Spazio LiberoGianmario Sacco |
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Post n°29 pubblicato il 26 Luglio 2013 da gianmariosacco
Il Silenzio. Non chiedo altro.
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Post n°28 pubblicato il 12 Luglio 2013 da gianmariosacco
Nella mia vita ho commesso ogni peccato possibile, eppure non ho mai percepito il peccato... secondo l'idea comune del peccato. Per interesse privato, per convenienza, per opportunità, ho visto il bene nel male che ho fatto... e non troppa giustizia nel concetto della redenzione. L'idea della redenzione mi appensantisce, mi annoia, riflette alla perfezione il mio "non concetto" di mondo e di vita. Ciò che ho tenuto sempre presente è invece la mia coscienza, il fine ultimo della mia stessa esistenza. Ho odiato quando ritenevo giusto odiare, ho amato quando l'idea del bene affiorava negli occhi del prossimo. Per quanto macabro e inspiegabile allo sguardo dei più... ho vissuto sempre secondo coscienza... dunque nel bene.. per come la vedo io. |
Post n°27 pubblicato il 29 Giugno 2013 da gianmariosacco
Sono stanco di uomini e di donne che non conoscono l'equilibrio. Legare il passato al futuro, in una sintesi coerente, è uno sforzo cui in molti rinunciano. Purtroppo la tendenza media è quella a sputare sui piatti usati la sera prima... a dimenticare in fretta le spalle ormai non più necessarie. Sono stanco di questi uomini e di queste donne che rinnegano le proprie cicatrici, di uomini e di donne che pensano e sentono solo in virtù dei concetti di Bene e di Male.
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Post n°26 pubblicato il 23 Giugno 2013 da gianmariosacco
Mi appare chiaro ogni giorno di più che al di là delle nostre vite e delle nostre piccole viste sul giorno che viene, esiste un universo intero di Essere che non riusciamo a cogliere... nè e a raccontare a noi stessi. Le nostre esistenze sono e rimangono scandite dai concetti di Tempo, di Bene e di Male; di ogni cosa ci si chiede se sia giusta o sbagliata, accettabile o deprecabile, dimenticando di fare le altre domande, le migliori, le più importanti; pensare o non pensare, sentire o non sentire. |
Post n°24 pubblicato il 21 Giugno 2013 da gianmariosacco
Mi sto avvicinando a un'idea nuova della vita, a un'idea nuova, ma nello stesso tempo primordiale . Mi sembra ragionevole affermare come la percezione che l'uomo ha del dolore e della sofferenza risiede nell'impostazione rituale e sovrastrutturale che il genere umano usa per stare al mondo. Al genere animale, ad esempio, non risulta così terribile (salvo brevi momenti di scoramento) perdere i propri figli, genitori o compagni, in quanto il genere animale vive nella consapevolezza istintiva (e non intellettiva) della crudeltà naturale, un concetto di crudeltà che sfugge del tutto al genere umano. L'uomo col passare dei secoli si è fatto padrone delle proprie sorti, ha costruito vie di fuga da opporre al dolore, ha utilizzato la tecnica per creare farmaci in grado di prolungare la vita, di sconfiggere tumori, rimedi in grado di fronteggiare con successo la violenza propria delle leggi di Natura; per carità.. nulla da eccepire, anzi semmai c'è solo da da inchinarsi di fronte a chi riesce a rendere migliori le nostre vite. Eppure quando nemmeno l'intelligenza e la tecnica riescono a vincere la brutalità della Natura e i propri cari periscono di fronte alla violenza perfetta, o quando si perisce in prima persona, allora tutto appare all'improvviso terribile, ingiusto, orrendamente crudele. Ad ogni angolo di strada, e persino sui social network che siamo abituati a frequentare, non si fa che predicare a buon mercato la preziosa vita oltre la morte. L'uomo è Dio... si sente Dio, fin quando l'accidente non gli strappa l'amore dei propri cari o fin quando la casualità brutale della vita naturale non li colpisce in prima persona; allora all'improvviso Dio è ingiusto, Dio non esiste, Dio è un bambino che si diverte a vederci soffrire, Dio si è dimenticato di noi o peggio ce l'ha con noi (".. mio Dio.. perchè perchè proprio a me?"). Delle due l'una: o si può fare a meno di Dio (e dunque si può vivere della propria intelligenza), o Dio esiste.... ed esiste anche quando il dolore cieco colpisce e distrugge le nostre piccole vite. Per come la vedo io il discorso su Dio non ha alcun valore specifico se non quello di rendere meno amara l'attesa della fine ; ciò che invece ha valore e senso è arrivare a una visione della vita più vicina possibile alla Natura in quanto tale, disincantata rispetto a una volontà deliberata che valuta chi deve star bene e chi deve soffrire, chi deve vivere e chi invece deve morire; ha senso cioè giungere ad afferrare con coscienza quanto il dolore e la sofferenza (come del resto il bene ed il piacere) non sono altro che stati d'animo di un tutto che non è pensato nè ragionato... ma semmai semplicemente esistente secondo leggi implacabili, leggi che presuppongono la vita e la morte, senza alcun sentimento o percezione, senza alcuna forma di clemenza o di cattiveria. E' il concetto della morte.. a rendere la morte inaccettabile ai nostri piccoli occhi; la morte in se stessa, per come provo a pensarla, è un passaggio esistenziale che va appreso e vissuto al pari di altri passaggi esistenziali. Chissà se avrò il coraggio e la viirtù di tenere lo stesso tono e lo stesso petto in fuori... quando sarò immobile su una branda.. in attesa della fine!? Saluti a chi legge.
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Inviato da: gioiaamore
il 03/07/2014 alle 13:47
Inviato da: tenderheart0707
il 26/07/2013 alle 04:28
Inviato da: gianmariosacco
il 23/06/2013 alle 18:07
Inviato da: ormalibera
il 20/06/2013 alle 21:16