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la città e la foresta

Creato da ilcerchiopopolare il 19/10/2008

Parlamento Pulito

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Paesaggi interiori...

 Ti amerei…

Ti amerei nel vento

Sotto il cielo terso di primavera

Tra la dolcezza delle rose…

Ti amerei nel canto degli uccelli

All’ombra della vegetazione

Sulla pietra calda e nuda

Sotto il sole bruciante

Nella frescura dell’erba

E con il canto degli insetti…

Ti amerei il giorno e la notte,

Nella calma e nella tempesta

Sotto le stelle che brillano

Sotto la rugiada della notte

E la mattina all’alba

Con il sorriso e con le lacrima

Ti amerei ancora…

------------------------------------------------

Ti accompagno sulla spiaggia

Quando il sole è tramontato

E il tepore sulla sabbia

Scalda il nostro amore

Ti accompagno sulla cima

Quando il il sole la colora

E il freddo si allontana

Mentre stringo il tuo corpo

Poi, sulle distese verdi

Mosse dal vento

Sulle rive dei laghi

Calme e mitigate

Ti spoglio d’ogni abito

Per lasciare il silenzio al vento

Per ammirare il tuo sorriso

Mi inchino al tuo desiderio

E cercando la tua mano

Bacio il tuo ventre

Mentre l’altra

Cerca il tuo seno

Tutto corre veloce

Eppur il tempo cammina

Quando colgo il fiore

Che celi tra il cuore

Accarezzo ogni spasimo

Accolgo tutto l’ardore

Guardo con te il cielo

E piango con amore

Poi ti rivesto come sposa

E donandoti un fiore

Prendo la tua mano

E fra la gente camminiamo.

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« PRESENTAZIONE del BLOGMessaggio #3 »

FERMIAMO IL CONSUMO DI TERRITORIO

Post n°2 pubblicato il 28 Ottobre 2008 da ilcerchiopopolare

L'ideologia della crescita ha esercitato una tale devastazione nella cultura e nei valori per cui il criterio di giudizio che unicamente viene preso in considerazione è quello economico.

Peggio è quello economico a breve termine.

Non importano considerazioni di ordine estetico, etico o culturale, basta che una cosa sia presentata come economicamente conveniente che ogni altra considerazione è spazzata via.

Questa semplificazione del giudizio, vera e propria automutilazione spirituale, porta in se dei disastri, il primo dei quali è la "cecità" che impedisce di vedere gli effetti anche quando sono sotto gli occhi di tutti.

E' di evidenza solare che le risorse finite della terra (che per quanto grande non è infinita) non possono sostenere il loro uso dissennato senza collassare.

E' ciò che sta avvenendo per il petrolio, per il cui controllo si sono già scatenate guerre preventive; sta per avvenire per l'acqua; è avvenuto e avverrà per le risorse minerarie.

In ogni territorio del nostro paese il consumo insostenibile di risorsa è particolarmente visibile a proposito dell'invasione di cemento e asfalto.

Si costriuscono capannoni anche al di fuori di ogni necessità per investire soldi, per affittarli nell'illusione che lo "sviluppo" continuerà indefinitamente, mentre sono già evidenti le crepe.

Nel momento della crisi assumerà valore il terreno che può dare buoni alimenti. Dal cemento chi può trarre di che sfamarsi?

Chi pensa di mettere al sicuro i propri risparmi investendo nel cemento dunque non solo non tutela interessi collettivi, ma neppure quelli personali. E' un fallito anche solo dal punto di vista più egoistico.

Ma non è necessario rivolgersi al futuro, basta e avanza guardare il presente.

I corsi d'acqua tendono ad essere sempre più poveri e soprattutto a cambiare il regime che sta diventando non più di tipo fluviale ma di tipo torrentizio. A questa trasformazione-degrado concorre anche l'asfaltatura e la cementificazione del territorio. La pioggia che cade su superfici impermeabili (asfalto e cemento appunto) non percola in profondità ma scorre via immediatamente. Questo da un lato alimenta l'onda di piena e i suoi effetti a volte devastanti, dall'altra riduce l'alimentazione della falda freatica che, anche per altre ragioni, diventa sempre più profonda. Anche l'approfondimento della falda, oltre agli evidenti danni all'agricoltura, determina la riduzione o il disseccamento delle fonti originando periodi di magra dei corsi d'acqua alternati a rischi di esondazione: appunto il regime torrentizio al posto del regime fluviale.

L'edilizia residenziale, e soprattutto quella industriale, essendo per ragioni economiche fatte su modelli standarizzati, frequentemente con cemento precompresso, perde caratteri locali e diventa causa di impoverimento del paesaggio che è anche estraniazione dalla nostra identità, cioè impoverimento storico e culturale.

Anche da questo punto di vista l'avidità è cattiva consigliera.

Certamente i flussi di turismo che sarebbero auspicabili non si realizzeranno per venire a vedere dei capannoni: di costruzioni anonime, siano americane o tedesche o giapponesi o svizzere, ne hanno già fin troppe a casa loro, non hanno bisogno di venire da noi. A forza di capannoni ci troveremo dunque più poveri culturalmente, ma anche, maggior beffa degli "adoratori dell'affare", economicamente.

La nostra mente è stata colonizzata.

Come nel secolo scorso in Asia, America e Africa si operarono grandi movimenti di liberazione dal dominio politico, è ora necessario un movimento di liberazione culturale.

 Liberati dalla prigione mentale che l'ideologia delle merci ci ha imposto, potremo ritrovare la strada dell'amore per la terra e per l'acqua, per le piante e i fiori e per ogni forma di vita animale e vegetale; amore e riconoscenza per i nostri antenati che questi territori ci hanno consegnato intatti dal punto di vista del paesaggio e più fertili da quello agronomico, in definitiva amore e rispetto per noi, condizione per amare e rispettare gli altri.

di Beppe Marasso  dal "Obiettivo Ambiente" n.°9 settembre 2009 . Pro Natura Notiziario

 
 
 
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