Altro ke Adamo ed Eva---ecco la nostra origine

Post n°15 pubblicato il 22 Agosto 2006 da freud77

 

 

Gente, se vi vengono a raccontare che tutti i mali esistenti a questo mondo ci sono capitati fra capo e collo per quel peccatuccio commesso dalla venerabile madre Eva in quel negozietto di frutta e verdura che era il Paradiso Terrestre, non dategli retta; le cose non sono andate così. C’è sempre di mezzo una donna, ma in realtà si è venuto a scoprire che si chiamava Pandora, una bella mortale piena di tante buone qualità donatele dai Vip dell’Olimpo ma che, come Eva, si dimostrò altrettanto svampita da far cadere il mondo in quel po’ po’ di casino di cui tutti siamo beneficiari: il dolore, l’infelicità, la morte. Bel guaio, eh?

 .

Vi racconto com’è andata, cominciando dall’antefatto. A uno stretto parente di Zeus, un certo Prométeo, imparentato un po’ con tutta la jet-society dell’Olimpo, un giorno venne un’idea rivoluzionaria, direi quasi “comunisteggiante”: far partecipare anche la derelitta umanità almeno a uno di quei benefici di cui sino allora avevano goduto in esclusiva solo gli dèi. E pensò, per esempio, di rubare agli Olimpici il fuoco, facendone un bene di tutti. “Perché  - deve essersi chiesto -  gli uomini devono mangiare carne cruda, non possono accendere il termosifone e devono fare la doccia con l’acqua fredda?”. Gran benefattore, non c’è che dire. Grazie a lui e a quell’altro benemerito di Bacco che ci ha fatto il regalo del vino, oggi l’uomo mangia cibi cotti, si abbuffa, si sbronza... e digerisce meglio.

Ma  - chissà perché -  quei bricconcelli degli dèi (e tutti quelli che nella vita manovrano la stanza dei bottoni) sono sempre stati gelosi dei loro privilegi, contrariati dal fatto che il meschino subalterno uomo riuscisse a godere in qualche modo di quello che era “loro” in esclusiva. E mal gliene incolse, quindi, al povero Prometeo (vai a fare del bene alla gente), reo di aver commesso in sostanza un reato di spionaggio industriale. Il burbero Giove, che, fra un amorazzo e l’altro, trovava anche il tempo di consultare i sondaggi demoscopici, si accorse con vivo disappunto che, col dono di Prometeo, l’umanità era diventata più felice e baldanzosa, perché aveva anch’essa un bene “in comune” con gli dèi.

E fulminea, è il caso di dirlo, è la reazione di Giove contro il nostro anti-G-8 dell’epoca: lo sbatte su un’alta rupe di un monte sperduto, ce lo incatena per bene e lo fa sollazzare ogni santo giorno dalla rapacità di un’aquila che gli divora il fegato; il fegato ricresce durante la notte, e l’indomani il rapace riprende il suo pasto. Niente male in quanto a inventiva, questi dèi. E non è finita qui.

Il padre Giove si spinge anche oltre nel rimettere le cose a posto, come erano… ai bei tempi dell’Ancient Régime: l’uomo comincia a essere più felice e più sicuro di sé? Niente paura, ci penso io. E, pensa che ti ripensa, ne inventa un’altra; escogitare qualche altro malanno per la vita dell’uomo, per un dio è uno scherzetto da ridere. E decide di farcene dono.  

Il fantasioso Padre degli dèi aveva alle sue dipendenze un certo Efesto, il Vulcano dei latini, il defraudato dio del fuoco che si occupava di acciaierie, altiforni, industria pesante. A lui, che sapeva far uscire dalle sue fabbriche anche mirabili oggetti d’arte (come fu poi lo scudo di Achille, di omerica memoria), Giove dà un incarico di alta creatività: “Créami una donna - gli dice - , falla con terra impastata con l’acqua, ma deve venir fuori un capolavoro, una donna bellissima. Voglio punire l’alterigia degli uomini, e lei sarà la mia vendetta”. Efesto, che aveva un atélier ben attrezzato dove pare avesse reclutato i migliori art-designers reperibili sulla piazza, non se lo fece dire due volte, e gli modellò con la creta un pezzo di ragazza che era di una bellezza da capogiro, alla quale Giove, a sua volta, infuse la vita col suo divino alito, forse un po’ appesantito da una cena troppo abbondante la sera prima.

 

Ma torniamo alla nostra donzella, ormai in carne e ossa, e con nel sangue la linfa vitale infùsale da un dio; e a questa donzella il padre Giove dà un nome: la chiama Pandora, che in greco vuol dire “tutta un dono”.

Racchiudeva in sé, in effetti, ogni ben di dio, questa novella nata; tutti gli dèi le avevano fatto un regalo mentre si accingeva a lasciare l’Olimpo per scendere fra i mortali: da Venere aveva avuto il fascino, da Minerva la vivacità d’intelletto, da Giunone le doti di buona moglie, e da Giove tutte le caratteristiche di una gran…. buonadonna.

Perché in effetti una gran buonadonna si rivelò ben presto, combinando quel po’ po’ di guai in cui da allora noi tapini mortali ci dibattiamo: i mali della vita. Giove infatti, quel bricconcello, le aveva fatto dono anche di un vaso ben sigillato, con l’ordine perentorio di non aprirlo mai: un po’ come la proibizione di mangiare una certa mela, fatta ad un’altra svampitella, una certa Eva, in un'altra pagina delle umane credenze religiose… ( Curiosi, però, questi dèi: ci mettono davanti a un bel melo ma ci vietano di mangiare i suoi frutti; ci fanno un regalo ma ci dicono di non aprirlo…. Ma c’è un perché: dovevano insegnare all’uomo chi era il “capobranco”, imporgli dei paletti nel comportamento, e dettargli delle leggi morali: è lo scopo benefico di tutte le religioni; e di tutti i grandi uomini di cui è piena la storia delle religioni. Mosè disse che i dieci Comandamenti glieli aveva dettati Dio: in effetti fu lui un grande legislatore, che creò regole per rimettere in riga e sotto controllo quelle ingovernabili tribù che erano allora il popolo d'Israele ).

 

 

Ma concludiamo con la nostra Pandora. Sapete cosa diciamo noi uomini di fronte a un divieto? “Lo faccio perché è proibito”. E' più forte di noi: se in un ufficio pubblico scrivessero che è permesso fumare, saremmo capaci di smettere; (poi, adesso che hanno messo quegli annunci mortuari sui pacchetti di sigarette, fumiamo ancora di più). E anche Pandora si comportò nello stesso modo, nemmeno lei seppe resistere alla tentazione di trasgredire per sapere cosa ci fosse dentro quel vaso. E, per dirla con gli Americani, fu come mettere dello sterco nel ventilatore. In quel vaso c’erano tutti i mali del mondo, che come un turbine nero si sprigionarono in un baleno, e  - fu la punizione del domeneddìo dell’epoca -  invasero la terra e la vita degli uomini.

Non si salvò nemmeno un angolo sperduto nel deserto o su un picco di montagna; regge e stamberghe ne furono ammorbati in uguale misura. Nel mondo era arrivato il dolore.

Sul fondo del vaso ormai svuotato era rimasta, però, ancora qualcosa: forse un rimorso o un ripensamento di Giove che, nell’intimo, sapeva anche essere misericordioso. Un qualcosa che il dio lasciava agli uomini affinché, pur fra i travagli, riuscissero a sopportare la vita. Era la speranza.

 

 
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La genesi

Post n°14 pubblicato il 22 Agosto 2006 da freud77

              

La genesi del mondo greco

All'inizio esisteva solo il Caos, da esso si separarono tutti gli elementi.
Nacquero Gea la Terra, Eros l'amore, il Tartaro (l'inferno), l'Erebo 
(la tenebra) e Nyx (la Notte). Da Erebo e Nyx (la Notte) nacquero
l'Etere (l'Aria) ed Emera (la Luce), mentre da Gea nacquero Urano
(il cielo) e Ponto (il mare). Da Gea e Ponto nacquero Euribia, Forco,
Ceto, Taumante e Nereo.Urano e Gea furono i primi veri genitori
del mondo mitologico greco, da loro nacquero gli Ecatonchiri,
esseri soprannaturali con 50 teste e 100 braccia. A loro seguirono i
Ciclopi, talmente disgustosi, che il padre decise di nasconderli
nelle viscere della Terra. Per ultimi nacquero i Titani.Gea era indignata
col suo sposo per aver nascosto i propri figli sotto terra e chiese
l'aiuto dei Titani per punirlo. Il primo a rispondere fu Crono, che aggredì
Urano mentre dormiva. Con un falcetto gli tagliò i testicoli, dal sangue
che cadde sulla terra nacquero i Giganti, le Erinni e Afrodite nacque
dalla spuma del mare dove erano precipitati gli organi maschili di Urano.

Zeus e gli dei dell'Olimpo

Crono sposò la sorella Rea, ma, per evitare di essere detronizzato da
uno dei suoi figli come indicato da una predizione di Urano, li
divorava tutti. Rea scoperto di dover partorire il suo sesto figlio si
ritirò in Arcadia, dove nacque Zeus.
Crono scoperta la nascita andò su tutte le furie e ordinò di cercare il
bimbo. Rea per proteggere Zeus, diede una pietra avvolta in fasce
e Crono ingoiò la pietra. Una volta cresciuto, Zeus si vendicò del padre,
aiutato dagli Ecatonchiri, e lo costrinse, tramite una pozione versata
nel calice che li fornì Meti, a restituire tutti i figli ingoiati. Iniziò così la
guerra tra vecchi e nuovi dei. I Titani fedeli a Crono, guidati da Atlante
sfidarono Zeus e i suoi fratelli con i Titani ribelli e gli Ecatonchiri o
Centimani. Zeus, per vincere la guerra si rivolse ai Ciclopi,
liberandoli dalla loro prigionia imposta da Crono. I Ciclopi così
donarono a Zeus, il fulmine, a Poseidone, un tridente e ad Ade un
 elmo che lo rendeva invisibile. Così armati riuscirono a colpire mentre
i Ciclopi e i Centimani sconfiggevano i Titani.

                                  CAOS
                                      |
                                    Gea
                                      |
        Afrodite<--evirazione----Urano+Gea
                                      |   
                                      |
                                      |
      ――――――――――――――――――――――――――――――――――――――――――――――――――――――――――――――――
      |         |              |          |         |                |
   Oceano    Iperione    Crono + Rea   Tifone    Giapeto         Mnemosine
                |              |                    |                |
         ―――――――――――――――       |            ――――――――――――――――――       |
         |      |      |       |            |       |        |       |
       Elio    Eos   Selene    |       Epimeteo  Atlante  Prometeo  Muse
                               |
           ――――――――――――――――――――――――――――――――――――――――――――――――
           |         |         |       |        |         |
         Estia   Poseidone    Ade     Zeus     Era     Demetra
                     |                 |                  |
                     |                 |                  |
                     |                 |                  |
               Bellerofonte            |              Persefone
                                       |
     ――――――――――――――――――――――――――――――――――――――――――――――――――――――――
     |        |        |      |     |     |     |        |        
   Ermes  Artemide  Apollo  Ares  Atena  Ebe  Efesto  Dioniso

 
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Delfi

Post n°13 pubblicato il 22 Agosto 2006 da freud77

L'oracolo di Delfi è un santuario dedicato al dio Apollo proprio della mitologia greca.

Fu Zeus a scegliere la sua localizzazione a Delfi: egli fece volare due aquile attorno alla terra in direzioni opposte, il punto in cui si incontrarono fu Delfi, "il centro del mondo".
Vicino alla fenditura della roccia dalla quale usciva la voce dell'oracolo, si trovava una pietra incava a forma di ombelico (omphalos). In epoca classica l'oracolo viveva in una caverna (Adyton) sotterranea situata sotto il tempio di Apollo.
Prima della decisione di Apollo di fondarvi il suo santuario, sul luogo ne esisteva già un altro consacrato alla Madre Terra (Gea) e custodito da un serpente, secondo altri da un drago.
Nella seconda versione, fu proprio il drago, Pitone, a dare il nome al luogo e Apollo fu costretto ad ucciderlo, per vendicare Leto (sua madre), che il drago aveva tentato di far morire. Da quel momento Apollo assunse anche il nome di Pitio.
Un'altra versione da al drago la custodia della fonte di Delfine, un vecchio oracolo, spiegando l'etimologia della parola Delfi, da delphys che significa viscere della terra.L'oracolo veniva reso da una sacerdotessa di Apollo, Pitia(o Pizia), che sedeva su un tripode, simbolo del dio. La sacerdotessa rimaneva in stato ipnotico, ma non si sa a cosa fosse dovuto, forse a vapori provenienti dalla terra. Alcuni racconti la indicano mentre mangia foglie di alloro, la pianta preferita del dio Apollo.
Il motivo del suo stato non è comunque importante, l'unica cosa certa è che le sue parole erano ascoltate col più profondo rispetto e accettate da chiunque vi si recasse.
Le domande da porre all'oracolo venivano consegnate ad un sacerdote, che le portava alla Pitia. La sua risposta veniva trascritta da un altro sacerdote e comunicata a chi aveva posto la domanda. Spesso le sue risposte erano ambigue, come nel caso di quella a Creso, ricco e potente re della Lidia, che volle sapere se doveva o meno fare guerra ai persi.
L'oracolo rispose che se fosse partito per la guerra avrebbe distrutto un grande regno. Creso partì fiducioso, ma venne sconfitto provocando la rovina del proprio regno. Nella maggior parte dei casi l'oracolo esprimeva il punto di vista dell'ordine.
È da notare che l'oracolo riconobbe ufficialmente Dioniso, accogliendolo favorevolmente proprio a Delfi, riconoscendo che la religione di Dioniso era altrettanto necessaria come le altre già esistenti.
Talora le risposte erano categoriche. Quando Cerefone chiese se esistesse un uomo più saggio del suo amico Socrate, la risposta fu «No».
Anche Eracle si accostò all'oracolo per avere risposta che, sollecitata invano, lo rese furente, tanto da spingerlo ad impadronirsi del tripode sacro della Pitia. Occorse l'intervento di Zeus per porre fine alla disputa tra lui e il dio Apollo stesso.

Il declino di Delfi e dell'oracolo quale centro di valori morali e di ricerca dell'integrità, avvenne parallelamente alla decadenza storica della Grecia antica stessa. Lo scontro con la supremazia macedone, l'annientamento delle città greche, l'invasione romana, accompagnata dal saccheggio del santuario nell'86 ad opera di Silla, nonché la moda dell'astrologia, contribuirono alla morte della religione apollinea.

Tanto che nel 360 quando Giuliano, ultimo degli imperatori romani che aderì al paganesimo, volle avere un responso dall'oracolo gli fu data questa risposta: "Dite al re che sono crollate le corti sfarzose, Febo non abita più qui, non ha più lauro oracolare né sorgente che favella; l'acqua parlante si è ammutolita".

Pochi anni dopo l'imperatore Teodosio I, nell'anno 391 d.C., con un editto decretò la fine dei culti pagani e nel 394 d.C., la chiusura definitiva del santuario.

 
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Le porte dell'inferno

Post n°12 pubblicato il 22 Agosto 2006 da freud77

Lo Stige era il fiume principale degli inferi.Nelle sue acque, Teti vi immerse Achille, rendendolo invulnerabile. Nella Divina Commedia è il fiume che lambisce la città di Dite e che forma poi una palude nella quale Dante immerse gli accidiosi e gli iracondi (Inferno, VII, 106).

Acheronte è uno dei due fiumi del mondo sotterraneo della Mitologia greca. Talvolta nella letteratura si parla dell'Acheronte come una vasta palude (come nelle Rane di Aristofane)

Tutti i defunti, ricevuta adeguata sepoltura, arrivavano alla sua sponda, o a quella dello Stige, ed era Caronte a trasportarli sulla sponda opposta.

Figlio della dea Gea (Terra), poiché aveva dato da bere ai Giganti in lotta contro Zeus, fu da questi trasformato in fiume e condannato a restare per sempre sotto terra.

 
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La voce della verità..

Post n°11 pubblicato il 22 Agosto 2006 da freud77

Pizia (detta anche Pitia) nell'antica Grecia era la sacerdotessa che pronunciava gli oracoli in nome di Apollo nel santuario di Delfi.

Inizialmente era una giovane a ricoprire questa funzione, in seguito un'anziana perché una sacerdotessa fu rapita da un uomo che se ne invaghì. La sua collocazione era in fondo al tempio, in stato d'estasi.

Ruderi nei pressi del tempio

L'atmosfera suggestiva del monte Parnaso dove sorgeva il tempio, i rumori delle correnti dei fiumi naturali, il sollevarsi improvviso degli uccelli dagli alberi, si dice inducesse nelle folle persino manifestazioni di entusiasmo fanatico di adorazione accesa mentre la sacerdotessa interpretava questi fenomeni naturali come avvertimenti degli dei. A questo aggiungiamo i lampi, le nuvole, la pioggia, il sangue del sacrificio animale e il fuoco acceso nel santuario nelle cui fiamme la Pizia alla fine vedeva chiaramente il presagio come se fosse là, davanti a tutti

 
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