Creato da zaffira01 il 28/08/2011
Recensioni, segnalazioni, anteprima e interviste, su richiesta e non :)
 

Criteri di valutazione per le recensioni

- Capacità del libro di tenere il lettore attaccato alle pagine
- Originalità della trama

- Caratterizzazione dei personaggi
- Stile
-Correttezza grammaticale
... e ovviamente un po' di gusto personale :)

 

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Il Sigillo di Aniox vol.1
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Libri letti nel 2013

1 - Il Condottiero delle Isole- Adriana Comaschi
2- Le sette biciclette di César - Sebastiano gatto
3- Hunger Games - Suzanne Collins
4 - Brilliant ( Ali di fata)- M.P.Black
5- Roma 42 d.C/ Cuore nemico- Adele Vieri Castellano
6- Hunger Games- La ragazza di fuoco-Suzanne Collins
7- Hunger Games- IL canto della rivolta- Suzanne Collins
8- Discorso sul metodo- Renato Cartesio
9- Destino- Sabrina Rizzo
10- La bella di matematica - Alessandro Cecconato
11- Paranormal Kiss- Valeria Bellenda

12- La badessa-Dario Canova
13- Regole del gioco- Mario De Martino
14- The Selection- Kiera Cass
15 - La gemma di Siena- Marina Fiorato
16- Crossed -Ally Condie
17- Aghjkenam- il Segreto della Città Perduta- Fabiana Redivo
18- Memorie di una Geisha- Arthur Golden
19-La sposa del guerriero-Jessica Ravera
20- Roma 39 d.C - Adele Vieri Castellano
21-Il sentiero dei nidi di ragno -Italo Clavino
22- Alchemia- Chiara Guidarini
23- Attila, l'incontro dei mondi - E.F. Carabba
24-Rosa d'inverno - K.E.Woodwiss
25- I Malavoglia- G.Verga
26- Oltre l'oscurità- Alessandra Paoloni
27- Il giorno della civetta- Leonardo Sciascia
28- Proposta indecente-Emma Wildes
29- La dama delle nebbie -Julie Garwood
30 - Gente di Dublino - James Joyce
31- Uno, nessuno e centomila- Luigi Pirandello
32- Lezioni di seduzione- Emma Wildes
33- Il secolo breve- E.Hobsbawn
34-Manifesto del partito comunista-Marx-Engels
35-Shades of life- Glinda Izabel
36- Un anno sull'Altipiano - Emilio Lussu
37 - Immortal- Alma Katsu

 

 
 

 

Ivengal Saga- Vol.II- La Via dell'Acciaio di Alfonso Zarbo

 

TITOLO: Ivengral Saga
Vol. II- La Via dell'Acciaio
AUTORE: Alfonso Zarbo
CASA EDITRICE: Linee Infinite Edizioni
ANNO DI PUBBLICAZIONE: 2012
PAGINE: 189
COLLANA: Phantasia
GENERE: Fantasy classico

- TRAMA -

"La Via dell'Acciaio non conosce scrupoli. Chi la percorre è costretto a patire l'angoscia nel cuore e il gelo nell'anima. Persino per Aradras e Uldaric, un tempo seguaci delle tenebre, non sarà facile riscattare il passato. La spada stretta nel pugno impone loro di affrontare un sentiero di pericoli e inganni, in bilico sulle lame rosse di sangue impugnate dalle armate dell'Hexeinmaister.
Che cosa li attenderà adesso? A Nisroc, crocevia di soldati tra l'Isola di Sakaras e le Montagne Infuocate, corre voce di un terzo frammento dell'Artefetto di Ivengral.  Ma Zadovàr, capitano dall'aspetto inquietante e da un ignegno ancora più diabolico, farà di tutto per intralciare il loro cammino".

- COSA NE PENSO-

In modo non dissimile a quanto era accaduto per il primo volume, già recensito in questo blog, ci troviamo ancora una volta di fronte ad un resoconto fin troppo idealizzato per poter dire che rispecchi effettivamente quello che poi il lettore andrà a leggere. Così come in Ivengral Vol.I si venivano a sapere determinate cose sui personaggi soltanto dalla quarta di copertina, senza che esse trovassero un reale riscontro, anche in questo caso la presentazione sembra avere il puro scopo di attirare il lettore più che di informare sulla trama.
Ancora una volta, il presunto turbamento e oscuro passato di Uldaric e Alderan non è così profondo come sembrerebbe: a dire la verità, soltanto Uldaric si perde nei ricordi dell'uomo che è stato e di ciò che ha fatto, ma mai in modo tale da coinvolgere il lettore nelle sue emozioni. Per quanto riguarda pericoli e inganni, i primi ci sono, ma gli altri non hanno una presenza tale da meritarsi, a parer mio, una citazione esplicita. E quel "corre voce di un terzo manufatto di Ivengral" proprio non riesco a spiegarmelo, dal momento che i nostri protagonisti - Aradras, Uldaric, Alderan, Lourian, Sivilian e Eleuter - verrano a conoscenza di queste voci per vie traverse ma sicure, il che non è esattamente un "corre voce..." almeno secondo il mio punto di vista.

La lettura del primo volume era stata un vero e proprio tormento: più volte, già alle prime pagine, ero stata tentata di abbandonare tutto tante erano le cose palesemente assurde in cui si incappava fin dall'inizio. Non a caso, penso che la recensione di Ivengral vol. I sia stata una tra le più negative.
Per fortuna, con questa seconda "tappa", l'opinione che mi ero fatta di Alfonso Zarbo si risolleva un po', anche se in effetti non di molto.

Per prima cosa, mi ha colpita l'estrema brevità, che inizialmente non mi ha fatto pensare bene a questo libro: solo 189 pagine, di cui 6 di citazioni e commenti ultrafavorevoli di altri scrittori - cosa che, tra l'altro, a me ha dato fastidio, perché personalmente credo che debba essere il lettore a giudicare la qualità, senza che qualcuno cerchi di esaltare le doti di una lettura con termini altisonanti che il più delle volte non sono giustificati - 9 pagine di sinossi del primo volume, 15 di glossario e 2 di ringraziamenti... senza contare che quando un capitolo finisce sulla facciata destra, il successivo ricomincia sulla stessa, lasciandone quindi una bianca. Il che, considerato il numero limitato di righe e di caratteri di ogni pagina, fa classificare il libro in questione, più che come un romanzo, come un lungo racconto. In effetti, meno di un paio d'ore sono state sufficienti per concluderlo. E questa brevità ha al contempo aspetti negativi e positivi.

Negativi perché non trovo che i 12 euro del prezzo di copertina siano giustificati per così poco, e perché una tala ristrettezza permette soltanto un piccolo sviluppo della vicenda.

Positivi perché forse proprio questa brevità ha permesso a Zarbo di risparmiarsi tutti gli errori e gli strafalcioni, sia grammaticali che logici, di cui invece abbondava il precedente volume. Per quello che ho notato, questa volta la punteggiatura era più ordinata, un solo tempo verbale è stato sbagliato e, per quel che mi risulta, non sono stati fatti errori di logica - ossia, non ci sono situazioni che il normale raziocinio umano reputa come impossibili o assurde, della serie " erano coperti dalla testa ai piedi, con una tunica che lasciava scoperte le gambe e la braccia"...

E tuttavia, nonostante un miglioramento ci sia stato, rimagono ancora alcun difetti: gli infodump, per esempio, e l'irritante tendenza di Zarbo a raccontare piuttosto che mostrare - secondo il principio dello Show, don't tell! - le varie scene. Altra cosa che, se il "romanzo" fosse stato più corposo, sarebbe diventata davvero insopportabile, è il cosiddetto "punto di vista ballerino". Zarbo non si astiene mai dal far esprimere ad ogni personaggio, tanto dai principali quanto dalle semplici ed insignificanti comparse, pensieri ed emozioni. Dal momento che solo i protagonisti sono sei, immaginate che cosa significhi per il lettore essere sbalzato da una testa all'altra senza alcun preavviso. Decisamente snervante e fonte di confusione, tanto che in punto, che poi avrebbe dovuto essere un colpo di scena, davvero non riuscivo più a capire chi facesse cosa, nè di chi si stesse parlando.

I personaggi, proprio perché sono numerosi e molti anche nuovi, non sono caratterizzati meglio di quanto si possa fare con qualche breve frase concisa che del personaggio racconta esperienze del passato che solo un fastidioso narratore onnisciente può conoscere, unite ad una sommaria descrizione di carattere e pensieri.

Lo stampo di fantasy decisamente classico non giova: anche se ho trovato questo secondo libro più piacevole, posso dire che non mi abbia dispiaciuta, ma non che mi sia piaciuto. I cliché rimangono, anche se più attenuati, e la materia di fondo è stata già vista troppe volte perché possa risultare originale e quindi pienamente apprezzata.

D'altronde, come specifica lo stesso Zarbo nei ringraziamenti, molti impegni si sono frapposti fra lui e la stesura di questo libro. Certo questa non può essere una giustificazione, ma quantomeno ne spiega la brevità.

In conclusione, su una scala di cinque stelline, il mio giudizio si aggirerebbe intorno alle due, in constrasto con l'una del primo volume, più che altro per il miglioramento che c'è stato da un punto di vista dello stile - un po' classico, non proprio originale a dirla tutta - e per l'assenza di quegli orrori che tanto mi avevano fatto praticamente disprezzare il primo volume. Anche se in effetti non riesco ancora come popoli inventati in una terra inventata possano usare parole inglesi...

 

- UN ESTRATTO -

"Allora Uldaric capì che la Via dell'Acciaio non era soltanto un sentiero di sangue e di morte, ma anche di coraggio e gloria, di amicizia e di speranza. Per un istante il suo sguardo si perse all'orizzonte, inghiottito dall'oscurità della notte. Pensò non solo a quanti si erano sacrificati per lui, ma anche ai nuovi alleati, e sorrise. Per quanto la crudeltà della vita minasse il suo spirito, una nuova scintilla era sempre pronta a sorgere.
Così strinse forte le dita sull'impugnatura di Unrein e si scagliò in avanti, gridando. Sangue caldo schizzò sul suo volto, membra mozzate vorticavano nell'aria e, non di rado, sentiva il ferro nemico sfiorargli braccia e gambe.
Ma non aveva alcuna importanza: da quando l'avventura era cominicata, non si sentiva più solo".


 

 
 
 

Doppio appuntamento con il fantastico!

Se siete nella zona di Treviso il 29 agosto, vi consiglio di fare un saltino a questo doppio appuntamento con l'autore e con il fantastico!

Mercoledì 29 agosto presso la Loggetta di Villa Brandolini a Solighetto di Pieve di Soligo (TV):

alle ore 20.00 per i più piccoli Luca Azzolini e Francesco Falconi presentano "Evelyn Starr - La Regina dei Senzastelle", Editore Piemme, Il Battello a vapore.


 

"L'atteso seguito della saga fantasy per ragazzi che vedrà di nuovo Evelyn Starr tornare nel Mullag Maat per impedire il ritorno di Murigen, la perfida Regina dei Senzastelle."

 

Alle 21.00 per tutti

Francesco Falconi presenta "Muses", Mondadori.


"Un libro appassionante, ricco di colpi di scena, che tiene incollati alle pagine e con una protagonista indimenticabile." Licia Troisi

Se siete nei paraggi, fate un salto! Anche perchè la location non è niente male!

 

Villa Brandolini a Pieve di Soligo ( TV)

 
 
 

Pausa di fine estate

Post n°67 pubblicato il 18 Agosto 2012 da zaffira01
 

Visto che ormai è quasi (putroppo) arrivata la fine di agosto, ho deciso di fare una pausa di una o due settimane, soprattutto per quanto riguarda le recensioni. Dedicherò questo tempo a "sblognare" i grandi classici che ho lasciato ad impolverarsi sullo scaffale per troppo tempo, sperando nel frattempo di rifornire la mia libreria personale di nuovi titoli.

Vi auguro una buona seconda metà di agosto, sperando che sia un po' più movimentata del resto dell'estate;)

Vi lascio con un video carino che ho trovato in rete, sugli inglesi che vengono in Italia... a guardarlo io mi sono sbellicata dalle risate, spero che a voi possa fare lo stesso effetto!

 


 
 
 

Cuori nel pozzo. Belgio 1956. Uomini in cambio di carbone di Roberta Sorgato

 

 

TITOLO: Cuori nel pozzo.
Belgio 1956. Uomini in cambio di carbone
AUTORE: Roberta Sorgato
CASA EDITRICE: Marisilio Editore
ANNO DI PUBBLICAZIONE: 2010
PAGINE:280
COLLANA: Gli Specchi

- TRAMA -


"Cuori nel pozzo", che rievoca le condizioni di vita precedenti alla grande trasformazione degli anni Sessanta del Novecento, e la durissima relatà vissuta dagli emigrati italiani nelle miniere di carbone del Belgio, è un omaggio rivolto ai tanti che consumarono le loro vite al sacrificio estremo, per amore di quanti erano rimasti a casa, ad aspettarli.
Pagine spesso commosse, dedicate a chi lasciò il paese cercando la propria strada per le vie del mondo. 
L'Italia li ha tenuti a lungo in contro di figliastri, dimenticandoli. La difficoltà di comunicare, le enormi lontananze, hanno talvolta smorzato gli affetti, spento la memoria dei volti e delle voci. Mentre in giro per l'Europa e oltre gli oceani questi coraggiosi costruivano la loro nuova vita. Ciascunoi con la nostalgia della contrada natale, dove si cela anche un po' di rancore verso la patria che li ha costretti a partire.  Qualcuno fa i soldi, si afferma, diventa una personalità. Questi ce l'hanno fatta, tanti altri consumano dignitosamente la loro vita nell'anonimato.  Altri ancora muoiono in fondo a un pozzo, cadendo da un'impalcatura, vittime dei mille mestieri pesanti e pericolosi che sono gli emigranti accettano di fare. Ma sempre con onore. E il loro ricordo resta affidato alle famiglie.
Ora che cinquant'anni ci separano dalla nostra esperienza migratoria, vissuta dai predecessori per un buon secolo, la memorialistica si fa più abbondante. Esce dalla pudica oralità dei protagonisti, e grazie ai successori, più istruiti ed emancipati si offre alla storia comune attraverso le testimonianze raccolte in famiglia. Con la semplicità e l'emozione che rendono più immediata e commossa la conoscenza."

Ulderico Bernardi

 

-COSA NE PENSO-

E' complicato spiegare la trama di "Cuori nel pozzo", perchè non una, ma tante sono le storie che si intrecciano tra le sue pagine. Quella di Giovanni, Nannj, quella di Angelina, dei loro genitori, fratelli, amici, vicini di casa, in un'Italia che è appena uscita dalla Seconda Guerra Mondiale e ancora non ha le risorse per garantire l'occupazione e il lavoro che molti giovani sognano. L'unica scelta possibile, per i giovani lavoratori che in patria non riescono a portare a casa pane sufficiente per sfamare tutte le bocche, è partire per un'altro paese. La Germania, per fare i gelatai. L'America, per cercare fortuna. Il Belgio, per essere inghiottiti dalle voragini nere delle miniere.
Uomini in cambio di carbone. Il Governo italiano inviava la manodopera italiana, garantendo un certo numero di lavoratori ogni anno. In cambio, ogni anno, il governo belga garantiva una sicura quantità di carbone.
Ragazzi e uomini italiani, spinti dalla povertà, dallo stipendio buono, dalla promessa di una vita migliore, abbandonano l'Italia per trasferire le loro vite nei bacini carboniferi di un Paese che molti di loro a stento saprebbero collocare sulla carta geografica. Non parlano la lingua, non sanno il mestiere, ma scendono lo stesso in quei pozzi, ogni volta con la paura di non riemergene più, di non vedere più il sorriso, gli occhi, il volto tanto amati. Di mogli, di figli, di padri e madri, di tutti.
Ma "Cuori nel pozzo" non è solo questo. Non racconta solo dell'incidente avvenuto nel 1956, in Belgio, nella miniera di Rieu du Coer, a Quaregnon, che ricorda e rievoca molto da vicino, anticipandola, la più grande catastrofe avvenuta sei mesi dopo, l'8 agosto 1956, a Marcinelle, nella miniera Le Bois du Cazier. In quell'incidente morirono 262 uomini, di cui 136 italiani, lasciando 417 orfani.
Nell'incidente di Rieu du Coer perirono "soltanto" sette minatori, di cui sei italiani. Tra questi, anche Giovanni Sorgato, detto Nannj.

Giunti a questo punto della recensione, andatevi a rileggere il nome dell'autrice del libro.

Roberta Sorgato è la figlia di Nannj, minatore della miniera belga di Rieu du Coer.
Si capisce allora tutta la commozione che in alcuni passi emerge bene, tutto il dolore che viene delineato in modo così netto, soprattutto nell'ultima parte, dove il titolo assume uno struggente dolce significato e dove la penna dell'autrice sembra aver scritto non con inchiostro, ma con lacrime.
L'amore di cui si parla è così grande, anche nel momento più estremo, dove la paura è soltanto quella di non rivedere più le persone per cui il proprio cuore batte, che è davvero difficile rimanere impassibili, anche per chi ha giudicato tutta la parte precedente non all'altezza delle aspettative.
Per anni mi sono vantata di non commuovermi facilmente, ma leggendo quelle parole, quello struggimento, quel dolore che viene reso tangibile da quei segni stampati sulla carta, che più di una volta sono stati offuscati da un velo appannatore spuntato a tradimento a coprirmi la vista, non si può rimanere indifferenti. Mettendo insieme tutti i tasseli che questo libro fornisce, come pezzi sparsi di un puzzle, non si può evitare di sentire una stretta allo stomaco, alla gola, un'opressione al petto. Non ci si può pensare a lungo senza mettersi a piangere, pensando che nulla o pochissimo di quanto raccontato è inventato, ma è invece tutto vero, Nannj e Angelina, i loro bambini, i minatori, le condizioni delle miniere e del lavoro, è tutto vero, descritto e narrato, confidato si potrebbe dire, da chi quella realtà e quel vuoto li ha provati sulla proria pelle.
Angelina, giusto per darvi un'idea, è morta alla fine di aprile 2012. Roberta Sorgato vive in Italia, dove soltanto nel 2009 Nannj ha potuto fare ritorno.
Le ultime pagine di questo libro sono state sicuramente le più struggenti e commomenti che abbia mai letto.

Tuttavia, anche se mi piacerebbe potermi soffermare soltanto sulla storia, non voglio illudere potenziali lettori di trovarsi di fronte ad un capolavoro.
Personalmente, ho trovato i primi due terzi del libro abbastanza noiosi, ritrovandomi più di una volta a non condividere le scelte dell'autrice. Effettivamente, viene dato poco spazio alle condizioni dei minatori in Belgio, viene prestata invece molta più attenzione ai dialoghi, tanto che descrizioni dei personaggi non ce ne sono o sono frammentarie e sommarie. La Sorgato si concentra moltissimo sui sentimenti, e questo non è certo un male, se non fosse che va a discapito del "background", che è troppo poco delineato perchè il lettore se lo possa figurare, anche se forse era proprio questo l'intento della scrittrice.  Protagonisti sono proprio Angelina e Nannj, innamorati di un amore che nemmeno la più estrema delle separazioni può far venire meno.
Una cosa che davvero non sono riuscita a farmi piacere sono i flash-back dentro i flash-back dentro i flash-back. Ecco allora che si parte con Angelina seduta da sola sull'unica sedia della sua nuova "casa" in Belgio, e con la sua mente ci si ritrova ai tempi in cui era bambina e il padre Antonio la portava sul greto del Piave per respirare "l'aria buona", e poi con la mente del padre si ritorna indietro ai tempi della prima guerra mondiale, quando lui combatteva su quegli stessi sassi, su quelle stesse sponde... e l'Angelina del Belgio diventa lontana anni luce.
Gran parte del libro non è altro, infatti, che un immenso flash-back che ci racconta le vite di Angelina e di Nannj prima di partire, dei loro genitori e di altri personaggi.
Niente da dire sull'abilità della Sorgato di delineare i sentimenti dei personaggi, ma molto spesso questi salti temporali finiscono per distogliere il lettore dal filo principale, quello del lavoro in Belgio, talvolta anche in momenti salienti in cui magari il lettore vorrebbe sapere subito come va a finire. Da un lato questo smorza la tensione e permette di riprendere fiato, ma dall'altra risulta anche di disturbo.
Di pozzi si parla soltanto alla lontana, l'occhio del narratore non ci si avvicina mai, rimanendo sempre focalizzato, nel presente e nel passato, sulle persone.
Forse più di tutto è stato questo a lasciarmi un po' perplessa, perché dal titolo e dalla copertina mi aspettavo qualcosa di diverso e perciò è stato un po' deludente, non perchè non sia scritto bene ma perché non era quello che mi aspettavo.
Benchè vada a delineare a grandi linee un periodo storico, non è un romanzo di questo genere: si può dire sia una storia d'amore, di quelle che davvero ti stringono il cuore, senza però condannare nessuno.

Non ci sono booktrailer di questo libro, ma vi propongo invece una canzone dei New Troll. Si intitola "Una miniera", è stata scritta per il disastro di Marcinelle. Disastro diverso, ma stesso dolore.

A TUTTI GLI SCONOSCIUTI, DIMENTICATI EROI
è dedicato questo simbolo d'Amore: a ognuno di loro
che, in ogni tempo e in ogni luogo, hanno barattato la vita 
con un pezzo di pane per asciugare il pianto dei propri figli.

MAI PIU'

scritto

PER SEMPRE
in un oggi e in un domani
finalmente
senza

MORTI BIANCHE

 

Sono uscita dal pozzo
Era la mia vita senza di te
Era la tua morte: inutile lontano da me

HO
TROVATO
LA
LUCE

( Roberta Sorgato - Cuori nel pozzo)

 
 
 

la Lettura del Corriere della Sera- "Il disincanto di Venere"

Neanche a dirlo, nè la notte appena passata nè quella precedente è stata così clemente da permettermi di avere almeno un minimo scorcio del cielo notturno, anzi, ha piovuto entrambi i giorni e ieri notte tutto ciò che era visibile al di là degli alberi era soltanto un'uniforme distesa di nuvole, compatte come se ne vedono di rado. Quindi, stelle cadenti, al prossimo anno, ormai ( speriamo, per lo meno!).

Tuttavia oggi non voglio parlare di stelle, ma piuttosto di stalle. Oggi, domenica 12 agosto 2012, è uscito il 39° fascicolo de "la Lettura", allegato al Corriere della Sera.

Dato il titolo, qualcuno penserebbe subito ad una sorta di periodico ad argomento intellettuale, dove si parli di libri e del piacere e dell'importanza della lettura. Quindi si figura in copertina uno scorcio di biblioteca, un libro, uno scrittore o uno e più lettore intenti nella loro attività. E invece no.

Invece, è questa l'immagine che ci si ritrova davanti.

 

Niente popodimeno che una parodia della "Nascita di Venere" di Botticcelli. Che cosa ha a che fare questo scatto realizzato dall'artista David LaChapelle per il Corriere della Sera con la lettura? Ditemelo voi, perchè io non sono davvero in grado di capirlo. Quello che doveva essere cibo per la mente è stato trasformato fin dalla prima pagina in cibo per gli occhi. Puro e mero cibo per gli occhi, nient'altro.

Ma forse c'è una motivazione dietro una scelta così apparentemente fuori luogo. Forse l'intento della redazione e dello stesso artista è quello di spingere l'osservatore a leggere quest'immagine. Facciamolo, allora.

Non può fare a meno di balzare agli occhi la "splendida" Venere senza veli che fa da padrona, orgogliosa di mostrare agli occhi di tutti i suoi attributi femminili (che probabilmente hanno subito anche qualche ritocchino digitale). Sì, ma le parti intime sono coperte dalla conchiglia, direte voi. Guardate bene, allora, e poi ditemi che cosa ricorda la parte della conchiglia posizionata proprio davanti all'osso pubico della "Venere". Proprio ciò che invece dovrebbe nascondere. Altro che nascondere, qui la conchiglia mostra proprio ciò che alla dolce Venere non sarebbe possibile mostrare stando in piedi! Non so voi, ma io non lo trovo "artistico", lo trovo davvero offensivo e volgare.

Donne, con tutto quello che abbiamo e avete lottato nei secoli per conquistare i vostri diritti, perché di fronte ad una così aperta oggettizazione e ridicolizzazione del corpo femminile non fate sentire forte e chiara la vostra voce? Io, quando ho visto l'immagine, sono rimasta sconcertata dal fatto che non avesse proprio nulla a che fare con l'argomento trattato ( in realtà all'interno del fascicolo si parla di un po' di tutto, anche di Glee, la serie televisiva definita "politicamente scorretta" che non ho idea di cosa centri con la lettura). Mi sono sentita davvero offesa come donna, non lo nego. E' per questo che ho deciso di scrivere questo post, perché altrimenti avrei cominciato a sfogarmi con i miei genitori fino a farmi cacciare dalla cucina.

Venere non rinuncia ad un paio di calzature "sbrillucicose", che le sono state fornite da chissà quale negozio sottomarino, e come lei non può sopportare di sporcarsi i piedi l'uomo (?) rigorosamente nudo che siede alla sua sinistra, che indossa un paio di scarpe dorate dietro le quali si scorge una bella capretta... che anche questo animale abbia un qualche messaggio subliminale?

L'unico ad essere vestito è il soggetto alla destra della "dea", forse ancora più effemminato della Venere stessa, che adorante le "copre" le parte intime. Lui è il solo ad essere scalzo. Ne siete sicuri? Guardate bene, con gli occhi di un rapace, i suoi piedi.

Eccolo lì, in bella mostra, il simbolo della Nike, alla faccia della cosiddetta "pubblicità occulta". Sicchè questa "bella" copertina, di un fascicolo che reca l'intellettuale titolo di "la Lettura", diventa una finestra per metteer in bella mostra un bel corpo femminile nudo e per pubblicizzare.

Io ho la passione della scrittura, le parole di solito mi vengono spontanee, ma di fronte a questo davvero non ne ho.

Ecco come viene descritta questa immagine dall'art director:

"Una Venere contemporanea immersa in un paesaggio da sogno, un vortice di nastri colorati, corone d'oro come raggi di luce e scarpe luccicanti sommerse di glitter. Accanto a lei, uomini adoranti: annunciano al mondo la nascita della Bellezza. E' la provocante ( e provocatoria) opera di David LaChapelle, allegoria della Venere del Botticelli, realizzata per la nostra copertina. LaChapelle è uno tra gli autori più visionari e geniali dell'universo artistico internazionale: più che un fotografo è un artista che crea immagini per raccontare con ironia le ossessioni della società contemporanea. E lo fa attraverso uno sguardo surreale, barocco, fortemente narrativo, evocando spesso ( come in questo caso) i grandi autori della storia dell'arte. Con una vocazione alla teatralità, LaChapelle ci conduce dentro l'universo del mito, delle icone e della finzione come metafora assoluta del nostro presente. Così, alla stregua di un nuovo maestro rinascimentale, con ironico disincanto, ci restituisce l'irreale, sognante e smaliziato affresco dei nostri temi".

Non ci sto, davvero non ci sto, e non me ne dispiace per niente. Questa non è cultura, e facendo delle ricerche sulle opere di LaChapelle ho trovato di quelle volgarità più uniche che rare, scatti che parodiavano i santi, il papa o lo stesso Gesù Cristo, di fronte ai quali, da credente, mi sono sentita davvero ribollire il sangue nelle vene. Non le ho trovate artistiche, le ho trovate offensive in un modo indescrivibile, assolutamente prive di ogni rispetto e di ogni decenza, come pure quelle che hanno per soggetto donne in pose lascive che ben poco lasciano all'immaginazione.

Questa, ripeto, non la considerò nè cultura nè arte, e mi stupisce in effetti vedere che dietro a quasto fascicolo c'è una "redazione cultura". Io, al loro posto, mi sarei opposta alla scelta di questa immagine. Magari l'hanno davvero fatto, chissà, ma intanto al lettore è questa bella foto colorata che viene proposta.

Dante Alighieri, Manzoni, Verga, soltanto per citare alcuni nomi, questi sono i personaggi che meritano di essere celebrati e proposti come esempi di cultura, non immagini così volgari e schiette, che proprio nulla lasciano all'immaginazione.

E badate bene, io non sono bigotta, ma credo che ci sia un limite a tutto e che un po' di censura a questo Paese non farebbe per niente male.

Questa è la vera nascita di Venere, non c'è nemmeno paragone con l'allegoria/parodia fatta da questo pluridecantato artista/fotografo su cui, a parer mio, per fargli una buona pubblicità, sono state sparate davvero delle castronate enormi. Impossibile paragonarlo a Botticelli o anche solo a un maestro rinascimentale. Con queste parole termino il mio sfogo, ditemi pure tutte le male parole che volte, ma è inutile che "rompete" tanto ai giovani perché sono ignoranti e non studiano eccetera eccetera se poi sono questi gli esempi di "cultura" che vengono loro proposti.


 
 
 
 
 

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