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Post n°1 pubblicato il 17 Ottobre 2006 da frasan13

Ciao siccome la mia passione è la fotografia ho deciso di condividerla con altri per questo voglio pubblicare per iniziare una guida che darà le basi achi si avvicina per la prima volta a questa meravigliosa passione!

Bene cominciamo col parlare della fotocamera in generale e delle sue caratteristiche

###LA FOTOCAMERA###

CARATTERISTICHE

Essendo questa guida rivolta prevalentemente ai principianti, si comincerà affrontando le caratteristiche ed il funzionamento delle fotocamere reflex, ovvero le macchine fotografiche attualmente più diffuse in commercio e più utilizzate sia dai fotografi dilettanti che dai professionisti.

Le due caratteristiche principali che contraddistinguono le fotocamere reflex dalle altre (compatte, polaroid etc.) sono in primo luogo la possibilità di montare obbiettivi diversi sul corpo della macchina stessa e, in secondo luogo, quella di vedere nel mirino l'esatta immagine che si fisserà sulla pellicola (o sul sensore ccd nel caso di reflex digitali) nel momento dello scatto.

Esistono vari tipi di reflex, in questa guida tratteremo solo quelle destinate al formato 35 mm, il normale rullino fotografico da 12, 24 o 36 pose, a colori o in bianco e nero che tutti hanno avuto occasione di usare.

Queste fotocamere rispetto a quelle "compatte" completamente automatiche consentono al fotografo di determinare in maniera diversa il risultato dello scatto agendo su vari fattori che andremo più avanti delineando. Come abbiamo già accennato la fotocamera è composta da due parti fondamentali, una parte fissa, il corpo, nella quale viene alloggiato il rullino e da dove è possibile inquadrare il soggetto attraverso il mirino e una parte mobile, l'obbiettivo, attraverso il quale passano i raggi luminosi che andranno a comporre l'immagine sul piano della pellicola.

1.2a OBBIETTIVI, DIAFRAMMA E MESSA A FUOCO 

L'obbiettivo è l'elemento che primo tra tutti ricopre un ruolo fondamentale nell'acquisizione dell'immagine, infatti è attraverso di esso che passano i raggi luminosi, provenienti dagli oggetti , che in seguito colpiscono la pellicola e la impressionano.
L'obbiettivo è composto da una sistema di elementi di vetro (le lenti) concave e convesse, che si spostano lungo l'asse centrale dell'ottica determinando la messa a fuoco (come avviene nei binocoli o nei microscopi) dell'immagine sul piano della pellicola.

Esistono vari tipi di ottiche da montare sui corpi delle fotocamere, differiscono tra loro per l'angolo di campo, (l'angolo sotto il quale l'obbiettivo vede il soggetto) e sono principalmente tre: gli obbiettivi "normali" che hanno una lunghezza focale intorno ai 50 mm, i grandangolari (17-35 mm) e i "teleobbiettivi" con focale che parte dagli 80 mm e arriva, in alcuni casi, ad oltre 1000 mm. (Gli obbiettivi che usano i fotoreporter sportivi a bordo dei campi di calcio etc.)
Ma cos'è la lunghezza focale? Questo termine, indica la distanza espressa in millimetri che intercorre tra il piano della pellicola ed il centro della lente dell'obbiettivo.

La lunghezza focale di un obbiettivo normale è vicina alla misura della diagonale del fotogramma. (che nel caso del classico rullino, è 24 X 36 = 43 mm) e l'angolo di campo che copre un obbiettivo di questa focale è di 46°. (L'angolo di campo dipende dal formato del fotogramma e dalla lunghezza focale dell'obiettivo).
Gli obbiettivi grandangolari hanno un angolo di campo molto più ampio che si aggira attorno ai 74°, grazie ad essi è possibile inquadrare soggetti molto grandi oppure riprodurre interamente piccoli spazi come ad esempio l'interno di una stanza.
Al contrario i teleobbiettivi, che ci consentono di inquadrare soggetti lontani con un rapporto di riproduzione apprezzabile, hanno un angolo di campo poco ampio (dai 28° in giù). Con essi sarebbe impossibile fotografare la figura intera di una persona in una piccola stanza.

Al fine di rendere più chiara la differenza tra le varie ottiche, immaginiamo di trovarci in una sala di un ristorante, a cena con i nostri amici. Avendo a disposizione 3 obbiettivi: un 35 mm, un 50 e un 135 potremmo effettuare diverse inquadrature. Per il primo piano di chi ci è di fronte useremmo il 135, per fotografare tre amici a mezzobusto il 50 mm, per una panoramica su tutta la tavolata il grandangolare da 35mm.

Oggi sono molto diffusi gli obbiettivi "zoom", quelle ottiche che cambiano lunghezza focale e quindi angolo di campo, consentendo al fotografo di non dover montare e smontare l'obbiettivo in base alle necessità. Questi obbiettivi pur essendo oggettivamente molto utili non hanno la stessa qualità delle ottiche fisse viste in precedenza in quanto per realizzarli obbediscono a dei compromessi, sono meno luminosi e producono immagini meno nitide e contrastate.

Per luminosità di un obbiettivo si intende la sua capacità massima di trasmettere la luce alla pellicola, e dipende da due fattori: il diametro della lente frontale e la lunghezza focale ( si definisce luminosità di un obbiettivo il rapporto tra la lunghezza focale e il diametro dell'obiettivo.
 
 
1.2b Diaframma e messa a fuoco

Nel barilotto cilindrico dell'obbiettivo è alloggiato un altro fondamentale elemento; il diaframma.
Questo dispositivo determina la quantità di luce che passa al momento dello scatto. E' formato da alcune lamelle metalliche che scivolando su loro stesse determinano il diametro di un foro circolare più o meno ampio.
Il diaframma si apre e si chiude ad intervalli regolari che raddoppiano o dimezzano la quantità di luce che intendiamo far passare. Questi intervalli che prendono il nome di
"stop" rispettano una scala numerica, scritta sulla ghiera dell'obbiettivo, espressa nella seguente progressione :
f 1 f 1,4 f 2 f 2,8 f 4 f 5,6 f 8 f 11 f 16 f 22 f 32 f 45 f 68
In questa sezione non è importante spiegare come è stata determinata questa scala, è sufficiente sapere che al valore numerico più basso corrisponde una apertura di diaframma più grande.
Per concludere un diaframma impostato al valore f 2,8 lascerà passare una quantità di luce maggiore che se impostato allo stop successivo (4) e più precisamente il doppio.
Oltre a determinare la quantità di luce, il diaframma gestisce un altro fondamentale parametro della fotografia: la profondità di campo.
La profondità di campo rappresenta la porzione di spazio che risulta nitida in una foto.
Questa distanza può essere più o meno estesa e questo dipende da vari fattori:
Il valore del diaframma, la distanza che intercorre tra la macchina e il soggetto e la lunghezza focale usata.
Una regola fondamentale da conoscere è quella per cui la profondità di campo si estende per un terzo davanti al soggetto messo a fuoco (verso noi che lo fotografiamo) e per due terzi dietro di lui. Questo vale con qualsiasi valore di diaframma impostato, a qualsiasi distanza dal soggetto e con qualsiasi ottica.
Come abbiamo detto l'impostazione del diaframma determina la misura della profondità di campo, più è chiuso il diaframma e più questa distanza aumenta (sempre mantenendosi un terzo avanti e due terzi dietro al soggetto). Per quanto riguarda le ottiche si ottiene maggior profondità di campo con le focali corte e meno con i teleobbiettivi.

In ultimo, più il soggetto è lontano dal punto di ripresa e più sarà estesa la profondità di campo.
Concludendo possiamo affermare che fotografando un soggetto lontano da noi con un ottica "corta" (es. 35 mm) ed impostando un diaframma abbastanza chiuso (11, 16 etc.) avremmo una zona nitida nella foto molto estesa.
Fino ad ora abbiamo solo accennato alla messa a fuoco, questa regolazione è forse il primo degli elementi di controllo relativi alle funzioni svolte dalla fotocamera. Ruotando la ghiera presente sull'obbiettivo, le lenti si allontanano e avvicinano dal piano della pellicola entro i limiti della filettatura interna: questo consente la messa a fuoco di un soggetto che si trova a distanze diverse.
Oggi la maggior parte delle fotocamere in commercio ha un sistema automatico di messa a fuoco (autofocus) ma nei modelli più professionali è ancora possibile mettere a fuoco manualmente.

Come abbiamo detto in apertura di questa guida, le fotocamere che trattiamo, le reflex monoculari, hanno il grande vantaggio di far apprezzare al fotografo la reale inquadratura che l'obbiettivo effettua. Questo grazie alla presenza di uno specchio presente nel corpo macchina, inclinato a 45° rispetto all'asse dell'ottica, che ha una doppia funzione: riflettere l'immagine nel mirino per consentire al fotografo inquadratura e messa a fuoco e, allo stesso tempo, deviare i raggi luminosi affinché non colpiscano la pellicola prima dello scatto.


1.3 L'OTTURATORE 


Dopo aver parlato del diaframma e aver visto come esso influisce sull'esposizione, facendo passare più o meno luce in base alla sua apertura, affrontiamo un altro fondamentale elemento della fotocamera: l'otturatore.
Esistono vari tipi di otturatori, in questa sezione analizzeremo solo quelli a tendina che troviamo nelle macchine moderne tralasciando il tipo "centrale" non più in uso.
Gli otturatori a tendina (a scorrimento verticale o orizzontale), sono composti da una serie di tendine che scorrendo parallelamente al piano della pellicola lasciano che essa si faccia impressionare dalla luce per un determinato lasso di tempo durante il quale rimangono aperte.
Fermiamoci un attimo ad analizzare le fasi che consentono ai raggi luminosi di giungere alla pellicola. Per prima cosa i raggi vengono intercettati dalla lenti dell'obbiettivo, passano attraverso il diaframma e, finché non premiamo il pulsante di scatto, vengono deviati dallo specchio nel mirino.
Quando lo specchio si alza, nel momento esatto in cui scattiamo, le tendine dell'otturatore si mettono in moto lasciando passare la luce per un determinato periodo: il "tempo d'esposizione".
Il tempo d'esposizione, che il fotografo gestisce grazie ad una ghiera presente sul corpo della fotocamera obbedisce ad una scala che venne elaborata con un criterio simile a quello del diaframma affinché tra di loro vi fosse un nesso durante la misurazione dell'esposizione.
Ogni valore è quindi la metà di quello che lo precede ed il doppio di quello successivo.
I tempi possibili da impostare possono essere, in base al modello della fotocamera, da 30 secondi ad 1/8000 di secondo, passando naturalmente per tutti i valori intermedi (15s, 8s, 4s, 2s, 1s, 1/2s, 1/4s, 1/8s...).

Ora sappiamo come gestire la quantità di luce che vogliamo vada ad impressionare la nostra pellicola. Abbiamo a disposizione due dispositivi: il diaframma, e l'otturatore.
Il primo sfrutta lo spazio (quello in cui passano i raggi) il secondo il tempo. Se non è immediato capire come il diaframma produca effetti diversi sulle nostre foto (estensione della zone nitida) è più facile capire come l'otturatore, che agisce sui tempi, possa influire sulla resa di oggetti in movimento.
Se utilizziamo un tempo di scatto breve sarà più facile congelare il movimento di soggetto che vogliamo inquadrare.
Si è precedentemente accennato allo "stop" come intervallo tra i diversi valori del diaframma, la stessa cosa è valida per l'otturatore, aprire di uno stop il diaframma equivale a passare tra un tempo di scatto di 1/250 a 1/125 (raddoppiando il tempo di posa).

 
 
1.4 L'ESPOSIMETRO E L'ESPOSIZIONE 


Sappiamo come utilizzare diaframma ed otturatore per far arrivare più o meno luce alla pellicola ma come facciamo a quantificare la luce necessaria affinché la foto risulti esposta correttamente?
E' facile intuire che in condizioni di luce molto diverse (giorno-notte, chiuso-esterno) sarà necessario impostare differentemente la nostra fotocamera per realizzare un'immagine che non risulti troppo scura o estremamente chira, o meglio, per scattare fotografie in cui possano essere letti i dettagli sia nelle zone più scure che in quelle estremamente luminose.
Per fare queste misurazioni ci viene in aiuto un altro componente fondamentale: l'esposimentro.
Anche in questo caso ne esistono di due tipi, quelli incorporati alla fotocamera e quelli esterni.

In questa sezione tratteremo gli esposimetri incorporati che "leggono" la luce attraverso l'obbiettivo, in TTL (through the lens - attraverso l'obbiettivo).
L'esposimetro misura l'intensità della luce presente nella scena che vogliamo fotografare e ci indica il valore corretto del diaframma e del tempo da impostare.
Questo naturalmente in base ad un valore assoluto (che non può essere variato a differenza degli altri) che è la sensibilità della pellicola.
La parte principale di un esposimetro è composta da una cellula fotosensibile collegata ad un circuito elettronico. Nel momento in cui viene colpita dalla luce (deviata dallo specchio a 45°), la cellula produce corrente elettrica che in base alla sua intensità restituisce i valori sopra citati. Nel caso di una scena molto luminosa, come ad esempio un panorama in una giornata di sole, l'esposimetro riceverà una forte intensità di luce, e sapendo che la pellicola da impressionare ha una sensibilità precisa, ci suggerirà di usare una "coppia" tempo diaframma corretta ad impressionare il fotogramma.
Abbiamo qui introdotto un altro concetto base della fotografia: La coppia tempo-diaframma.


Questa coppia di valori è quella che determina la giusta esposizione della pellicola e rispetta una legge chiamata "della reciprocità" secondo la quale gli aumenti e le diminuzioni del flusso luminoso (gestiti dal diaframma) sono compensati da aumenti e diminuzioni proporzionali del tempo (otturatore) in cui tale flusso si faccia pervenire alla pellicola.

Per chiarire meglio, immaginiamo di fotografare una scena che presenta un tot di luce "x", l'esposimetro fatta la lettura ci indicherà una coppia di valori necessaria, ad esempio f 8 - 1/125s. Impostando questi valori sul diaframma e sull'otturatore avremmo una foto esposta correttamente.
La legge della reciprocità che regola questi valori ci permette di cambiarli in modo da far passare sempre la stessa quantità di luce, stringendo il diaframma e, contemporaneamente, aumentando il tempo di scatto, e viceversa.
Questo ci consente di sfruttare i diversi effetti che le impostazioni di tempo e diaframma hanno sulla resa finale della foto (profondità di campo, blocco del movimento, etc.).

Il fotografo quindi ha la possibilità di dare priorità ad uno di questi due fattori, tempo e diaframma in base alle necessità del caso. Il fotografo sportivo, avrà bisogno di usare tempi brevi che congelino il movimento degli atleti, rinuncerà così a qualche stop in più sul diaframma, il paesaggista con la macchina sul cavalletto si potrà permettere tempi lunghi in favore di una maggiore profondità di campo data dal diaframma chiuso.

 
 
 
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Un blog di: frasan13
Data di creazione: 17/10/2006
 

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