Ver (Rio Grande do Norte)- croci fatte con palme benedette la Domenica delle Palme, appese sulle porte di casa. Secondo alcuni reminiscenza della Stella di David.

Ed è ancora un'alra donn ad emergere fra tanti nomi.. Josefa Maria dos Reis,  modificato dall'originale ebraico Fonsêca Rêgo, figlia di Manuel Henriques Fonsêca e di Joana Rêgo, che - dal registro dei battesimi de matrimoni- si sposò, con rito cattolico, ad Aquiráz, Cearà, il 22 novembre 1735, con Antônio de Freitas Coutinho,  anch'egli di famiglia ebraica. Uno dei due testimoni - il sergente maggiore Manuel de Brito, apparteneva ai Britos del Ceará,  che, in antichi documenti, sono definiti "mori", ma allora era comune fare confusione fra arabi e giudei, entrambi nemici della fede cattolica. La coppia Josefa-Antonio non ebbe figli. Lui ricoprì alcuni incarichi pubblici. Aveva campi di canna da zucchero, possedeva mobili, animali, schiavi , gioielli. Poi Antonio morì e Josefa si risposò. Non possiamo sapere se praticavano il culto segretamente oppure no. Ma è indubbio che Josefa aveva contatti  con il mondo ebraico, visto che anche il suo secondo marito, apparteneva alla famiglia Frazão, apertamente giudaica durante l'occupazione olandese ed un membro della quale, diventerà rabbino. I genitori di Josefa compaiono nell' “Auto de Fé” del 17 giugno 1731, a Lisbona, definiti come "cristiani nuovi". Erano residenti nel Pernambuco, lavoravano in piantagioni di canna da zucchero e le prove della loro colpevolezza  furono cosiderate indiscutibili. Entrambi furono condannati  alla confisca di tutti i beni ed al "carcere a vita", ossia dovevano usare sempre una fascia gialla con la stella di David come segno di riconoscimento e per questo potevano essere oggetti di aggressioni, insulti, violenze da parte della folla, soprattutto quando si manifestavano delle calamità naturali, considerate un castigo divino contro gli ebrei.  Josefa aveva fratelli e sorelle. Almeno tre di loro subirono anch'essi l'inquisizione: José, Dionísia ed Izabel, tutti e tre presenti all' Auto de Fé di Lisboa del 6 luglio 1732. Da due o tre anni si trovavano in prigione, denunciati, come spesso capitava, dai propri genitori o da altri testimoni. José aveva 31 anni, celibe, viveva da solo in una zona interna del sertão,  Izabel, di 26 anni era vedova e Dionísia, la più credente fra i tre, aveva 24 anni. José morì in carcere e le due sorelle furono condannate, come i genitori, al carcere perpetuo. Dionísia fu renitente. Continuò a praticare la sua religione, venne nuovamente giudicata e condannata dopo sette anni. Fu particolarmente fortunata, perchè per molto meno si veniva messi al rogo. Due parenti prossimi di Josefa invece, Antônio da Fonsêca Rêgo e Maria Valença, vennero entrambi bruciati sulla pubblica piazza.

Mentre i "cristiani nuovi" cercavano di rintanarsi, cammuffarsi ed occultare, come potevano, le loro pratiche nel più assoluto mistero e silenzio - tanto che spesso nemmeno i figli sapevano i veri nomi dei padri e talvolta le rivelazioni arrivavano solo in punto di morte- le visite degli Inquisitori portoghesi continuavano. Dal "Libro delle Visite" degli stati del "Gran Pará, Maranhão, Rio Negro, Piauí e terre adiacenti” risalente al 1763, sappiamo che furono inquisiti 353 bianchi, 55 indios, 42 schiavi neri, 17 mamelucchi e 12 mulatti.  Le denunce  partivano anche dall'interno delle comunità giudaiche, dove, nonostante ci fossero stretti  legami parentali, scoppiavano conflitti e tensioni. Era regolarmente praticata l'endogamia, ossia si sposavano fra cugini, spesso con esiti disastrosi (alta percentuale di persone con deficienze psicologiche). 

 Ancora oggi, in alcune zone dell'interno del Cearà, si praticano cerimonie rituali millenarie, come  il digiuno o l'astensione dal lavoro il sabato,  il lavaggio del cadavere che resta sette giorni in casa prima della sepoltura, il cambiarsi d'abito il sabato, lì uso di accendere candele o lampade ad olio il venerdì sera, il modo di conservare la carne - facendola sgocciolare e poi salandola o di scegliere alcuni tipi di carne.E'  comunque difficile rintracciare ed identificare le famiglie ebree perchè nel 1773, si ordinò un'operazione di "pulizia" -in tutti i libri delle Compagnie della Misericordia, Fratellanze, Confraternite e Corporazioni- da qualunque nota che alludesse  a distinzioni fra "cristiani vecchi" e "cristiani nuovi". In tal modo scomparvero per sempre preziose informazioni sui marranos, ma secondo il rabbino Jacques Cukierkorn almeno il 10 % della popolazione brasiliana è di origini ebraiche, anche se molti, pur sapendolo, preferiscono rimanere cattolici. Samuel Weil, d'altronde, riposa in pace a Sobral, sì, ma seppellito ben fuori dal cimitero, che gli è rimasto per sempre interdetto.

 
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