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GrafoLAUREANDI?

Dove Paperino è una leggenda. Il corso più fuffa del nuovo ordinamento torna con le sue folktales da quattro soldi e stupisce con le roboanti peripezie dei linguaggianti laureandi

 

 

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Post N° 272

Post n°272 pubblicato il 01 Novembre 2006 da heathcliff85

(traduzione mia da “Bienvenue dans un monde inutile” di Philippe Nassif, Denoel Edizioni)

 

JEAN-NO COMPRA UN TAGLIAUNGHIE DA MUJI

 

Seduto placidamente su di un pouf in tessuto sintetico grigio metallizzato, Jean-No osserva Cerise che si agita all’interno del suo nuovo appartamento situato alla periferia nord di Marais. Cerise è divertita: tira fuori dalle confezioni i suoi acquisti Habitat del giorno – una gabbia per uccelli in vimini, dei ninnoli natalizi intrecciati di tessuti traslucidi, una lampada a olio – chiedendosi ad alta voce che cosa mai possa farsene di quella roba. Jean-No, invece, getta uno sguardo distratto sulla tazza antracite dentrocui la sua amica gli ha servito del tè verde. “L’ho presa da Mugi”, fa notare lei. Forse è l’effetto del tessuto sintetico? E’ sempre lì che Jean-No, da qualche minuto, veicola tutta la propria attenzione. Quindi commette un errore: solleva un sopracciglio in segno di ignoranza. “COSA??”, escalama Cerise ironicamente, “Non conosci Mugi??”. Il nostro eroe si riprende, assicura la sua ospite che non è così e suggerisce di riempire la gabbia per uccelli di qualche pacchetto di sigarette flashy (magari quelle di Crafen A Export, precisa, pacchetto oro fuso e blu scuro). Adduce a pretesto un appuntamento, si alza e si congeda – bacio, bacio, ci si sente presto, sì sì, ciaociao -, attraversa il cortile interno senza voltarsi e aspetta di aver solcato il marciapiede di rue de Bretagne prima di poter finalmente tornare a respirare.

 

Ben fatto. Ma poco importa: Jean-No non ha la fottuta idea di cosa sia Mugi. Non l’hanno avvertito, è così fastidioso. Eppure questo posto ha l’aria di essere così fico. Bisogna dire che  Jean-No da qualche tempo si vanta di essere il re della tendenza. Di nuotare nel cool come un pesce nell’acquario.

Esempio? Si è procurato sei settimane prima della sua uscita nei negozi il cd del duo house britannico Basement Jaxx e lo propone con nonchalance a chi viene a trovarlo “Vi andrebbe di sentire il successo dance dell’estate prossima?”, prima di attaccare con “Red Alert”. Dopo averlo incorciato ad un party Citizen K, Ariel Wizman si è felicitata con lui per la sua camicetta turchese da netturbino philadelphiano con il nome dell’ex proprietario ricamato sopra. Last but not least, l’artista contemporaneo Thierry Théolier gli ha assegnato uno dei suoi preziosi timbre “Approvato da Alibi Art” seguito da una conversazione elevata (del genere “Non è bene per l’uomo moderno incarnare il male?”) davanti ad una granatina Evian sorseggiata assieme al Rex, durante una serotina Hometown organizzata dagli amichetti skaters dei Daft Punk.

E tutto questo, pensa Jean-No contrariato, per farsi rimbrottare da quella scema di Cerise, che sfiga.

La fortuna, tuttavia, non tarda a sorridergli di nuovo. Poiché è domenica pomeriggio e splende il sole, Jean-No decide di andare a sfogliare l’ultimo numero di Crash su una terrazza di Saint-Germain. Buon per lui, perché la verità lo colpisce mentre sta bighellonando per rue Saint-Sulpice: il suo sguardo si ferma bruscamente su di un’insegna beige e rossa al centro della quale zompettano le lettere “M”, “U”, “J” e “I”. Non “Mugi”, stupido”, pensa sorridendo prima di precipitarsi nel negozio color crema. Dapprima il capogiro: il luogo è visibilmente “jap” e offre tutto e altro ancora, camicie, teiere, penne o creme di bellezza sobriamente impacchettate. Dentro al suo cervello lampeggiano le parole Tokyo, Fusion, Minimal. Ovvero tre indici che convergono implacabilmente verso l’identificazione di una tangibile figheria. Jean-No giubila, assapora la sua scoperta, trotta religiosamente da uno scaffale a uno stand e s’impossessa finalmente di un tagliaunghie che maneggia come una reliquia del Dalai Lama. Ma presto il terrore lo assale: vede borse da viaggio pompate, sullo sfondo di  un’estetica commerciale fatta di scialbi portaCDin plastica bianca e di insalatiere in acciaio inox. Tuttavia, pensa Jean-No, la fauna ambientale non ne avrebbe a male per una serata vernissage in rue Louise-Weiss – d’altronde, quella laggiù non è mica la commessa del negozio di scarpe Cléry Brice? -. Ma niente da fare: la droga Muji istilla in lui un irrefrenabile malessere. Dopo venti minuti di torpore prolungato,Jean-No si dirige meccanicamente verso la cassa, allinea 44 franchi per il suo tagliaunghie e riacquista la libertà. Ma non per molto. Dall’altra parte del marciapiede, Arthur Maalouf lo chiama. Arthur è simpatico ma super arrogante e ha delle teorie su tutto. Dopotutto lavora per Technikart. “Ho una teoria su Muji”, esclama Arthur grattandosi febbrilmente il mento. Jean-No non è così sicuro di volerla sentire: il sorriso del suo interlocutore ha un’aria di vittoria che non gli piace. “Muji cristallizza l’avvento del conformismo cool”. Di che? “Dei novoBCBG, non hai letto l’articolo di Eudeline su Nova?”. Perché “novo”? “D’altronde, - continua con lo sguardo invasato -  Muji rappresenta la moda a portata di mano dei barboni”. Jean-No palpeggia nervosamente il suo tagliaunghie. Le parole di Arthur urtano contro la sua cassa toracica e suonano come un’evidenza. Le sue spalle si afflosciano. La malinconia lo prende. Stasera, per la prima volta, Jean-No si è proletarizzato.

 

 

 

 
 
 
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