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Diario elettorale


Vittoria, vittoria, grande vittoria. Con Scagliola, Marcellone Dellù, Mariano Asticella, Cesare Tremiti, Tondi e qualche altro amico in semilibertà o in affidamento ai servizi sociali abbiamo festeggiato per tutta la notte, qui nella capitale Ouagadougou. Finalmente il nostro sogno si è avverato, ritorniamo al governo! Marcellone ha ricevuto un sacco di telefonate dalla Sicilia, tutti elettori che si congratulavano e lo invitavano a raggiungerli al più presto, tutta gente rispettabile: al termine della conversazione Marcellone faceva un piccolo inchino e diceva “baciolemaniavossia”. Mariano non smetteva di suonare tarantelle e canzoni popolari napoletante, Scagliola come sempre non lo sopportava e a un certo punto, quando la melodia si è fatta più lamentosa, ha sferrato un calcio al manico dello strumento spezzandolo in due. Mariano è rimasto esterrefatto. Mi sono detto “una rissa proprio la sera della vittoria no”, vedevo che Mariano fremeva, lo sguardo fisso alle corde che penzolavano inutili sul legno, sollevava lentamente il capo e lo sguardo, a raggiungere l’autore dello scempio…. e all’improvviso è scoppiato a piangere come un bambino. E’ sensibile, Mariano, è un musicista, non riesce a capire come si possano usare modi da rude teppista di periferia industriale, cosa che per la verità capita spesso a Scagliola. Lo abbiamo consolato io e Marcellone, passandogli il braccio sulla spalla, uno da una parte e uno dall’altra. Dopo qualche minuto Mariano si è calmato, limitandosi ad inveire contro Scagliola. “Screanzato insensibile”, gli diceva, e si vedeva che Scagliola, che in fondo ha un cuore tenero, ne era colpito e iniziava a provare insostenibili rimorsi per il gesto inqualificabile. Ci ha pensato Cesarone Tremiti a riportare l’allegria, gridando col suo modo allegro e coinvolgente “a stronzi, e piantatela de litigà. E noi che je famo ar PD?”. Non tutti lo capiscono, Cesarone, e qualcuno pensa che sia un grezzo burino, ma noi che lo conosciamo da trent’anni o più sappiamo che ha un cuore d’oro. Ci siamo alzati tutti in piedi e abbracciandoci abbiamo iniziato a saltellare cantando “je romperemo er culo” sull’aria di “quel mazzolin di fiori”. Tondi si limitava a battere le mani, sorridendo estasiato (è un poeta e tende ad essere più contemplativo che attivo). Anche Asticella ha dimenticato i rancori, lui e Scagliola si sono stretti in un fortissimo abbraccio, poi si sono guardati teneramente negli occhi umidi di commozione. Quasi nessuno si è accorto che dopo qualche istante Scagliola ha baciato insistentemente Mariano sulla bocca, e questi, dopo qualche attimo di sorpresa, ha ricambiato l’effusione. Che teneri ! La gioia elettorale si somma alla gioia di vedere che l’amore è sbocciato fra due degli amici più cari ! Anche questa volta ci ha pensato Cesarone a compattare il gruppo, per uscire sulla terrazza, richiamando delicatamente Scagliola e Mariano: “a froci, ‘ndo ‘nnate, venite sur balcone”. E così, di fronte alla notte della città eterna, pensavo alle dure lotte del passato, alla gloria che ci aspetta e al duro lavoro che dovremo svolgere con i nostri alleati per modernizzare il Paese, alle morte stagioni e alla presente e viva (dev’essere un verso di Trilussa o di quell’altro, Luther King o come si chiama, mi è venuto in mente così, dal profondo di qualche ricordo d’infanzia; mi sia consentito citare una dotta composizione, in questo giorno di festa). Marcellone, dopo un paio di brindisi, ha proposto “e adesso, ci vuole proprio il puttan tour! Come ai vecchi tempi!”. Era un’idea divertente, già stavamo per indossare i cappotti, quando due amici in semilibertà ci ricordarono che non era il caso che si facessero vedere in simili circostanze; e d’altra parte Scagliola ci rammentò che avrebbe potuto essere imbarazzante incontrare qualche portavoce o esponente dell’ex maggioranza, che magari si stava facendo un giretto (giusto perché stava sulla via di casa) e scambiava due chiacchiere con qualche trans per scacciare la malinconia della sconfitta. Notai che Tondi, che se ne stava sempre in disparte ed era un poeta, era arrossito tutto ed il suo sguardo lucido vagava fra il senso del peccato e la tentazione della carne. Ma anche il suo smarrimento ebbe fine quando Tremiti, rovistando in uno scatolone dietro il televisore, trovò qualche vecchia cassetta. Era sempre stato un intenditore, da vero romano e frequentatore di Cinecittà, e ricordava di avere conservato alcuni dei titoli più importanti della produzione cinematografica italiana, che ha donato all’Arte con la ti maiuscola Autori come Visconti, Fellini, Antonioni, Bertolucci. Come in ogni vera democrazia decidemmo di mettere ai voti la scelta del film da vedere, anche se prima dello scrutinio mi sentii in dovere di mettere in guardia gli amici dai brogli che certamente sarebbero stati posti in essere, e li invitai a vigilare con grande attenzione: vinse “Una vacanza del cactus”, soprattutto per gli indimenticabili protagonisti (Annamaria Rizzoli, Bombolo e Cannavale, Aldo Maccione, Alvaro Vitali, Renzo Montagnani), ma confesso di avere votato per “La bella Antonia, prima monaca e poi dimonia”, sia per la protagonista (Edwige Fenech), sia per l’interesse che ho sempre avuto verso il monachesimo cluniacense e la rinascita spirituale dell’Europa, dopo i secoli oscuri delle invasioni barbariche. Ho chiesto la verifica dei voti (quando ci sono di mezzo Cesarone e Marcellone diventa davvero difficile fidarsi…anche se sono cari ragazzi e non farebbero male a una mosca), ma Tondi mi ha convinto che era il volere della provvidenza. Seguimmo la proiezione con estrema attenzione, anche perché forniva utilissime indicazioni per la futura attività di governo, trattando temi di estrema attualità (la coltivazione dei cactus nelle zone insulari e costiere meridionali, di competenza del Ministero delle Politiche Agricole; l’organizzazione della rete dei trasporti pubblici e l’emergenza nei giorni del grande esodo durante le vacanze estive) e con uno sguardo senza dubbio particolare. Al termine della proiezione ci rendemmo conto che Tondi si era appartato, senza dubbio per prendere appunti (quel ragazzo ha un sacco di idee: se solo superasse la timidezza….); Scagliola e Asticella si stavano limonando come due ragazzini al cinema; Marcellone Dellù si era pesantemente addormentato sul divano, con la pappagorgia che vibrava mentre russava; Tremiti stava sempre al telefono col presidente della Lazio, dicendo “te faccio ‘n provvedimento che nun paghi manco quer poco de tasse, se mio fijo parte titolare”. Sempre preoccupati per i figli, questi genitori: ne so qualcosa io, con Pierfulvio…… Chiamai Tremiti per ricordargli che il film era terminato e che doveva iniziare il cineforum. Cesarone si scusò e richiamò tutti all’ordine con un gutturale “a cojoni, ve stà a tirà er pistolino ? credo de no, tranne che ai due piccioncini….a Tondi, a ‘n do stavi, te stavi a toccà? mo’ te vojo vedè ar cineforum, cos’hai imparato dar filme”. Marcellone si riscosse e si passò una mano sugli occhi, Asticella e Scagliola si sedettero sul divano l’uno di fianco all’altro tenendosi per mano; tutti presero posto, anche quelli in semilibertà, e iniziò una approfondita discussione sul piano sequenza, sul metodo Stanislavski e sulle influenze della Nouvelle Vague sulla recitazione di Annamaria Rizzoli. Che commozione, a vederli così, tutti insieme, che discutevano animatamente ma civilmente; ciascuno portava il proprio contributo e, se si eccettua un focolaio di rissa fra Cesarone e Asticella, subito sedato, partecipava in comunione con gli altri al medesimo progetto. Certamente il nostro sarà un governo meraviglioso…..e adesso tutti a letto, che domani devo incontrare i leader degli altri partiti vincitori delle elezioni.