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Concludiamo....

Post n°2 pubblicato il 17 Ottobre 2006 da frasan13

Ora voglio concludere parlando delle caratteristiche della pellicola e sia dello sviluppo che della stampa, e infine voglio dare alcune nozioni sulla luce e l'illuminazione!

###PELLICOLE SVILUPPO E STAMPA###


2.1 LE PELLICOLE 


La pellicola è l'elemento fisico dove si va a fissare l'immagine che abbiamo inquadrato attraverso il nostro obbiettivo.
I raggi luminosi che provengono dal soggetto hanno attraversato il diaframma, e in base al movimento più o meno rapido dell'otturatore giungono in quantità maggiore o minore sulla pellicola impressionandola.
La pellicola è costituita da una serie di strati, il primo dei quali è di materiale sintetico e funge da supporto agli altri, su di esso infatti viene stesa l'emulsione vera e propria.

L'emulsione è composta da sali d'argento sensibili alla luce che, mescolati in una gelatina secca, una volta colpiti dalla luce subiscono una trasformazione chimica.
Da questo processo chimico si forma l'immagine latente dalla quale per effetto dello sviluppo ha origine l'immagine negativa.
Le pellicole vengono prodotte nei vari formati delle fotocamere ma hanno per tutti le stesse caratteristiche.
Esistono principalmente due tipi di pellicole, per negativi e per diapositive.
Le pellicole negative, da cui ricaviamo le stampe a colori o in bianconero sono le più diffuse mentre le pellicole per diapositive vengono usate dai fotografi più esperti e quasi unicamente per le foto a colori.
Caratteristica fondamentale che differenzia le pellicole è la loro sensibilità alla luce. Ovvero la capacità di registrare l'immagine di un soggetto illuminato.
In base alla propria sensibilità le emulsioni vengono classificate in "lente", "medie" e "rapide" e più precisamente descritte per mezzo di una unità di misura che è ormai standardizzata e che va dai 6 a 3200 "ISO".
La pellicola più diffusa in commercio ha sensibilità pari a 100 iso, grazie ad essa è possibile esporre correttamente nelle situazioni di luce più comuni e con attrezzature di ogni tipo. Il fotoamatore più esigente però ha bisogno di una scelta più ampia per poter operare anche in condizioni di luce estreme.
E importante a questo punto notare come il valore della sensibilità della pellicola si vada ad inserire come terzo e fondamentale fattore per il calcolo della corretta esposizione dopo (non per importanza) l'apertura del diaframma e il tempo d'otturazione.

Finora abbiamo considerato questi 2 valori e abbiamo visto come la coppia tempo-diaframma rispettasse una regola di reciprocità dove all'aumentare dell'uno deve necessariamente dimezzarsi il secondo.
Secondo quanto detto il terzo valore, quello della sensibilità della pellicola, rispetta questa regola e ad ogni incremento di esso (da 100 a 200 ISO) deve dimezzarsi uno tra gli altri 2 valori. A scanso di equivoci facciamo un esempio concreto.
Poniamo il caso di montare nella fotocamera una pellicola da 400 iso, dando priorità al tempo di scatto lo impostiamo a 1/500; l'esposimetro ci comunica che in quella condizione di luce l'apertura del diaframma richiede un valore di f 5,6.
Se avessimo montato una pellicola meno sensibile, ad esempio 100 ISO, avremmo avuto bisogno di due stop in più per esporre correttamente ed avremmo aperto il diaframma fino a 2,8.
Essendo quello della sensibilità un valore fisso (in quanto una volta caricato il rullino non lo possiamo variare) è molto importante fare una scelta oculata della pellicola di cui abbiamo bisogno.
Ma quali sono le differenze di resa tra una pellicola lenta come un 25 ISO e una molto rapida come un 1600 ISO?
Principalmente la grana, le pellicole poco sensibili quando vengono stampate presentano una grana molto fine, al contrario le pellicole rapide hanno una grana molto evidente.
In secondo luogo la saturazione, ad aumentare della sensibilità diminuisce sensibilmente. Anche il contrasto di una foto viene determinato in parte dalla scelta della pellicola, chi necessità di stampe molto contrastate dovrà indirizzarsi necessariamente su pellicole al di sotto dei 400 ISO.
Ricapitolando abbiamo a disposizione vari tipi di emulsioni. La scelta di una o l'altra soluzione dipende spesso da più fattori, principalmente le condizione di luce, il tipo di soggetto e l'apparecchiatura disponibile.
I fotografi di reportage usano spesso pellicole molto rapide che consentono l'uso di tempi brevi anche in condizioni di poca luce. Il ritrattista o il fotografo di natura morta che lavora comodamente in studio con l'aiuto del cavalletto può permettersi una pellicola lenta che in fase di stampa non presenta troppa grana anche ad ingrandimenti considerevoli.
Questi esempi non sono da considerarsi come delle rigide regole cui attenersi, capita spesso che per motivi formali e creativi vengano intraprese le strade opposte.
Le pellicole per diapositive presentano una forte saturazione dei colori, specie alle sensibilità più basse e vengono usate spesso dai fotografi di paesaggi per esaltare la bellezza della natura. Fino all'avvento del digitale erano considerate indispensabili per l'editoria.

 
 
2.2 LO SVILUPPO 

Abbiamo visto in precedenza come siano molteplici i fattori che definiscono la qualità e le caratteristiche dell'immagine finale.
In questa sezione vedremo come lo sviluppo e la stampa contribuiscano alla realizzazione di una fotografia.
Essendo questa guida rivolta al neofita, la spiegazione viene affrontata in riferimento allo sviluppo per il b/n che può essere effettuato abbastanza facilmente anche in casa.
E' presente negli "approfondimenti" una guida avanzata allo sviluppo dove vengono spiegati in modo preciso tutti i passaggi (sviluppo per il b/n).
Nella processo di sviluppo la pellicola, che è stata impressionata, viene sottoposta ad una serie di processi chimici. Questa fase avviene in completa assenza di luce, il supporto viene estratto dal rullino e arrotolato in una spirale, poi immerso in una serie di bagni costituiti da soluzioni di acqua e acidi.
I fattori da tenere presente prima di immergere la spirale sono: la concentrazione del bagno (ovvero la percentuale di acido per litro d'acqua.), la temperatura, il tempo necessario perché la pellicola venga sviluppata e l'agitazione a cui sarà sottoposta durante il bagno.
Questi fattori sono indicati dai produttori e cambiano in base al tipo di pellicola e di agenti chimici che utilizziamo, analizziamoli uno per uno.
La concentrazione del rilevatore è strettamente legata al tempo in quanto una soluzione molto concentrata (in cui è alta la presenza dell'agente chimico) ha effetto più velocemente sulla pellicola di quanto non faccia una soluzione molto diluita. Uno sviluppo molto concentrato è quindi più difficile da gestire e presenta una grana maggiore.
L'inconveniente di una soluzione più diluita è quello di deteriorarsi più rapidamente e quindi di poter essere utilizzata per poche pellicole.
La temperatura è un fattore fondamentale nello sviluppo, trattandosi di una reazione chimica all'aumentare di essa si accelera l'effetto del reagente.
Normalmente i bagni hanno una temperatura intorno ai 18°-22°. Il tempo è il fattore che incide più direttamente sullo sviluppo, man mano che il tempo scorre l'emulsione si modifica sotto l'effetto dell'acido.
Le zone del fotogramma colpite maggiormente dalla luce sono quelle che nel negativo avranno maggiore densità e sono quelle che più risentono dell'effetto del tempo, le zone in ombra che hanno impressionato meno la pellicola rimarranno quasi trasparenti e all'aumentare del tempo di sviluppo cambiano meno.
L'agitazione serve a staccare lo strato di rivelatore che dopo aver agito si attacca alla pellicola, consentendo così che la soluzione possa continuare ad agire efficacemente per tutto il tempo necessario.
La tank che contiene le spirali viene "shakerata" ad intervalli regolari per un numero preciso di volte.
La mancanza dell'agitazione produrrebbe un negativo debole con poco contrasto tra le zone chiare e quelle scure, una poca densità nelle alte luci.
Terminata la fase dello sviluppo la pellicola viene immersa in una nuova soluzione, il bagno d'arresto.
Questa operazione serve appunto ad arrestare il processo di sviluppo che è stato determinato in un tempo ben preciso e che non deve continuare ad agire oltre sulla pellicola.
L'ultimo bagno è quello del fissaggio, serve al negativo per conservarsi nel tempo.
Dopo il lavaggio in acqua corrente il negativo è pronto per essere asciugato, tagliato e stampato.

 
 
2.2 LA STAMPA 

Una volta sviluppato, lavato, asciugato ed opportunamente tagliato il negativo è pronto per essere stampato e quindi per concludere la lunga serie di operazioni che servono a creare una fotografia.
Parlando di processo di stampa dobbiamo subito distinguere quello che avviene per contatto e quello in cui il fotogramma del negativo viene riprodotto tramite un ingranditore.

La stampa a contatto si usa spesso per avere la prima idea concreta delle foto che andremo più avanti ad ingrandire, si tratta di mettere il negativo a contatto con della carta fotografica (fotosensibile) e quidi impressionarla esponendola alla luce. Il negativo lascia passare la luce attraverso di esso, la carta si impressiona in base alle varie densità delle zone del fotogramma.
Questa operazione avviene in luce di sicurezza inattinica (al contrario del processo di sviluppo che avviene al buio totale) la classica luce rossa delle camere oscure che vediamo nei film.

Per comprendere la funzione dell'ingranditore è utile pensare ad una specie di "macchina fotografica al contrario", in quanto la luce proviene dall'interno di esso e non dall'esterno.
L'ingranditore è composto da una testa collegata ad un piano per mezzo di una colonna ad altezza variabile. Nella testa è alloggiata una lampada, un condensatore o un diffusore, un cassetto portafiltri, il porta negativo e infine un obbiettivo simile a quello della fotocamera.
Quando accendiamo la lampada, la luce passa attraverso il condensatore che è posto sopra al negativo che vogliamo stampare.
La luce che attraversa il negativo viene catturata dall'obbiettivo che proietta sul foglio di carta fotosensibile l'immagine del fotogramma ingrandita.
Grazie all'obbiettivo è possibile impostare il diaframma e la messa a fuoco, il tempo d'esposizione viene regolato da un apposito timer che accende e spegne la luce.
Tutte le regolazioni (tra cui l'altezza della testa) vengono effettuate con l'accortezza di inserire il filtro rosso di sicurezza, impedendo così che la carta venga impressionata.

Una volta esposta la carta ha bisogno di un trattamento simile a quello dello sviluppo del rullino, il foglio viene fatto passare in apposite bacinelle contenenti i 3 bagni (sviluppo, arresto e fissaggio).
E' in questa fase che vediamo letteralmente apparire l'immagine finale, col passare dei secondi nel bagno di sviluppo, il foglio bianco si scurisce e si forma la fotografia.
Dopo aver fissato la nostra stampa la passiamo al lavaggio in acqua corrente, dopodiché non resta che asciugarla.

 
 
###LA LUCE ILLUMINAZIONE###

La materia base della fotografia è, senza dubbio la luce.
Essa è una forma di energia che irraggia dalle sorgenti luminose (naturali o artificiali), e da esse si propaga in tutte le direzioni con una velocità di 300.000 km/s.
La pellicola o nel caso delle fotocamere digitali, il sensore, viene colpita dai raggi luminosi provenienti dagli oggetti circostanti che ricevono luce (dal sole o da sorgenti artificiali) e la riflettono in tutte le direzioni.
Dal tipo di luce presente nella scene dipende gran parte del risultato del nostro lavoro, la luminosità caratterizza l'atmosfera di un'immagine, ne permette diverse letture e quindi è fondamentale conoscerla per sapere come comportarsi nelle diversissime situazioni in cui ci possiamo trovare.
Cominciamo col dividere principalmente i vari tipi di luce in due categorie: luce "dura" e luce "morbida" o "diffusa".
Una luce dura, come ad esempio quella del sole allo zenit produce ombre nette e forte contrasto, è sconsigliata nelle fotografie di ritratto e rende molto bene la solidità degli oggetti.
Al contrario una luce morbida, presente nelle giornate nuvolose, appiattisce i contrasti cromatici della scena e non produce quasi ombre. Smorza i colori ed addolcisce le forme.
Un altro approccio nella classificazione della luce è quello di studiare l'ombra che essa produce.
Se un oggetto illuminato presenta un'ombra dai contorni netti e definiti siamo in presenza di una fonte luminosa dura, se individuiamo un'ombra dai contorni sfumati abbiamo a che fare con una luce media. Infine se gli oggetti non presentano ombra affatto sono colpiti da una fonte di luce "grande", spesso lontana i cui raggi arrivano da tutte le direzioni.

Altra differenza importante è quella tra luce naturale ed artificiale, la prima ha il vantaggio di essere estremamente economica ma ha lo svantaggio di non poter essere controllata, al contrario della luce artificiale delle lampade o dei flash, fondamentale per fotografare di notte o in interni.
Un altro aspetto molto importante che riguarda la luce, oltre alle ombre che produce sui soggetti, è quello delle dominanti che le diverse illuminazioni producono sulle pellicole a colori.
Ci sarà capitato di vedere fotografie che presentassero una forte dominante cromatica che a occhio non abbiamo notato nella scena.
I nostri occhi (o meglio il nostro cervello) si abituano rapidamente e compensano automaticamente le varie "temperature di colore" della luce, le pellicole no.
Da qui il concetto di luce fredda e luce calda, dove la prima indica quella luce (naturale o artificiale) che produce toni sul rosso, come la luce al tramonto o quella delle lampadine al tungsteno, mentre la luce fredda che si presenta nelle giornate coperte, all'ombra etc.
La luce che risulta più neutra è quella del sole nelle ore centrali del giorno oppure quella del flash.
In queste condizioni non è necessario utilizzare filtri o pellicole speciali per correggere le dominanti di cui abbiamo parlato. A questo proposito è molto utile nelle fotocamere digitali il dispositivo di "bilanciamento del bianco". Se la qualità della luce influenza in modo decisivo la resa della nostra foto, la direzione da cui essa proviene è altrettanto importante.
Il soggetto che vogliamo ritrarre può essere illuminato in vari modi, principalmente la fonte di luce può essere: frontale, laterale, zenitale e posteriore (cioè in "controluce").

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Data di creazione: 17/10/2006
 

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