Creato da francescozizzi il 25/05/2010

FRANCESCO ZIZZI

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Il patto Mediobanca scende al 30%. Escono Groupama e Generali. Bollorè lascia incarichi in Generali

Post n°450 pubblicato il 03 Ottobre 2013 da francescozizzi

(Vincent Bollorè)

Mediobanca esce ridimensionata dal patto di sindacato e scende fino al 30% dal precedente 42%, mossa ad effetto arrivata nella tarda serata di lunedì dalle assicurazioni francesi Groupama, che possiedono il 4,93% di azioni di Piazzetta Cuccia, e che hanno fatto pervenire la disdetta dell’accordo.

Groupama ha indicato che non aveva nessuna intenzione di vendere la partecipazione, perché fiduciosa nella strategia di Mediobanca e nel potenziale di crescita del titolo, ma le altre uscite di Generali al 2% e Fonsai (3,83%) erano già state annunciate, in un ruolo chiave interpretato dalla famiglia di Carlo Pesenti, presidente dell’Italmobiliare, che ha ridotto la sua presenza nel patto all’1,6% ed ha evitato la discesa sotto il 30%, che ne avrebbe decretato lo scioglimento.

Se oltre a Groupama anche Italmobiliare avesse svincolato la sua intera quota del 2,62% si sarebbe scesi sotto la soglia minima, ma con il pericolo scongiurato, la rinnovata fiducia garantisce solidità ed equilibrio in una fase delicata. Novità arriveranno da Groupama, dove Vincent Bollorè, che ha annunciato di lasciare gli incarichi ricoperti in Generali per dedicarsi a tempo pieno come vicepresidente alla multinazionale transalpina di media e comunicazioni Vivendi, vorrebbe mantenere la quota dell’11% in Piazzetta Cuccia, ed è anche intenzionato di chiedere ad altri pattisti di portare la loro quota in pancia fino dal 6 all’8% su suggerimento di Tarak Ben Ammar, presente nel cda di Mediobanca in quota francese.

Entro fine anno così, il totale delle azioni sindacate si assesterebbe al 32%. I pesi dei vari gruppi all’interno del patto Mediobanca potrebbero subire ulteriori variazioni. Nel gruppo A delle banche, rimangono invariate le quote di Unicredit (8,66%) e Mediolanum (3,38%). Il gruppo B dei privati tiene Benetton (2,16%), Pirelli (1,83%), Italmobiliare (1,57%) e Finivest all’1%.

 
 
 

Intesa Sanpaolo, parte il piano Messina. Si parla di riforma governance, addio al sistema Duale?

Post n°449 pubblicato il 02 Ottobre 2013 da francescozizzi

(Carlo Messina, nuovo ceo Intesa Sanpaolo)

Inizia il riassetto di Intesa Sanpaolo con l'avvicendamento tra Enrico Tommaso Cucchiani e il nuovo consigliere Carlo Messina alla guida di Palazzo Ca' De Sass, alle prese con una giornata di Borsa dal poco appeal visto il -3,5% registrato a Piazza Affari. Intesa deve ridisegnare il dopo Cucchiani, liquidato con una buonuscita di 4,5 milioni di euro, compresi di 900mila euro di stipendio come Direttore Generale. Intesa spiega come "ci fosse la necessità per la banca di un maggior grado di incidenza sulle dinamiche operative aziendali e di raccordo delle azioni strategiche e gestionali, per accelerare l'effettiva realizzazione delle potenzialità del gruppo".

(Enrico Cucchiani, altri sei mesi a Ca' de Sass come Direttore Generale?)

Messina dovrà agire in modo diverso da Cucchiani, per ridisegnare la struttura al vertice, senza sottovalutare il mercato. Settimana prossima il nuovo ceo sarà atteso a Washington per gli Annual Meetings del Fondo Monetario Internazionale, poi si attenderà di completare il piano per la Banca dei Territori e un riassetto del management, dove si parla di valorizzare la figura di Gaetano Miccichè, responsabile corporate, in piena sintonia con Messina. Durante il consiglio di sorveglianza di domenica scorsa, si è parlato di Governance, con l'incontro tra i Presidenti delle Cinque fondazioni che controllano il 25% della Banca (Compagnia di San Paolo, Cariplo, Cariparo, CrFirenze e Carisbo).

L'idea è quella di eliminare il sistema governance duale per tornare a quello tradizionale,argomento di discussione nel prossimo consiglio di Gestione e Sorveglianza. Soci che opterebbero per rinviare l'entrata in vigore del nuovo statuto nel 2016 quando finirà il mandato, o chi preferirebbe un cambiamento entro i prossimi due anni. Il posto lasciato libero da Messina in Consiglio di Gestione, che comprende altri tre manager oltre al ceo, è stato rimpiazzato da Francesco Micheli.

Intorno alla sua nomina sarebbe nato un certo dibattito dentro al consiglio, per il fatto che la Banca dei Territori perde un posto dentro al consiglio deputato alla gestione; per questo, si apprende, ci sarebbe stata l'astensione di un consigliere di Sorveglianza, Pietro Garibaldi.

 
 
 

Pirelli-Camfin Opa a 0,8 € su Camfin di Tronchetti e banche. Malacalza nella Bicocca

Post n°448 pubblicato il 06 Giugno 2013 da francescozizzi
Foto di francescozizzi

Marco Tronchetti Provera e i suoi alleati blasonati(Moratti,Acutis,Rovati) attraverso la collaborazione di Clessidra,Unicredit e Intesa Sanpaolo,con la newco Lauro 61, hanno liquidato la Malacalza Investimenti da Gpi,dove aveva il 30,94% e da Camfin (12,37%) e sono i nuovi azionisti di riferimento della finanziaria con il 61%. Ecco lanciata l’opa totalitaria a 0,8 euro. La famiglia ligure, ha spuntato di rientrare nel gruppo e al piano Pirelli, dove ha dimostrato sempre un reale interesse nel contendere.

Tronchetti non era d’accordo nel cedere una quota della Bicocca a Camfin e Malacalza,e attraverso la mediazione di Federico Ghizzoni,ha ottenuto di acquistare attraverso il disimpegno dai piani alti da cui ha incassato 160 milioni,il 6,98% della Pirelli da Allianz (4,4%) e da Fonsai, che ha ceduto il 2,57% (rispetto al 4,4% posseduto) al prezzo di 7,80 euro per un totale di 259 milioni. Operazione avvenuta col benestare dei soci del patto che hanno autorizzato lo svincolo delle due quote, oltre al 7% di Camfin, in modo da diluire l’accordo dal 45,4% al 31,5%. Altri soci vorrebbero monetizzare sullo scioglimento del patto, e fra un anno potranno presentare la lista per eleggere consiglieri di minoranza, mentre Clessidra e le banche confermano il ruolo di guidatore a Tronchetti Provera.

L’Opa su Camfin, dovrebbe essere lanciata entro Luglio, giorno in cui sono state perfezionate alcune operazioni. Lauro 61, partecipata da Lauro 54, (Clessidra) Unicredit,Intesa Sanpaolo, e Nuove Partecipazioni (Gpi,Mtp,) ha rilevato il 12,3% di Camfin. Quindi Mtp ha liquidato il 30,94% di Malacalza in Gpi, quindi ponendo la parola fine alla partnership industriale durata nel 2009. La newco acquista da Gpi una quota del 13,2% di Camfin e da Nuove Partecipazioni arriva una quota del 35,42% dal trasferimento delle azioni di Tronchetti Provera. Lauro 61, col 60,99% di Camfin,è posseduta dal 54,8% da Tronchetti,oltre ai conferimenti di azione,hanno versato cash 10 milioni) al 23,8% da Lauro 54 che inietta 91 milioni e al 10,7% a testa dai due istituti (41 milioni). Se la ciambella verrà con il buco (l’opa) Lauro 61,Gpi e Camfin si uniranno. Nascerà una nuova Camfin posseduta dal 39% da Tronchetti, al 24% da Clessidra e al 18% dalle banche che investiranno 115 milioni,e il fondo di Claudio Sposito 150 milioni.

Marco Tronchetti Provera rimarrà presidente e amministratore delegato di Pirelli per i prossimi quattro anni, ma dovrà attendere sempre l’ok di Clessidra per le grandi decisioni. Questo il punto saliente nel patto fra i soci di Lauro61,le banche e i suoi alleati. Il fondo e le banche passati quattro anni acquisiranno la maggioranza del consiglio della Nuova Camfin, e poi scatterà la fase finale con l’avvio delle procedure di exit dove Nuove Partecipazioni, Lauro54 (Clessidra) forzeranno la vendita in blocco di tutte le azioni. Il riassetto con le assemblee e le fusioni sono in calendario entro Novembre. Se avviene che Camfin viene delistata, avrà cda di 9 membri, di cui 5 a Tronchetti Provera. Se l’Opa non va a buon fine, il cda resterà di 15 membri,6 indicati da Tronchetti.

 

 
 
 

Banca del Mezzogiorno attende l'iniezione di 100 milioni promessa dal Tesoro.2012 chiuso con utile di 7,1 milioni

Post n°446 pubblicato il 04 Maggio 2013 da francescozizzi

 

Era definita come la Mediobanca del meridione, accolta come una manna dal cielo, La Banca del Mezzogiorno, posseduta al 100% dalle Poste, è partita, produce utili e lavora in maniera corretta. Attende ancora l’iniezione di capitale di 100 milioni promessa dal Tesoro, mentre ha chiuso il duemiladodici con un utile di 7,1 milioni, a dispetto delle stime previste di perdita di 1,8 milioni, ma presenta un erogato ridotto di 161 milioni rispetto alle attese di 300 milioni.

 

Tra i suoi compiti c’e quello di sostenere le piccole medio imprese meridionali, ha allargato il finanziamento alle grandi aziende, come Fiat, Ansaldo e Fincantieri,e tra le 400 aziende minori finanziate, spuntano la Grimaldi dei traghetti e la De Cecco della pasta, più l’Acquedotto pugliese (il mese scorso almeno 20 milioni). Valutati e poi interrotti i prestiti a EnelGreenPower (sui 30 milioni) ed Enav per questioni tecniche.

 

La neonata Banca del Mezzogiorno, patrocinata dall’allora Ministro delle Finanze VittorioGrilli e dal ministro per la Coesione territoriale Fabrizio Barca come banca disviluppo sul medio lungo termine, deve sostenere le Pmi con strumenti diversi dai prestiti, ed il principale è il Fondo centrale di garanzia, che però deve rafforzare, perché consente alle banche di prestare soldi senza attaccare il patrimonio. Le Pmi sono finite in minoranza, e dei 750 milioni di finanziamenti messi a budget dalla Banca del Mezzogiorno, per quest’anno il quintuplo del2 012, solamente 100-150 milioni sono destinati alle pmi, mentre 400 milioni sono destinati a grandi imprese e i restanti 200 milioni sono per erogare mutui e prestiti con cessione del quinto dello stipendio dei dipendenti postali.

Attraverso questi finanziamenti, ai dipendenti delle Poste si abbatte il rischio di credito (Banca d’Italia evidenzia come le sofferenze bancarie siano state del 17,5%) e s’incassa di sicuro (spread Bdm del 10% sul quinto del 3% dei mutui).

Inoltre è vero che con le grandi aziende affiancate alle piccole si può supportare lacrescita del paese, quando il finanziamento è gestito in maniera ottimale ed oculata. In teoria nel progetto originario, avrebbero dovuto fare parte della compagine azionaria anche le banche, ma non è andata così e l’unico socio attualmente sono le Poste italiane. Ora si attende l’evolversi dell’ipotesi diun nuovo socio in arrivo, si parla della Sace società export-credit controllata dalla Cassa Depositi e Prestiti, a sua volta controllata dal Tesoro.

 
 
 

La Banca d'Italia suggerisce a Carige di trovare 800 milioni di euro. La Fondazione contraria a mettere mani al portafoglio

Post n°445 pubblicato il 04 Maggio 2013 da francescozizzi

Banca Carige deve trovare 800 milioni su esplicita richiesta di Bankitalia. Deve farlo in tempi molto rapidi, e per ottenerli può scegliere due strade: o mette mani al portafoglio oppure è costretta a cedere asset strategici.

Contro la prima scelta si è schierata la Fondazione Carige, maggiore azionista, che controlla il 47% della banca e quell’asset determina il 95% sull’attività dell’ente. Repetto sostiene come l’istituto vada bene e produca utili, ma coloro che potrebbero rovinare i piani della banca genovese sono le due assicurazioni del gruppo, come Carige Danni, ex Levante, che detraggono capitale e non restituiscono niente agli azionisti. Alla Fondazione pesano come un macigno i 422,3 milioni sganciati cinque anni fa, quando venne determinato l’aumento di capitale da 950 milioni di euro nel Marzo 2008.

Quel miliardo è svanito nel giro di cinque anni, venne chiesto per pagare gli sportelli comprati a prezzi record da Intesa Sanpaolo per tentare l’espansione fuori dalla regione d’appartenenza, ma si rivelò un occasione poco redditizia. Dalla primavera di cinque anni fa, le quotazioni delle ordinarie Carige sono crollate da 2,455 euro a circa 50 centesimi, dopo aver toccato il picco di 2,789 nel 2009, con le dovute preoccupazioni della francese Bpce, secondo socio, con in tasca poco meno del 10%.

Carige chiude il 2012 con un rosso di 63,2 milioni e a fronte di un risultato negativo, non distribuirà dividendi, per non compromettere la solidità dell’istituto. Una decisione che importa sulle entrate della Fondazione per più di 70 milioni di euro. Un conto troppo salato. Durante il consiglio d’amministrazione dello scorso marzo, è stato scritto che l’aumento da 800 milioni deve essere realizzato primariamente con la dismissione di assets quali le Compagnie assicurative ed eventuali altri, mentre per la parte residuale, mentre per la parte residuale, che il Consiglio si augura sia la minore possibile, attraverso un aumento del capitale sociale da offrire in opzione agli azionisti”.

Ennio La Monica, Direttore Generale del gruppo, ha già messo in vendita Carige Danni e Carige Vita, le due compagne di assicurazione da cui conta di recuperare tra i 400 e i 600 milioni di euro. Cinque outsider sono in lizza, tra cui MunichRe, Allianz, Axa, Zurich e Cattolica, le stesse impegnate sulla trattativa Unipol-Milano Assicurazioni.

 
 
 

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