Del Vago

Joni Mitchell nell'aria


Un esame il giorno 24 mattina, e sono già al 19 sera, e restano troppe pagine ancora da sporcare col mio sapere. Scrivo dell'urgenza universitaria eppure fatico a farla entrare nei miei pensieri come tale. Altro mi occupa, altra data. Altro giorno di altro mese. Tale 1 (uno, primo) febbraio di promesse generose: casa nuova e lavoro nuovo. Cronista spedito a vagare per la grande città, per scrivere su di essa. Cronista, ripeto, e da 150.000 copie a settimana. Con lettori distratti e spenti, ma - ben inteso - LETTORI. Cosa sperare di meglio? Sarò pagato per condurre la mia usuale esistenza da girovago osservatore, autorizzato alle domande e rifornito di taccuino...E di nuovo residente, anche. Salgo l'androne delle scale, quadrato, del mio vecchio palazzo. Vasi di fiori costellano le ringhiere interne, una vetrata dalla cima illumina del cielo alto i miei passi. Corridoi angusti si snodano come serpenti. Fra gli angoli piccoli morbidi numeri e lettere, chiari, sulle porte interne. Gli abitanti coltivano gentile riserbo. Cunicoli intrisi dell'ambiguità scrittoria, odore di bohème. Le donne di Modigliani hanno dormito qui. Due generazioni trascorse, forse anche tre, fra quelle pareti. Pareti nella luce bianche, quasi perlacee, o eburnee. Poi, in alto, si anneriscono, prendono un'aria saggia. Tu, città, così popolare e dignitosa, mi innamori. Di giorno, nella corte centrale, apre uno studio di grafica, un atelier: ecco lo spirito dell'oggi. Ma quando affianca le biciclette malandate, messe lì a riposare, deposte come antiche compagne, che strano, non stona.Tante figure così prossime mi frastornano, mi fanno trasalire di entusiasmo. Ogni cosa nuova, radicalmente nuova. Gli inizi, che cosa brillante e tumultuosa!