ROMA CAPVT MVNDI

Lacrime, Dolore e Rabbia


E' mezzanotte passata, a quest'ora dovrei già essere a letto, domani devo studiare, ed ho bisogno di dormire per recuperare dalla giornata di oggi, eppure...eppure dopo essermi girato nel letto, ho deciso di alzarmi, mettermi al pc, e scrivere.Si scrivere. Scrivere è l'unico modo con il quale riesco a tirare fuori quello che dentro ribolle e mi impedisce di prender sonno. E' una rabbia viscerale, qualcosa che non provavo da molto tempo, una sensazione che avevo già provato in passato e che, sebbene sperassi di non riprovare mai più, sapevo che prima o poi sarebbe tornata a bussare alle porte del mio animo. Non riesco a togliermi dalla testa una scena. Un fotogramma. Un'immagine. Julio Sergio, un ragazzo di poco più grande di me, un uomo che fa il lavoro più bello del mondo, una persona che è riuscita a ritagliarsi il suo spazio dopo anni di indifferenza da parte di chi aveva il compito di valorizzarlo ed invece lo relegava in fondo alla panchina definendolo "il miglior terzo portiere del mondo", usando un'ironia tipica del piccolo uomo che fa il gradasso con chi sa di non potergli rispondere perchè incastrato tra l'incudine ed il martello. Quella stessa ironia che un commentatore televisivo, becero e senza scrupoli, ha usato poche ore fa, nel commentare quelle stesse immagini che mi impediscono di prendere sonno continuando a balenarmi in testa senza sosta. Vedendo quel ragazzo che, per fare tutto il possibile per svolgere il suo lavoto si infortunava e nonostante tutto, complice il fatto di non poterlo sostituire, con un piede fasciato e dolorante oltre ogni immaginazione continuava a stare in piedi tra i pali, mi ha suscitato un'emozione forte. Roba da altri tempi, e soprattutto, roba per altre persone. Non per me...non io...non ora. Credevo di averle viste e sentite tutte, ed invece mi trovo li, gli occhi lucidi davanti alla televisione, ad assistere ad un ragazzo che in preda ad un dolore lancinante, si regge in piedi a malapena e piange. Piange come un bambino, piange senza poter fare altro, con un compito da perseguire ed un dovere da mantenere. E quando finalmente l'arbitro sancisce il termine della partita, finalmente può abbandonarsi al suolo e ritirarsi nello spogliatoio, aiutato dai suoi compagni che, provati anch'essi dalla scena alla quale stanno assistendo, non possono far altro che consolarlo ed aiutarlo.In tutto questo, quel commentatore televisivo, Mario Sconcerti, convinto di avere il microfono chiuso, si lascia uscire un "...poverino..." con un tono tipico di chi, godendo delle disgrazie altrui, si prende gioco di una persona che sta soffrendo. L'ipocrisia della gente non ha limiti, e stupirebbe sentirlo esprimersi così se non lo si conoscesse. Ma da spettatore attento, oramai so che a muovere quel piccolo omino rotondo, è la bile, la cattiveria, e da chi è marcio dentro, non puoi che aspettarti veleno anche davanti al dolore.E così, vedo sfilare davanti alle telecamere facce tese e volti contratti dalla rabbia. Quella stessa rabbia che accompagna Mexes fuori dal campo quando l'arbitro incompetente, o molto più probabilmente in mala fede, lo caccia per punirlo di un presunto fallo da rigore. Ma presunto per chi? A velocità normale era già chiaro che il difensone DOVEVA aver colpito il pallone dal momento che la sfera cambia traiettoria e direzione, ma anche ammesso che il giudice di gara avesse riscontrato gli estremi per il fallo, questo sarebbe avvenuto ben al di fuori dell'area di rigore. E allora che fare? Come reagire a chi già lo criticava per prestazioni sotto la sua media? Ecco di nuovo quelle lacrime, quella rabbia e quel dolore, le stesse che ho provato io. Ma quanto più forti ed intense possono esserre state le sue? Posso solo lontanamente dare una risposta a questa domanda. Anche io come molti ho giocato a calcio nella mia vita, e so bene che quando fai di tutto per giocare al tuo meglio sputando sudore e fatica, e vedi un arbirtro rovinare tutto per incompetenza, perdi il lume della ragione, figurarsi a quei livelli ed in un periodo come questo!Cambio scena. Ora vedo Daniele Pradè. Il direttore sportivo va in televisione e dice ai salotti buoni del calcio chiacchierato in televisione esattamente quello che avrei potuto dire io o qualunque altro tifoso della Roma in un momento come quello, riuscendo però a conservare quel tanto di self control che gli impedisce di usare locuzioni offensive o di trascendere le regole del vivere civile. Quando quella faccia da suino del commentatore tv, coadiuvato dal vile scudiero Mauro, cercano di metterlo in difficoltà concentrando l'attenzione su altro, il buon Daniele ha il pregio di non cadere in tentazione e di continuare nel suo intento, ovvero quello di denunciare lo SCANDALO perpetrato da una terna, palesemente agente in malafede.Mentre Montali prosegue sulla stessa falsariga, Ranieri cade in fallo, e cedendo per un attimo al tranello mediatico, si impantana in una discussione sulle presunte manovre oscure che vorrebbero far sedere Lippi sulla panchina della Roma: per quanto mi riguarda, quelle sue chiappe viareggine possono restare dove sono, perchè qui a Roma non la vogliamo la puzza del suo sigaro, simbolo dell'italica calciopoli che si credeva debellata e che invece continua ad imperversare come e più di prima. Al bianco delle strisce si è sostituito il blu, e sebbene le facce siano cambiate, i risultati sono sempre gli stessi. Il calcio è malato, e vincere quel maledetto mondiale ci ha fatto perdere l'occasione di ripulirlo, ma una volta calmate le acque, torna a galla il marciume che si era depositato sul fondo, e aggiungiamo alla sfilza dei torti subiti, anche il capitolo Brescia-Roma del 22 settembre 2010.Erano passati anni, ma non se ne sentiva di certo la mancanza.Ora ci chiameranno piagnoni perchè reclamiamo invece di giocare e ci aggrappiamo a dei pretesti anzichè ammettere che siamo scarsi, ma sappiamo tutti bene, anzi benissimo, che non è così. Le parole spesso sono vuote, ma molto spesso fanno male.E sarebbe bello che per una volta, queste mie diventassero sassate e finissero sulla testa di chi sa di meritarsele ma è conscio del fatto che tanto, continuando a sputare bile e veleno dagli sgabelli dei salotti buoni, resterà al sicuro.Lacrime Dolore e Rabbia.Mentre questo vortice di emozioni continua a fermentare nel mio inconscio e quasi mi viene da urlare per sfogarle, mi viene in mente una frase: quella di questa sera è stata una sconfitta, che con i comportamenti arbitrali e l'infortunio di Julio assume i toni di una umiliazione ma, per quanto paradossale possa sembrare, questa è la partita zero, la svolta che prelude alla rinascita, perchè da stasera, inizia un nuovo campionato per l'A.S.Roma.Possano queste lacrime, questo dolore e questa rabbia, unirsi e fondersi in una forza che pervada i nostri animi e che ci aiuti, noi comuni tifosi, come loro unici calciatori, ad affrontare le future avversità con una vis pugnandi degna dei nostri illlustri avi, e ci conduca verso la rinascita, perchè tutto passa, e quello che non uccide ci rende solamente più forti: CHI TIFA ROMA, NON PERDE MAI, men che meno stasera.Orgogliosi come sempre, contro tutto e contro tutti, fieri di essere romani. Giuliano Quattrini