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Bucce d'arancia

Post n°9 pubblicato il 06 Luglio 2007 da foudefois
 

Mangiava un'arancia, seduta al tavolo. La casa era immersa nel silenzio. Fuori dalla finestra: l'estate. Il tempo si fermò. Il silenzio l'accolse. L'arancia era dolce e succosa.
Come al solito dimenticò di buttare via le bucce, e quando lui rientrò le rovò abbandonate sulla tovaglia rossa; profumavano ancora. Le raccolse con pazienza, un frammento alla volta (li contò: erano dieci). Di lei non c'erano altre tracce. Spense la luce della cucina e si avviò sulle scale. La trovò stesa sul letto, in posizione fetale, gli occhi chiusi.
- Tutto bene?
- Certo.
- Vuoi che parliamo?
- E di cosa?

POCHI GIORNI PRIMA
Lui va da lei, le dice: senti, non sei l'unica.
E' vero, gli risponde lei, lo so.
Piangi troppo, piangi sempre: piangi mentre lavi i piatti, piangi mentre mi servi la minestra, piangi al cinema, o guardando la tv, piangi di nascosto, piangi chiusa in bagno, piangi mentre pieghi gli asciugamani, piangi mentre facciamo l'amore. E piangi quando cala la sera, d'estate e d'inverno.
Lei comincia a piangere, sbucciando un'arancia. Lei ride invece? gli chiede cercando un sorriso sotto tutte quelle lacrime.

Lui si alza per buttare via le bucce d'arancia, ancora una volta dimenticate sul tavolo.

UN SOGNO DI LEI
Stavo aspettando l'autobus, pioveva a dirotto. Aspettavo da mezz'ora quando mi accorsi che non c'era nessun altro alla fermata: un enorme cartello giallo mi ricordò dello sciopero.
Andai a dormire molto tardi, non riuscivo a prendere sonno. Al piano di sopra qualcuno camminava a piedi nudi: passi svelti e nervosi.
Nel dormiveglia un piede gigante mi schiacciava sul pavimento di cemento della strada. Si sentiva lo scricchiolio delle mie ossa. Poi il piede si sollevò da terra, portandomi un po'con sè e lasciandomi un po'lì: ero viscosa, ero appiccicosa. Ero i rivoli e i filamenti di un chewing gum masticato.

UN RICORDO DI LUI
Presi il treno; salì una donna che indossava una maglia molto scollata. Aveva due seni enormi, morbidi, e un ciondolo con una paperella di terracotta che sembrava nuotare in quel mare di carne. Desiderai di cibarmene. Dei seni, non della paperella: sono vegetariano.

- Dove scende, scusi?
- A Bologna.
- Anch'io! Siamo quasi arrivati.

Stavamo scopando nel bagno del treno, cinque minuti dopo quella domanda. Cinque minuti dopo quella domanda le afferravo i seni e la scopavo da dietro. Ci guardavamo nello specchio del bagno del treno, cinque minuti dopo quella domanda.
Scendemmo a Bologna; io presi per i viali, lei per il centro. Arrivato a casa mia moglie mi disse che avremmo avuto ospiti a cena. Una sorpresa, disse.
Alle otto meno un quarto mi presentò sua sorella.
Io la conoscevo già.

 
 
 
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Data di creazione: 03/07/2007
 

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