Soltantogiulia

Post N° 169

(Auguri A., buon onomastico S.)

Indecisione.

Partivo indecisa sul da farsi, con qualche ora di sonno in più, a compensare quelle piacevolmente perse la notte prima.

Non sapevo dove avrei potuto lasciarti quel cartello di auguri non proprio esplicito: la foto di noi tre e in abbinato quella frase di Guccini. Eskimo, a cui sono tanto legata e credevo azzeccata per provare a dirti una volta per tutte quello che sento.

Prima di entrare ed essere inghiottita dal vortice delle quattro ore di disegno, sfuggo al tuo sguardo… pensando “mi riesce proprio bene, senza sforzarmi troppo”.

Sei in aula 27 all’ultima ora, questo c’è scritto sul tabellone degli orari.

Tre piani di scale e lo scotch biadesivo diventa parte di quella porta color carta da zucchero.

Lascio anche quella minima preoccupazione in una delle tante impronte digitali.

Due parole, la tua emozione abilmente descritta come una lacrima.

Non mi stupisco. Non mi muove, no.. la cosa proprio non mi sfiora.

Mi chiedi di aspettarti davanti al cancello alla fine della sesta ora, e così faccio. Speravo avessi qualcosa da aggiungere.

Non speravo nell’ipocrisia di una promessa, certo quello no.

Niente da recuperare.

Ho creduto nella “sintesi” in un’unica persona, accorgendomi poi che le amicizie vanno vissute in due.

Le ultime parole su un foglio di carta, per te.

Non volevano essere degli auguri, quindi non dirmi che sono i più belli ricevuti.

Non erano auguri, erano sensazioni espresse da una “citazione”… anche se probabilmente, non sai di chi sia.

Se vuoi attaccarlo in camera, fa pure. Io se fossi in te lo piegherei in quattro e non lo aprirei più. Lo infilerei in quel cassetto e digiterei la combinazione –per sempre-.

…e sparirei, sprofonderei.

Non mi promettere nulla.

Non usare il verbo “giurare”.

Suona male,

lascia l’eco..

e si perde..