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Privacy, proprietà intellettuale e sicurezza: ecco le questioni aperte dai Google Glass

Post n°758 pubblicato il 21 Aprile 2014 da giorgino41

Riportiamo un articolo della stampa sui google glass
Gli occhiali intelligenti di Mountain View mettono in discussione leggi e abitudini sociali, tanto che negli Stati Uniti cresce il numero di aggressioni a chi li indossa in luoghi pubblici. Ma qual è lo scenario giuridico in Italia? Lo abbiamo chiesto all’avvocato Carlo Rossi Chauvenet, esperto di nuove tecnologie

 

LUCA CASTELLI

I Google Glass, gli occhiali “intelligenti” di Google, stanno per fare il grande passo: da costoso prototipo per pochi a prodotto disponibile sul mercato. Le possibilità offerte dal nuovo dispositivo sono numerose e riguardano settori che vanno dalla comunicazione all’informazione, dalla medicina all’educazione, dalla sicurezza all’intrattenimento. Con i Google Glass si può anche provare a reinventare il giornalismo, per esempio realizzando un’intervista mentre si rimane in contatto con i lettori, riportandone in diretta commenti, tweet, domande (vedi il colloquio tra il direttore de La Stampa Mario Calabresi e il Presidente del Consiglio Matteo Renzi ) , primo esempio di intervista con i Google Glass a un capo di governo). 

 

Come e più di molte altre innovazioni tecnologiche, però, i Google Glass portano anche una serie di incognite legate all’accettazione sociale del nuovo dispositivo (negli USA si sono già registrati casi di insofferenza pubblica nei confronti degli occhiali e alcuni locali ne hanno vietato l’uso) e alla sua conflittualità con materie come privacy, proprietà intellettuale, sicurezza. Abbiamo chiesto il parere di Carlo Rossi Chauvenet, avvocato ed esperto di privacy e nuove tecnologie. Cominciando dalla domanda più secca, semplicistica e un po’ provocatoria: 

 

Esistono dei criteri o delle ragioni secondo cui i Google Glass potrebbero essere considerati illegali?  

“In sé, i Google Glass sono uno strumento neutro: come sempre è l’utilizzo che può comportare dei problemi. Nei Glass c’è però un elemento di novità rispetto ad altri dispositivi: la natura di wearable device, cioè di oggetto che si indossa. I Google Glass hanno un contatto diretto e continuativo con l’utente, quindi permettono di raccogliere dati che per quantità e natura sono potenzialmente diversi da quelli di altri dispositivi. Questo è il primo profilo di ansia del prodotto e riguarda il possessore, il volume e la natura dei dati raccolti: per esempio, informazioni dettagliate sullo stato di salute dell’utente, su ritmi di veglia e di sonno, sugli stili di vita”. 

 

Dati che potrebbero essere usati anche da soggetti terzi.  

“Sì, il problema delle nuove tecnologie è che spesso intrecciano diversi ordini di problemi. Questo non vale solo per i Glass. Anche nel mondo degli smartphone e dei tablet c’è molta attenzione sul rischio che sviluppatori di applicazioni esterne possano sfruttare il mezzo tecnologico per raccogliere e sfruttare un’enorme quantità di dati. Il modello dei Google Glass non è poi così diverso: ci sono già entità terze che stanno sviluppando software e programmi da utilizzare sui device. Le problematiche maggiori potrebbero derivare dall’incrocio tra: la raccolta di dati; il loro utilizzo in contesti difficili da controllare, al di fuori dai territori nazionali su server distribuiti a livello globale; l’eventualità, tipica delle piattaforme aperte, che qualcuno provi a sfruttare bug e backdoor del sistema. Esattamente ciò che accade sui nostri laptop in futuro potrebbe accadere su dispositivi con cui abbiamo un contatto molto più intimo, ma tramite i quali siamo comunque connessi in Rete”. 

 

Ci sono però anche elementi specifici dei Google Glass che sollevano questioni legate alla privacy e alle abitudini di convivenza sociale. Il più esplicito è la possibilità di registrare video e scattare foto – in modo molto naturale – mentre si sta parlando con qualcuno. Questa è probabilmente la ragione degli “attacchi” in luoghi pubblici contro possessori di Google Glass di cui si parla molto in questi giorni negli Stati Uniti.  

“Anche questo è un problema che abbiamo vissuto in passato con altre tecnologie, dalle telecamere ai telefonini agli smartphone. Se non altro però c’era il movimento del sollevare il device e puntarlo verso l’oggetto da fotografare che funzionava da campanello d’allarme. Nel caso dei Google Glass, i garanti europei hanno insistito e stanno insistendo per l’implementazione di elementi che segnalino al pubblico l’attivazione della registrazione video e fotografica. Il piccolo led che si accende quando parte il video, per esempio. Quello che non si poteva riprendere con telefonini e fotocamere, comunque, non si può riprendere nemmeno con i Google Glass. Ma non bisogna pensare a limitazioni univoche e rigidissime. Molte persone sono terrorizzate dalla possibilità che i Google Glass possano riprendere conversazioni private: eppure questo tipo di riprese sono già ammesse, come una sorta di diritto di prendere appunti. Il problema arriva con la diffusione delle informazioni: le tecnologie ci hanno messo a disposizione strumenti immediati non solo per catturare ma anche per pubblicare dati sensibili. Sempre in tema di privacy, c’è poi un aspetto specifico dei Google Glass che preoccupa più degli altri ed è già stato segnalato dai garanti europei: il rischio che vengano sviluppati software di riconoscimento facciale. Fotografare persone, confrontare immediatamente i volti con archivi di decine di migliaia di immagini, riconoscerle, ricevere nomi e informazioni: lì sì che entra in gioco in modo rilevante la violazione della privacy (Google vieta questo tipo di applicazioni, ma gli esempi non mancano, vedi NameTag)”. 

 

Un’altra materia che negli ultimi vent’anni è stata messa sotto pressione dalle tecnologie digitali è la proprietà intellettuale. Arrivano già le prime notizie di Glass sequestrati all’ingresso dei cinema . È legale vietare l’ingresso in sala con gli occhiali, che tra l’altro possono essere graduati e quindi potrebbero servire allo spettatore per vedere il film?  

“I cinema, così come i teatri o i musei, possono decidere di porre cautele specifiche per tutelare la proprietà intellettuale dei contenuti che offrono al pubblico (cautele che possono arrivare all’obbligo di rinchiudere i dispositivi digitali in buste di plastica, come accade alle proiezioni di anteprima o nei festival, NdI). In questo modo si cerca di evitare alla radice la discriminante di verificare e dimostrare in concreto che un dispositivo venga utilizzato in maniera illecita”. 

 

 

Che è la stessa discriminante che ha permesso a una cittadina americana di annullare una multa ricevuta perché indossava i Google Glass alla guida di un automobile . Anche da quel punto di vista si potrebbe verificare un corto circuito legale?  

“In effetti è possibile che venga deciso di adottare delle limitazioni specifiche per la circolazione stradale. Non sarebbe la prima volta, se consideriamo il divieto di usare gli auricolari quando si guida un’automobile o mentre si va in bicicletta. Attribuire un ruolo negativo all’utilizzo dei Google Glass alla guida sembra abbastanza naturale e scontato. In realtà, ci potrebbero essere delle situazioni in cui il nuovo device offre soluzioni persino più sicure rispetto a quelle adottate oggi e permesse dalla legge: per esempio, la visione periferica di indicazioni di guida sulla lente dell’occhiale potrebbe essere meno distraente rispetto a quella di navigatori satellitari che spesso sono collocati in posti che costringono il conducente a distogliere lo sguardo dalla strada”. 

 

Man mano che i Google Glass o dispositivi simili si diffonderanno sul mercato, è prevedibile un deciso intervento normativo per regolarne/limitarne l’uso?  

“È difficile dirlo. Con i telefonini e gli smartphone non è che ci sia stato un grande intervento. Credo che molto dipenderà dalla capacità di Google e dei media di informare ed educare il pubblico all’utilizzo del nuovo strumento. Un’adozione virtuosa del device non richiederà interventi particolari, salvo che gli utilizzi distorti divengano numerosi. Come molte tecnologie, ma in modo ancora più evidente vista la loro natura “wearable”, i Google Glass potenziano la capacità dell’individuo che li indossa e creano una sorta di automatico senso d’inferiorità e di timore nelle altre persone. Forse è questa la ragione che ha indotto i fenomeni di persone allontanate dai ristoranti o gli altri episodi di violenza di cui leggiamo in questi giorni”. 

 
 
 
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