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Ciao a tutti

Post n°12 pubblicato il 11 Luglio 2007 da foudefois
 
Tag: ivan

PROFESSORE

 

Lo so che un tempo hai fatto strage di signore

mica per niente ti chiamo Professore”

Mario Lavezzi

 

 Valeria mi ha chiesto di restare sola.

 Sono venuto al Multiplex che hanno da poco inaugurato a Sesto San Giovanni. Diciotto sale. Il più grande della Lombardia.

A volte vengo al cinema qui, non mi piace, ma è vicino a casa ed evito le infinite code di auto dirette verso il centro di Milano. La prima volta ero in ritardo, ho parcheggiato, sono entrato di corsa ed invece che in un cinema mi sono trovato in un Ipermercato. Giravo fra i negozi con l’aria smarrita pensando di avere sbagliato l’indirizzo. Ho chiesto ad una commessa. Mi ha guardato sbalordita. Sopra mi ha detto. Le sale sono al secondo piano.

 Da fuori si vedono solo diciotto parallepipedi appoggiati sul tetto.

Davanti  alle otto  casse decine di persone formavano un serpentone come quelli negli aeroporti davanti al metal detector. E’ appena uscito questo film sulla guerra di Troia. Con Bred Pitt che fa Achille. Achille la bestia come lo chiamava Christa Wolf. A metà della fila mi è tornata in mente Valeria. Spieghi meglio la filosofia della tua vita ha detto prima che uscissi. Era da tempo che pensavo che parti della mia vita avessero fra loro una estraneità ormai impossibile da sopportare. Così, quando lei ha mi ha chiesto se non la sentissi lontana, ho pensato che era il momento di provare a parlarle.

La cassa 2 si è liberata, non avendo nemmeno deciso il film da vedere, ho rinunciato ad entrare.

I bar sono al primo piano. Questo posto a me ricorda il Luna Park. Il luna Park del cinema quello dei locali e quello dello Shopping. Non mi piace ma mi incuriosisce. Pub irlandesi, osterie, tutto in stile Centro Commerciale. Qui uguale a Dallas. Ho scelto il locale messicano. Mi sembrava il più finto. Mi sono seduto fra palme di plastica addobbate con lucine colorate da albero di Natale. Sombreri alle pareti - Miguel son sempre mi - .  Ho chiesto una”Corona”. Seduti di fianco a me tre ragazzi e due ragazze asiatici parlano con accento brianzolo. C’è un gruppo di sole ragazze, sui sedici anni, molto truccate. Anche alcuni miei allievi lo dicono che il venerdì o il sabato sera si incontrano al “Fiordaliso”. Quella con molti orecchini ai lobi, con il top aderente, la mini di pelle nera e le calze strappate, quella che ho fissato con troppa insistenza magari leggerà in greco in classe lunedì mattina.

Ho parlato per la prima volta di Anna Maria. Dopo tutti questi anni. Valeria ha chiesto quanti anni aveva. La mia età. Non ha detto nulla ma sembrava stupita.

Per un attimo sono stato meglio. Ma adesso no . Dopo la terza birra ho deciso di tornare a casa. Provare a spiegarle. Capisco che, soprattutto, mi manca la chiarezza su cosa fare.

Lei non c’è. Ora mi dispiace essere tornato così presto. Accendo la luce della cucina. Nessuno di noi due è mai stato un grande cuoco.

Sul tavolo una bottiglia di Pinot Nero bevuta a metà. Ho ancora in bocca il gusto acido della “Corona” ma mi verso comunque un bicchiere. Poi vedo un biglietto. C’è scritto soltanto: guarda la posta elettronica.

Ho parlato per ore; lei mi scrive guarda la posta elettronica.

Mi alzo. La  porta dello studio di Valeria è aperta. Artemisia non è sul tavolo. Artemisia è il suo Mac. Hanno tutti avuto un nome differente. Il mio PC è in salotto. Un nome non l’ha mai avuto.

Nella mia casella di posta  un messaggio non letto. Non ha il solito indirizzo di Valeria. Arriva da: Pauline61@ hotmail.com. Pauline. Lo apro. Fatico sempre a leggere sullo schermo così decido di stamparlo.

 

 

Ciao Professore.

 

Ti ho lasciato una foto sul tavolo. E’ la foto di classe della V A del Liceo Privato Studium. Nel 1980.  Non ho dubbi sul fatto che ricordi i nomi di tutti gli allievi. Non solo il mio.  Riguardandola ho visto che le ragazze sono quasi tutte bionde. Tutte tinte tranne una. I ragazzi sono in giacca e cravatta. Con l’Enduro o il KTM parcheggiato in cortile. Molti abitavano a Milano2 e non andavano tanto per il sottile. Il terrone ti hanno chiamato il primo giorno di lezioni. Che l’Abruzzo fosse centro e non sud non faceva differenza. Il brigatista dopo pochi giorni. Anche se non avevi certo l’aspetto di Guevara.

I miei mi avevano iscritta a quel Liceo, dove io non volevo andare, perché dicevano che la scuola pubblica era in mano ai comunisti. E si sono ritrovati te. Bell’affare. Due impiegati dell’Alfa Romeo fedeli all’azienda. Quando parlavi di loro dicevi: La maggioranza silenziosa contraria all’emancipazione di classe. Silenziosi? Magari. Contrari a che io stessi con te: sempre.

Mio padre aveva convinto il suo capo ad assumermi dopo la fine della scuola. Io  mi sono iscritta a Filosofia.  Tu venivi a cena da noi. Non poteva durare.

Ci siamo sposati. Nessuno dei due del tutto convinto. Nessuno dei due con una alternativa da proporre.

Viaggi in Nicaragua, ripetizioni di Aristotele, i tuoi concorsi per passare di ruolo. I primi anni li ricordo così. Avevi capito che filosofia mi aveva stancata. Ti chiedevo sempre di uscire la sera. Ma continuavi a sperare che io potessi restare in Università. Quello che a te non era riuscito.

Intanto l’Alfa Romeo era stata svenduta alla Fiat e la ristrutturazione non aveva risparmiato gli impiegati fedeli. Mia madre cassaintegrata e mio padre pre-pensionato. Quando è stato investito davanti agli stabilimenti nessuno ha voluto vedere la verità. Che era stato un suicidio. Come quello dei giapponesi che si impiccano sul posto di lavoro il giorno della pensione. L’ultimo atto di fede.

Sono finita fuori corso. Mi sono iscritta alla scuola del fumetto.

Devi aver sofferto anche se non hai detto nulla. Come del mio primo tradimento. Restavo fuori, dopo la scuola, sempre  più a lungo, con giustificazioni sempre più vaghe. Hai cercato di lasciare perdere. Poi hai cominciato a  parlare dei problemi di sposarsi così giovani; alla fine, ricordi, mi hai chiesto trattenendo la rabbia – te lo scopi anche? -.

Che me lo scopassi lo sai. Che questo avesse svegliato parti di me restate quiete per anni no. Che non abbia lasciato che si riaddormentassero te lo dico stasera.

Quando ho cominciato a parlarti pensavo a questo. Mi hai anticipato con la tua confessione. L’estraneità non è mai priva di motivazioni concrete. Certo che sia una signora della tua età con tre figli questo si mi ha sorpreso.

Perché una cosa ti voglio chiedere professore. Tu quelle ragazzine che a scuola continui a sedurre con la tua intelligenza, quelle che poi segui e consigli anche all’Università, che vengono a casa a farsi correggere la tesi vestite come se andassero in discoteca. Quelle, professore te le fai? Hai il coraggio o immagini e basta?

Ultimamente ti piacciono con un look aggressivo. Sarà l’età. A me vederle aiuta per il fumetto. Quando ho iniziato pensavo al mio personaggio come a Madonna in  “Like a Virgin”. Se ha continuato ad avere successo, se è pubblicato  ormai da tanti anni, lo devo anche a te e a loro. Mi avete tenuta aggiornata. Ed io ho aggiornato lei.

Poi è arrivata Pauline. Il mio fumetto erotico. Eri stupito all’inizio. Che Valeria disegnasse Pauline. Un successo di critica. Anche se in Francia più che in Italia. Tu hai fatto come se capissi. Ma non era vero. E’ la Valentina del 2000 hai detto. Ma non assomiglia a Valentina. Forse superficialmente nei temi. Non offenderti professore. Sei brillante, sei rapido nel ragionamento. Ma continui a vedermi come nella foto che ti ho lasciato. L’allieva che ti guardava dal terzo banco. Pauline assomiglia a me. Anche fisicamente. Prendi una sua storia professore: capirai.

 
 
 
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Data di creazione: 03/07/2007
 

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