Creato da marino.giannuzzo il 08/10/2009
Lidia
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Orchestra
Stasera in piazza
sul palco c’è l’orchestra
per tutti i popolani.
Prova il violino
la corda del lamento,
la tromba a tratti
allegra e scoppiettante
tremola nel vento,
l’arpa e il clavicembalo
s’accordano lontano,
del flauto al fraseggio
risponde il clarinetto
ed il sommesso corno.
Rimbombo di tamburo
odi in sottofondo.
Tintinnano gli ottoni
ed eco allegra fanno
agli squillanti piatti.
Poi tutto tace.
Ed un ometto
simile a pinguino
dinanzi a tutti
richiama l’attenzione.
Un, due, tre.
Ad un suo cenno
riprende vita l’arpa,
si sveglia ogni strumento;
e nel coral tripudio
in cielo sale
festante la fanfara.
Estasiati stanno i popolani
e muti
beandosi dei suoni
armoniosi e lievi
che l’orchestra manda
nella sera stellata
al vento.
A letto agonizzante la donna sua ha lasciato l’umile pagliaccio. Sul palco è giunto e ridere farà gioiosamente tutti. Gli si torce il cuore nel cervello ha tenebra il pagliaccio. Il mestiere suo è ridere e far ridere: mai pensieri tristi che turbino la gioia di chi ha pagato. Ridere farà tutta la serata gioiosamente tutti. Finisce lo spettacolo. Solitario un angolo nascosto del festante mondo è suo ed in silenzio piange stravolto il viso impiastricciato il trucco negli occhi e sulla fronte. Maschera di mostro è diventato che fa paura a sé quando allo specchio mira la figura torva di colui che in scena ridente fu il pagliaccio. Passaggio Tutti siam cresciuti ed invecchiati. Siamo rimasti tutti senza volto e le sembianze nostre trasformate, da lontani amici sconosciute. Eran le nostre sembianze giovanili amabili, belle, dagli anni trasformate. Degli attributi antichi serbiamo dei ricordi, solo effimere sembianze giovanili, breve passaggio della vita. Pensiero Risucchiato in vortice ubriaco della vita andato è il tuo pensiero. Tornerà con altre spoglie, altra forma avrà. Fuggevole è passato fuggevole il pensiero senza una traccia un ricordo o scia che illumini il cammino dell’esistenza tua. Fissalo al momento come chiodo al muro il labile pensiero che se ne va col vento. Perseguitato Perseguitato in nome della legge. Era un brav’uomo, uno come tanti, e come tanti immune d’abietto servilismo. Essere spia non avea voluto e traditore degli amici suoi. (Chi deve non dormire per acciuffare il ladro pretende che altri porgano una celata mano a tutto vanto e gloria di chi di quella mano vile si è servito rovesciando i compiti che la norma ha dato.) Perseguitato l’han condotto a morte: stamattina si è suicidato, di tutti amico schietto, di tutti il più fidato. Peso Stanno crollando a dieci a dieci gli anni dell’esistenza mia. Come macigno che dall’alto cade io novello Atlante li reggo sul groppone. Avverto il peso il peso sulle spalle. Col macigno corro verso il mare. La paura è tanta sotto il greve pondo. Fingo iattanza fingo gran coraggio ma la paura è tanta d’andare in fondo al mare.
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Natale
Col freddo e con la neve
è nato il Bambinello.
Il fratello muore
tra l’odio della gente
mentre Cristo nasce
in ogni cuore.
Cristo rinasce.
Nasce nei deserti
nasce oltre i mari
ma odio ci circonda
insulso e vile.
Cristo rinasce.
Nasce nella stalla
ma nell’uomo cresce
orgoglio e presunzione.
Cristo rinasce.
Pur per l’indigente
che colpa non ha mai
dei propri guai.
Nebbia Come voci al vento sale la nebbia in cielo e nella valle scende a ondate in primavera. Pioggia insistente e fitta la nebbia poi diventa tra l’ondeggiar di canne alla brezza della sera. Ondeggiano i gabbiani nel vento e nella nebbia punti neri in cielo nella grigia sera. L’animo mio sopito scruta di là dal muro se un lume solitario appare oltre la nebbia. Nemica Viso sereno è quello della morte. Portamento austero di persona adulta o passo svelto e allegro di vergine fanciulla. Sorride a questo e a quello e sorridendo abbraccia due bambini teneri ancora nella prima età. Minaccia il vecchio, occhio truce e torvo. Talvolta lo ghermisce tal altra lo spaventa poi sorridendo passa e abbraccia questo e quello giovani ancor nel pieno della vita. Amici lei non ha, lei non ha parenti. Unica e sola nemica della vita. Nevicata La natura tace e gli alberi sonnecchiano: dalla finestra miro il manto bianco. D’uccelli neri stormi solcano la nebbia grigia del bresciano mattino di novembre. Sotto i bianchi tetti le auto son ferme in periferia sotto i rami verdi vestiti di candore nel mattino freddo di novembre. E miro e son mirato per gli appannati vetri dall’inquilina mia dirimpettaia che un saluto accenna e sorridendo indica l’immenso manto bianco. Nonno Ho detto ai figli miei: andate al cimitero ove il nonno aspetta e veglia su di noi. Ditegli: nonno, quando le forze sono insufficienti dacci una mano a spingere la ruota della vita. Non capiva molto il nonno quand’era tra i viventi. Ignorante ed analfabeta non conosceva Dante e un tale era Marconi che abitato aveva due strade un po’ più in là ed era morto. Or che li ha incontrati un attimo è bastato per apprender tutto: ottave, endecasillabi, tangenti e cotangenti, onde sonore e di gravità la forza, la filosofia e l’invenzion futura che tra mille anni qualcuno inventerà. Non capiva molto: ora è il più saccente. Se glielo chiederete vi aiuterà. D’animo è buono il nonno e nonno resterà per sempre. Notturno Sotto la luna fummo nella notte in mare in piena estate come gli antichi greci a mangiar friselle inumidite in acqua senz’olio e senza sale. Immersi i corpi luminosi tutti di plancton luccicanti nello splendor notturno tacito e silente. Noi eravamo, Antonio, amici non felici, ognun con la sua pena che si sciogliea nell’acqua nella notte limpida e serena. Eravamo in due e cercavamo appoggio l’uno nell’altro come sostegni di capanno al vento. Ci divise il tempo e il mare della vita e fummo ognuno su diversa barca a rimembrar le notti sotto la luna e la brillante acqua. Notturno campestre Immenso mar mi fingo tra le barche tante all’orizzonte quando di luci la miriade scorgo nella notturna nebbia la campagna mirando e i monti scuri evanescenti in cielo che non vedo. Riposo la natura e gli animali tutti hanno trovato nella notte nera. Unica bestia l’uomo nella notte corre sull’autostrada rovente ed infinita che dove porti e se finisca mai capirà. Nubi Dietro la gran muraglia di nubi minacciose nere del mattino balza tra l’arena del cerchio di montagne luminoso il sole. Leggero il soffio dell’estivo vento rende il cielo limpido a mezzo luglio.
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Lidia
Batton le chiome i glutei.
Lidia saltella e corre
nel crepuscolo serale,
unico compagno
lo sciabordio del mare,
che l’acque sue non muove
e quasi stagno pare.
Nuda nel corpo
turgida nei seni
braccia e gambe
roteando al vento
armoniosa avanza
quasi in lieve volo
verso il buio immenso
Lidia
simile a puledra
indomita e selvaggia.
Luccichio Pisciato ho sulla terra dentro un vaso tra le piante nere nella notte: luccica la luna in mille stelle. Rombano i motori sull’asfalto e penetrando vanno l’autostrada. Dalla boscaglia nella notte fonda un grido di civetta solitario e tetro. Gli occhi ho fissi alle mille stelle che la luna invia dalla mia pisciazza.
Lupinelli Per le vie del borgo nel vespero d’estate passava il venditore di lupini sotto sale. “I lupinelli, i salatielli te lu mare“ iva bandendo per vicoli e viuzze poco vendendo tra poveri tuguri. Correvano i bambini a comprar lupini sotto sale, acqua piovana e aromi al naturale, dal venditore ciarlatano e stanco. Queste le gioie di color che furono vecchi bambini fuori dalla guerra dentro la fame per folli deliri. “I lupinelli, i salatielli te lu mare”: vecchia cantilena e dolce odo la notte ancor quando all’infanzia chiusi gli occhi ho fissi. Mariannina Per i campi va la piccola Marianna con due canestri enormi: raccoglie tra i rifiuti la ricchezza: cianfrusaglie ed immondizie varie. A casa torna a sera carica di mille porcherie. Talvolta trova un frutto talvolta un osso tal altra un barattolo di carne vuoto. Si nutre Mariannina come un cane randagio tra i dirupi di montagne assolate e in fiore. Ferma è il dì festivo: è giorno di riposo. Ma tutti gli altri giorni con pioggia o con la neve o al solleon di luglio girovaga vedrete la matta Mariannina, piccola e sbilenca, felice tra i rifiuti cogliere dei fiori tra pezze colorate vetri luccicanti e cadenti muri. Maternità In carnale abbraccio la madre serra il figlio al petto verginale come in incesto, quasi maritale. Abbraccio della madre casto e puro che la carne sua tende a trasformare in carne del suo figlio con materno ardore. Abbraccio della madre tenera e gioiosa abbraccio della madre che d’amore è pregna e d’apprensione. La madre veglia veglia sul bambino che abbarbicato al seno latte succhia e vita. Alfin s’addorme il figlio nella madre alfin s’addorme la madre sul suo figlio le braccia a protezione, petali di fiore. Dolci pensier la musica nell’animo riverbera. Antica vision rimembra di piccoli selvaggi crescenti nell’arena che sempre ha nome vita. Le guerre con i sassi in campi avversi vedo, i giochi coi nemici che furono di ieri nella sassaiola, le corse per i campi tra gli alberi ed i fiori nei ruscelli asciutti di piani sterminati o a coglier frutti la sera nei giardini per dimostrare a tutti le mie capacità. Come linfa scorrere sento nelle vene la musica suadente in mezzo al gran teatro che sempre ha nome vita. Sale ai folti pini nella natura verde echeggia lievemente nelle profonde valli. Tutto intorno a me inonda dolcemente la musica suadente.
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Giungla
Navigammo
nella giungla nera
tra le paludi
i canali e i fiori
in superficie all’acqua
tra gli alberi marciti
e le zanzare.
A cielo aperto
in canoa poi fummo,
il sole ci abbagliò
e un alito di vento
fresco e voluttuoso
dalle scorie
ci purgò la pelle.
Era la giungla
con le paludi
i canali e i fiori
in superficie all’acqua,
l’inabitato ambiente
da maculati amori.
Vergini fummo
in amplessi vergini,
tornati alla natura,
tornati ai nostri padri,
ove scoprimmo
d’essere già nudi,
ove scoprimmo
i nostri pudori.
Rinati ci trovammo
in verde paradiso
ormai sperduti
nella giungla nera
tra le paludi
i canali e i fiori.
Gocciolìo
Gocciola l’acqua
giù nel cortile
gocciola, gocciola
nel fontanile.
Gocciola l’acqua
limpida, fresca
giù nel cortile:
mai si riposa.
Gocciola l’acqua,
gocciola, gocciola,
gocciola a gocce
gocciola e tace.
Gocciola l’acqua,
gocciola, gocciola,
limpida, fresca,
mai si riposa.
Illusione
Unico illuso
in questo mondo infame
sol’io resto.
Il mondo tutto
corre sui binari
come ai tempi
dei nostri morti avi.
Al mondo intero
la femmina è venduta
anima e corpo
solo per danaro.
Non v’è regola
che regoli la vita.
Si brama il sesso
si vuol potere e gloria
il denar si adora
grande dio vivente.
Saggezza grande
ognun di noi terrebbe
se un pizzico d’amore
di potere e gloria
con lieve affanno
dalla vita avesse.
Kamikaze il mondo in piena pace: questa la promessa, con lui che tornerà tra color che stanno in questa terra, ignobili spregevoli e vigliacchi e destinati a perdersi eternamente tutti. Lui, il kamikaze, sarà per loro martire ed eroe prescelto dall’Immenso che tutto sa e dispone. Tre chili di tritolo l’han disintegrato all’alba, il piccolo Abukir, e morte han dato a quindici bambini come lui innocenti e ignari degli avidi disegni di color che hanno carisma sui mortali con promesse vane e innaturali.
Luccichio
Pisciato ho sulla terra
dentro un vaso
tra le piante nere
nella notte:
luccica la luna
in mille stelle.
Rombano i motori
sull’asfalto
e penetrando vanno
l’autostrada.
Dalla boscaglia
nella notte fonda
un grido di civetta
solitario e tetro.
Gli occhi ho fissi
alle mille stelle
che la luna invia
dalla mia pisciazza.
Lupinelli Per le vie del borgo nel vespero d’estate passava il venditore di lupini sotto sale. “I lupinelli, i salatielli te lu mare“ iva bandendo per vicoli e viuzze poco vendendo tra poveri tuguri. Correvano i bambini a comprar lupini sotto sale, acqua piovana e aromi al naturale, dal venditore ciarlatano e stanco. Queste le gioie di color che furono vecchi bambini fuori dalla guerra dentro la fame per folli deliri. “I lupinelli, i salatielli te lu mare”: vecchia cantilena e dolce odo la notte ancor quando all’infanzia chiusi gli occhi ho fissi.
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Fantasia
Io mi trastullo
con la fantasia
a sfogliar donne,
metterle distese
in roseo letto
tra carezze e baci
in bocca, al collo,
dietro le orecchie
e ai seni vellutati.
Labbra carnose
e soffici mammelle
tutte posseggo
con la fantasia.
Natiche tonde
com’alba rosee,
cosce sottili
in offerta al sole
vibranti come canne
nei turbini del vento
sotto il corpo mio
con la fantasia
io sento.
Questo è l’amore
questo il sesso mio
quando riposo
e supino resto.
Il seno e gli occhi
di tenera fanciulla
dentro di me io sento
in caldo amplesso
tutto penetrato.
Ed amoreggio.
Poi m’addormento
della fanciulla
abbarbicato al seno
con la fantasia.
Fico d’India
Il fico d’India
dai colori vari
spinoso e infido
a fine agosto
sulla cima sta
d’albero verdastro
e succulento.
Fidanzatini Gina Lariano la più bella fu delle bambine nell’elementari. Due fossette ai lati delle guance rosa due occhetti vispi neri e appassionati. Era bambina e bambin pur io. Due fidanzatini ingenui e puri. Fummo lontani. Lei divenne madre ed io più non tornai. Solo il ricordo di fidanzatini or ci rimane dell’età che fu d’ingenui bambini ingenui e puri. Filosofia Le contorte menti dei filosofanti voltano il mondo dall’interno in fuori. I visceri gli torcono gli fan l’anestesia lo girano e rigirano in sala chirurgia, vogliono capire tutto com’è fatto: da dove ha origine, quale ne è il costrutto e quale la sua meta. Pirandelliano l’argomento appare ma è semplice com’acqua il mondo naturale. Dove parte arriva e dove arriva parte come in cerhio tondo l’alta mente umana. Arriva l’ignoranza a comprender tutto al par della sapienza. Filosofia stantia e ragionar moderno giungono sempre a conclusione antica: al buon senso eterno. Francesca Non è Francesca!- dice la madre incredula al marito, che invoca invano la figlia sua dormiente perché si svegli e fine ponga al gioco maledetto. Non è Francesca!- illusione vana pure per se stessa. Credere non vuole che sia andata via senza un saluto senza un bacio in fronte la figlia sua diletta. Orgoglio e vanto fu la sua Francesca, amore e gioia per tutta la famiglia, gioviale, sorridente e pien di vita. Or sul letto giace immota e muta. Rivivrà in eterno negli occhi tristi della madre mesta. Rivivrà tra i fiori, dei fiori il più splendente, nella primavera degli amici in vita. Giovane sarà la giovane Francesca per gli amici suoi quando appassiranno. E tutti l’ameranno perché per tutti lei sarà “Francesca”. Giovane e bella Giovane e bella della danza al passo sei andata via in primavera. Gli amici tuoi tutti son rimasti a mirare intorno la grande pietra nera. Scivolasti lieve come l’onda sulla battigia nella quieta sera. Senza rumore senza sussulti tacita e serena come primavera. Con la nota ardente gioiosa frizzante e pien di vita sei tornata alla madre terra.
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Inviato da: giorgia19.90
il 06/12/2009 alle 01:22