Precariato
Rabbiosa e violenta e la vita,
morsa da mille vermi
che la scavano fino al succo.
Marcisce fino alla radice la verità.
Rimpiazzata dalla percezione
della realtà,
impressa di un,
io accondiscendente.
Ovattato nel buio,
con conati periodici,
scavo la mia buca vicino all’oceano.
È un mare calmo quasi piatto.
Mail futuro non esiste,
in questo posto
di transenne e cantieri aperti
e chiusi,
e società di comodo e comodi tutti!
Nessun proseguimento
di quello che siamo,
la vita si ferma con noi,
paese di vecchi, e stanchi giovani.
Ma il posto migliore dove vivere,
il migliore dei tempi non è….
E scandisci la vita anno per anno,
in spazi di tempo
che sanno straziarti,
nell’attesa di un insicuro,
oramai divenuto costante.
Incitare a coincidere gli altri con noi,
che non siamo peggiori
ma diversi nello stile di vita
e nei modi di fare,
in questi anni sbagliati.
In cui tutto è attonito,
fermo,
eppure si muove all’unisono.
C.Moraldi
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La penna dell'uccello grifone - ovvero L'osso che canta - Italo Calvino e Nonna Clara
Post n°305 pubblicato il 30 Maggio 2011 da claudiomoraldi
La penna dell'uccello grifone
Italo Calvino e Nonna Clara
C'era una volta un re che aveva una malattia. Allora il re chiamò a sé i due figli: "Se voi volete che io sopravviva, dovete portarmi la penna dell'uccello grifone. Ma vi raccomando di tornare sani e salvi. Prendete due cavalli per ciascuno, uno tenetelo sempre di scorta." I due fratelli partirono insieme, ma fatta poca strada si separarono. "Io vado di qua, tu dall’altra parte, così potremmo cercare meglio. Ci ritroveremo qui, in questo punto, tra un anno ". Ma i due fratelli non erano uguali. Il più giovane voleva bene a suo padre, aveva pietà per la sua malattia; l'altro, il maggiore, si augurava che morisse per prenderne il posto sul trono del regno. Tanto che, invece di darsi da fare alla ricerca della penna dell'uccello grifone, si fermò in una città, buttò via ogni suo avere, si vendette perfino i cavalli e si ridusse a fare la vita del vagabondo.
Il più giovane camminò giorno e notte, chiedendo in ogni paese notizie dell'uccello grifone. Finché, in una landa sconosciuta, incontrò quella stessa vecchia maga, che gli indicò la pianta dove viveva l'uccello grifone e gli insegnò come prendergli la penna. "Sali sulla pianta e nasconditi bene tra i rami,non ti far vedere. Quando ti sei appostato per bene, prendigli una penna e tienila stretta”. Quando il sole spuntò, l'uccello si alzò in volo, e la penna allora gli resto tra le mani. Tutto contento, tornò verso casa. "Chissà cosa avrà fatto mio fratello", pensava, "adesso lo ritroverò e sarà certo contento anche lui. Così nostro padre guarirà". E cammina cammina, arrivò al luogo dell'incontro. Suo fratello era già là ad aspettarlo, tutto lacero e sporco per il suo vagabondare. "Ho trovato la penna dell'uccello grifone", gridò, appena lo vide, ancora lontano. "Lo vedo, lo vedo", disse il fratello maggiore. "I miei cavalli sono morti per la stanchezza e ho speso tutti i miei soldi per pagare la gente perché mi aiutasse a trovare la penna. Guarda come sono ridotto!", disse mentendo. "Non importa fratello mio! L'importante è che uno di noi due l'abbia trovata e che torniamo vivi e vegeti da nostro padre" "Posso vederla?", domandò, e mentre suo fratello si girava per prenderla estrasse dalla tasca un coltello e lo ammazzò. Poi lo seppellì in un prato fiorito, che ricopriva con il suo manto un ponte di terra battuta. Indossò i vestiti del fratello ucciso, prese i suoi cavalli e tornò a casa. "Papà, sono tornato! Ti ho portato la penna dell'uccello grifone" "Ma tuo fratello dov'è " "Non lo so. Per cercarla meglio abbiamo preso due strade diverse. Speriamo non sia rimasto preda delle bestie feroci", disse ostentando preoccupazione. Il re guarì e tutti i giorni aspettava l’arrivo del secondo figlio. ma giorno dopo giorno, il ritorno si faceva sempre più lontano, le speranze nutrite fino ad allora si assottigliarono sempre di più.
Il figlio, era sepolto nel prato sul ponte che dove crescevano ormai rigogliosi denti di leone ai due lati del ponte stesso, e le persone cominciarono a chiamarlo così, cioè ponte Leone su quel ponte c’era qualche tipo di magia il prato non si ingialliva ma rimaneva verde ed era sempre fiorito. anche d’inverno. Passò molto tempo.
Un giorno, sul quel ponte passò, un pastore trovò un osso che spuntava dalla terra, con il quale si costruì un flauto. Quando provò a suonarlo, ne uscì come per miracolo una melodia: suonami bene suonami male per la penna dell’uccello grifone m’ hanno ammazzato sul ponte Leone"
Presto il pastore, divenne famoso facendo sentire in giro per le fiere il suo flauto meraviglioso e la gente comincio a mormorare di canzoni malinconiche cantate dal vento. La cosa giunse all'orecchio del re che convocò il pastore a corte. "Ho sentito che hai un flauto che canta da solo. Posso sentirlo?" "Subito, maestà". E il pastore iniziò a suonare. Quando il re sentì la melodia, Riconobbe la voce del figlio e l'anima gli si riempì di dolore. Volle provare a suonare lui stesso il flauto. per la penna dell’uccello grifone m’ hanno ammazzato sul ponte Leone" per la penna dell’uccello grifone Poi si mise in un cantuccio a pensare sulla crudeltà della vita: era guarito ma era rimasto senza figli.
E ancor oggi nelle fiere si racconta che tanti anni fa, c'era un pastore che meravigliava il mondo con il suo flauto fatto con un osso, che cantava da solo.
Scritta tra l’aiuto di internet ed i ricordi di: Claudio MORALDI
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