Precariato
Rabbiosa e violenta e la vita,
morsa da mille vermi
che la scavano fino al succo.
Marcisce fino alla radice la verità.
Rimpiazzata dalla percezione
della realtà,
impressa di un,
io accondiscendente.
Ovattato nel buio,
con conati periodici,
scavo la mia buca vicino all’oceano.
È un mare calmo quasi piatto.
Mail futuro non esiste,
in questo posto
di transenne e cantieri aperti
e chiusi,
e società di comodo e comodi tutti!
Nessun proseguimento
di quello che siamo,
la vita si ferma con noi,
paese di vecchi, e stanchi giovani.
Ma il posto migliore dove vivere,
il migliore dei tempi non è….
E scandisci la vita anno per anno,
in spazi di tempo
che sanno straziarti,
nell’attesa di un insicuro,
oramai divenuto costante.
Incitare a coincidere gli altri con noi,
che non siamo peggiori
ma diversi nello stile di vita
e nei modi di fare,
in questi anni sbagliati.
In cui tutto è attonito,
fermo,
eppure si muove all’unisono.
C.Moraldi
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OROLOGI STANCHI (finita)
Orologi ruotano violenti,
in stanze vuote,
fatte di pareti strette, tristi.
Infrangendosi tra intonaci azzurri,
che scuriscono grevemente e piano.
In questa mia solitudine,
le ore passano, sfilano rimbombando,
sopra vetrine di specchi cavi
e i rumori che ne derivano,
sono assordantemente acuti,
e macabri insieme.
Si piange stancamente qui,
in questa parte di spazio vuoto,
incostante e senza tregua,
composto da ricordi marci
e di momenti scaduti da tempo.
Invano mi accingo a credere
ad un futuro,
che sia migliore della mia malinconia
e del vento di tutti i giorni.
Accorgendomi, che per ogni momento perso,
si creeranno buchi di tempo, riempiti da vuoti neri,
che troncano spazi di memoria continua e antica.
Perdendo ogni istante qualcosa avuto,
portato via, perduto e disperso,
nel sereno di un lenzuolo bianco.
In questi periodi freddi di sangue rappreso,
dove ogni goccia è follia della vita,
ed lo stesso futuro, si piega di fonte,
ad una volontà non più tua.
Ora animi scossi da malinconie involontarie,
crepano muri originati vergini,
e abbelliti insieme con speranze giovanili
e impazienze scomposte, per agire in due.
Non si cresce più,
si invecchia soltanto con rantoli neri,
macchie sugli occhi,
ci fanno vedere un mondo diverso.
Piccole scialbe dimenticanze senili.
Ripetendo sempre le stese litanie,
e le stesse lacrime vecchie deluse dal tempo,
deluse da noi,
che eravamo migliori,
di quelli che siamo.
Non si ama più come prima,
si ricorda soltanto la sfocata sofferenza del tempo,
concentrata in momenti distillati,
di singoli piccoli attimi, riportati al presente,
per viverli ancora.
Claudio MORALDI