Creato da marino.giannuzzo il 08/10/2009
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da ISTANTANEE

Post n°1 pubblicato il 10 Ottobre 2009 da marino.giannuzzo

Lidia

 

Batton le chiome i glutei.

 

Lidia saltella e corre

nel crepuscolo serale,

unico compagno

lo sciabordio del mare,

che l’acque sue non muove

e quasi stagno pare.

 

Nuda nel corpo

turgida nei seni

braccia e gambe

roteando al vento

armoniosa avanza

quasi in lieve volo

verso il buio immenso

Lidia

simile a puledra

indomita e selvaggia.

 

 

 

 

Alba

 

 

Dorme stanotte

nella casa accanto

Alba, donna occulta,

che alla speranza

ormai ha detto: addio.

 

L’ha segnata il tempo.

Il tempo l’ha distrutta.

 

Giovane e bella,

ricordo dell’infanzia,

torna agli occhi miei.

 

Più non cura

le belle sue fattezze,

le chiome al vento

le gote di velluto.

 

Nella notte legge:

al sonno poi s’arrende

la finestra aperta

sulla notte scura.

 

Alfin  riposa,

televisore spento.

Tutto intorno tace

ed Alba alfine ha pace.

 

 

 

 

Cuori di madri

 

 

Il cuore di una madre

ho visto in mezzo ai fiori

d’un bimbo sulla tomba

nel vecchio camposanto.

 

Foto  ridenti

su curati avelli

dove le madri

van cercando i figli

ormai lontani.

 

Squallide pietre

sono a noi d’intorno

ove di madri

più non batte un cuore.

 

Solitaria gracchia

solo una cornacchia

in cima ad un cipresso

unica compagna

a tutti i bimbi morti

che un cuor di madre

che pulsi non han più.

 

 

 

Mariannina

 

 

Per i campi va

la piccola Marianna

con due canestri enormi:

raccoglie tra i rifiuti

la ricchezza:

cianfrusaglie ed immondizie varie.

 

A casa torna a sera

carica di mille porcherie.

Talvolta trova un frutto

talvolta un osso

tal altra un barattolo di carne

vuoto.

 

Si nutre Mariannina

come un cane

randagio tra i dirupi

di montagne

assolate e in fiore.

 

Ferma è il dì festivo:

è giorno di riposo.

 

Ma tutti gli altri giorni

con pioggia o con la neve

o al solleon di luglio

girovaga vedrete

la matta Mariannina,

piccola e sbilenca,

felice tra i rifiuti

cogliere dei fiori

tra pezze colorate

vetri luccicanti

e cadenti muri.

 

 

Sasà

 

 

Sasà per tutti

lo scemo è del paese,

sempre vagante

per le vie del borgo

tra diruti muri

di tuguri

abbandonati e muti.

 

Parla con essi

Sasà lo smemorato,

parla con Tutto

e nulla gli risponde.

 

Sasà ha ragione

ragione in quel che dice

ad animali e cose

ad uomini saccenti

che sorridendo ammiccano

allo scemo del paese,

che i comizi al palco

declama a nulla e a tutti.

 

Nessun lo contraddice

per non fargli torto

e Sasà gioisce

quando le mani

battono i bambini.

 

Egli è felice

di tutti il più felice

pur se per tutti

lo scemo è del paese.

 

 
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