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Antonio Schiavone, Angelo Laurino, Roberto Scola, Rocco Marzo, Antonio Santino, Rosario Rodinò, Giuseppe Demasi. E’ trascorso un anno da quando, nella notte del 6 dicembre, il rogo infernale divampato alla linea 5 della ThyssenKrupp di Torino ha falcidiato sette vite e distrutto sette famiglie, sottoposte anche a giorni di agonia terribile.
Un anno dopo ricorre il tempo della commemorazione e della partecipazione al cordoglio. Ma anche quello dell’impegno civile e politico contro gli omicidi e gli incidenti sul lavoro: il solo modo per onorare sinceramente la memoria e il valore di quelle sette vite strappate al mondo e ai propri affetti, insieme a tutte le altre che ogni giorno sono vittime inermi della criminalità di un lavoro sempre più spogliato di dignità e rispetto.
La cinica contabilità dell’insicurezza sul lavoro conta quest’anno sino a ieri 975 morti, 975.838 infortuni, 24.395 invalidi. Ogni anno il lavoro uccide, mutila, ferisce più di tutta la criminalità. Ogni anno quello delle vittime del lavoro è più duro di un bollettino di guerra: di una guerra cronica ma non combattuta, di una patologia sociale ma non contrastata.
La criminalità del lavoro colpisce infatti in modo sempre più indiscriminato, dalla manovalanza in nero – vittima principale e spoglia di qualunque tutela – a chi detiene responsabilità direttive, nella misura in cui la frenesia della produttività e l’ossessione del profitto spingono ormai a travalicare ogni gerarchia della produzione.
Nei giorni scorsi dalla magistratura è giunto un segnale importante di impegno dello stato contro gli omicidi bianchi e del quale si sentiva l’urgenza: il rinvio a giudizio disposto dal gup di Torino per i 6 imputati e per l’azienda accusati della morte dei 7 operai uccisi nel rogo alla ThyssenKrupp. Un atto tanto più significativo in quanto è la prima volta che la procura ha chiesto il rinvio a giudizio per omicidio volontario (nei confronti dell’amministratore delegato Harald Espenhanh), così come è la prima volta che si arriva a un rinvio tanto delle persone fisiche che della società.
Per contro il governo, così alacremente impegnato a installare tornelli per controllare l’andirivieni degli impiegati, non è altrettanto risoluto nel contrastare il quotidiano bollettino di guerra del lavoro, e medita anzi di depenalizzare nuovamente le responsabilità delle morti.
Occorre invece continuare ad affrontare e combattere con i fatti l’emergenza nazionale degli incidenti. A cominciare proprio dall’applicazione del Testo unico varato nella scorsa legislatura, dall’applicazione delle sanzioni e degli interventi nei confronti delle aziende. E a cominciare dai luoghi stessi di lavoro: attraverso l’assunzione della coscienza del rischio e la battaglia politica da parte delle lavoratrici e dei lavoratori, delle Rsu, delle Rls, del sindacato.
Paolo Ferrero
Segretario Nazionale PRC
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