L'inchiostro e...L'INCHIOSTRO E IL SANGUE |
"TUTTE LE COSE RITORNANO" DI LOREDANA COSTANTINI
Prefazione di Bruno Cascianelli al libro di Loredana Costantini "Tutte le cose ritornano"
Tutte le cose ritornano. Ѐ una affermazione che Loredana Costantini fa scaturire dalla forza di immaginazione cui la costringe un evento doloroso. Potremmo anche dire da una speranza così radicata da farle confondere il sogno con la realtà. Per nostra fortuna. Perché altrimenti non avremmo avuto questo bel libro dove sono posti a confronto, contemporaneamente e contestualmente, i due mondi più antitetici di cui l’uomo abbia consapevolezza: il mondo terreno e il mondo dell’aldilà. Più concretamente, il mondo dei vivi e quello dei morti. Sia pure in forma romanzata, la finalità che si propone l’Autrice è quella di dimostrare che non esiste frattura fra i due mondi; che pensieri, sensazioni, dolori, amori, speranze e certezze, debolezze e pseudo virtù appartengono ai vivi e ai morti, che quanto di incompiuto e di imperfetto appare nel mondo dei vivi va a compiersi e perfezionarsi in quello dei morti. Alla fine il cerchio della vita si chiude sempre senza lasciare residui ingombranti, perché la vita di qua inconsapevolmente pone quei tasselli che andranno ad incastrarsi nel puzzle predisposto per chi è già di là, per cui ecco che ogni cosa lasciata in sospeso o interrotta è tale solo apparentemente, perché alla fine “tutte le cose ritornano”, tutta la verità, anzi La Verità, si disvela allo sguardo e alla coscienza dei vivi e dei morti. Ciò premesso, sembrerebbe un romanzo di tipo quasi religioso, per la consolazione dei più, invece il racconto è di una modernità assoluta, con un guizzo geniale di trovate che, a dispetto dell’apparente contenuto, sprizzano ironia a non finire. Perché il romanzo si svolge soprattutto con un dialogo continuo e costante, separatamente in capitoli dedicati al mondo dei vivi e al “salotto del Camposanto”, dove le problematiche dei primi sono più seriose di quelle che riguardano gli ospiti del Camposanto: personaggi i più vari che possano immaginarsi: una ragazza un po’ irrequieta che si dispera di aver lasciato una figlioletta che mai la conoscerà, una padrona del salotto che s’innamora (ma non vuole confessarlo) di un simpatico “strizzacervelli” che alla fine si rivelerà inopinatamente per quello che “Ѐ”, un ansioso giovanotto che riceve sulla sua tomba la visita di una misteriosa dama in nero e reclama una parte di sé che è ancora rimasta nel mondo dei vivi, ed altri personaggi che entrano di soppiatto sulla scena del racconto rappresentando un “modus vivendi” quasi invidiabile rispetto a quello dei provvisori viventi. La scrittura è limpida, frizzante, cosa terribilmente difficile se concentrata soprattutto nei dialoghi, che in questo romanzo costituiscono la parte prevalente. Dialoghi gustosissimi, specialmente quelli del “salotto del Camposanto”, dove la scelta del termine “Camposanto” in luogo di quello di “Cimitero” la dice lunga sulla forse inconsapevole certezza che “l’Aldilà” non è soltanto un luogo di penosa dormizione in attesa di chissà quale evento, ma la residenza, anch’essa provvisoria, di anime emendate di tutte le colpe e i difetti in attesa di chiudere quel cerchio dentro il quale “Tutte le cose ritornano”. Di più non si può dire, perché non lo consente la sorpresa del “Deus ex machina” che Loredana Costantini ha sapientemente dosato in tutta la stesura del racconto.
Bruno Cascianelli
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Post n°3 pubblicato il 02 Novembre 2010 da costantini.loredana
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Post n°1 pubblicato il 02 Novembre 2010 da costantini.loredana
“C'era una stella sola e limpida nel cielo di rose, un battello lanciò un addio sconsolato, e sentii in gola il nodo gordiano di tutti gli amori che avrebbero potuto essere e non erano stati”. G.G. Màrquez FRAGILITA' E DIFFERENZE Guardo il mare. Le onde scure e silenziose che cullano questa nave e, qualche volta, la scuotono lievemente per ricordarmi che gli Dèi mi osservano. Mi giudicano. È uno di quei giorni in cui ho cura di me stesso. Del mio pensiero. Capita di rado ma oggi è così. Il mio malumore cresce impaziente mentre l’altra mia parte è in preda ad un guizzo di eccitazione perenne. Sono un cacciatore di donne e mi rendo conto di quanta perspicace verità ci sia in questa espressione. Cacciare la preda, scovarla e possederla. Eccitazioni sempre alla porta, cariche di una passionalità fredda, calcolatrice e, a volte, pericolosa. Mi scordo di mangiare, di bere ma non di fare l’amore. Fisso le labbra di ogni donna, ragazza, le leggo e le premo sulle mie cercando il raggio che in quell’istante imprigiona me stesso. Poi rimango col fiato sospeso e subito arriva sera. Sudati. Oh, moglie mia se tu capissi… Se tu capissi che la vita è una stagione, che io, tu, gli altri, mai potranno fermare il cadere delle foglie. Se tu capissi questo, ti aggrapperesti alla carne del primo uomo che premerebbe il suo corpo contro il tuo per averti. Ma tu sei donna! E le donne hanno un onore, dici sempre. Amano ma non tradiscono. E quando lo fanno è per sempre. Io no. Io sono fragile. Mi manca la terra sotto i piedi, sono troppo in alto e il vuoto mi fa paura. Tu non hai mai paura. Bisogna riconoscerlo e riempire quel vuoto. Tu non hai mai vuoti. Vivo giorno per giorno tra alti e bassi, vuoti e pieni. Amo l’autunno le foglie a terra e lo scuro che si avvicina. Francamente trovo sproporzionate quelle interminabili ore di luce. Tu ami la luce. La sera dovrebbe sempre arrivare tra le 19 e le 20 quando l’anima ha bisogno di togliersi gli occhiali da sole. Grande conforto è per me il tuo bene, moglie mia, e all’ultima spiaggia eravamo bambini e pizza, ricordi? Ma dov’è oggi la bambina, dov’è il suo candore. La sua gioia di ridere e l’eterna avventura che eravamo. Sono stanca, mi rispondi. Tu sei semprestanca. Oggi ho Energia e te la mando chiudendo gli occhi e visualizzandoti davanti casa mia, nel giorno del tuo arrivo. Ma come donna, non moglie. Il blu di questo mare mi sconcerta. Da qui, da questi abissi vertiginosi che somigliano a quelli dell'Io, si elevano – seguendo talvolta ritmi oscuri – strazi e gioie che credevo essere state portate via dal tempo. Tutt’altro. Non bisogna stupirsi se, con le buste della spesa in mano, sulla soglia dei quarant’anni, ci si arresta in lacrime perché si è catturati da una voce, un pianto, una risata o un odore che proviene intatto della nostra coscienza. Ma questo canto, attraversando gli anni e le mie età, si è caricato della potenza della melanconia, quel sostrato che vela e indora persone come me e che nasconde oro, oro puro, che soltanto pochi avranno la fortuna di carezzare... Presuntuoso io? No. Fragile, sì. copyright Loredana Costantini |
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Inviato da: costantini.loredana
il 14/11/2010 alle 06:21
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Gli amici sono pericolosi, non tanto per ciò che vi fanno fare, quanto per quello che vi impediscono di fare. Henrik Ibsen
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