Golden Velvet

Spirito libero


    I suoi occhi velatamente tristi non lasciavano scampo, parevano leggere dentro l'anima, talvolta mettevano a disagio. Teneva per sè le conclusioni, limitandosi ad approvare o meno una persona col linguaggio del corpo. In silenzio degnava della sua presenza, ascoltandone con attenzione i discorsi, oppure girava i tacchi e se ne tornava sul divano.    Amava i libri. Alcuni li divorava, altri li assaporava lentamente, con gusto. Mi ha portato a pensare che preferisse alcuni autori. Ma la sua delizia erano le copertine di Mauro Corona, invece "Il Piano Infinito" della Allende deve averla delusa, abbandonandolo a metà.    Nella quiete casalinga echeggiavano i suoi sospiri, mentre restava meditabonda ore ed ore seguendo con lo sguardo i miei movimenti, leggermente accigliata, quasi tutti i problemi del mondo fossero colpa mia. Mi ci è voluto un po' di tempo per abituarmi a sentirmi studiata in quel modo. Solo i temporali la spaventavano a tal punto da farle cercare il contatto con me.    E' una questione di carattere, penso. C'è chi è portato a superare più rapidamente le situazioni traumatiche della vita, chi ha bisogno di più tempo, e chi invece non guarisce mai e si porta sempre dietro paure insolute. Penso che questo sia stato il suo caso. L'ho osservata per anni, con gelosia, cercare nell sguardo della gente quello dell'uomo che l'aveva lasciata, speranzosa, disperata. E, nel suo intimo, deve aver creduto che prima o poi l'avrei lasciata anch'io. Non si è mai fidata completamente di me.    Eppure cieco dev'essere stato, quel pazzo che non ha saputo comprendere il suo spirito e rendersi conto che lei era uno scherzo della Natura. Un'anima pura e libera intrappolata in un corpo sbagliato. Una punizione karmica che ha scontato con quindici anni di prigionia.    Perchè, a ben guardarla, non c'era nulla nel suo comportamento che rispecchiasse quello della sua specie. Ha dato prova delle sue capacità paranormali più volte, guardando e comunicando con entità non fisiche davanti ai miei occhi terrorizzati; ancora oggi, quando ci penso rabbrividisco. In un'occasione, ha capito che c'era qualcosa che non andava e toccandomi e tirandomi mi ha aiutato a riavermi da un'esperienza extracorporea del tutto involontaria.    Amava la montagna, come me. L'accompagnavo spesso, per alleviare il peso che portava dentro, ma durante le nostre passeggiate talvolta impazziva e cominciava a correre, costringendomi a chiamarla con quanto fiato avevo in gola e precipitarmi dietro di lei per riportarla all'auto. Non scappava da me, scappava da se stessa. Voleva sentire l'aria sulla faccia, la brezza nelle orecchie, voleva illudersi di essere di nuovo libera dalle costrizioni terrene, perchè di questo era costituito il suo spirito... la voce del vento.    Insomma, l'ho amata. Visceralmente. Era un essere unico che col tempo è diventato parte del mio essere.    Ma l'ho anche odiata, e lei lo sapeva.     Se n'è andata ieri. Solo un giorno è passato, e già mi manca come se mi avessero tolto l'aria. L'ho seppellita in quel luogo che per entrambe è sinonimo di libertà; all'ombra di un immenso faggio, che ora veglia sul suo corpo sbagliato.