Se lesbiche e gay credenti mutuano da altri gruppi un metodo collaudato per...Persone attive nella comunità di S. Francesco Saverio e nella sua "assemblea permanente" han presentato in chiesa il Mondo di Comunità e Famiglia. Dal 2009/2010 han proposto al gruppo di lesbiche e gay cristiani Alidaquila (ospitato a S. Francesco Saverio) di... provare a sperimentare in piccolo il cosidetto "metodo della condivisione" invalso in ACF. Di che cosa si tratta? Qualche indicazione tratta dalle pagine di Comunità e famiglia;Il metodo della condivisionePremessa: il contestoLa parola chiave è DISCERNIMENTO: guardare dentro di sé per fare chiarezza, per mettere ordine, per evitare la confusione, per gettare luce in zone d'ombra del proprio cammino.Il "metodo della condivisione" si basa sull'ascolto dell'altro e sull'assenza di dibattito nella relazione tra le persone di un gruppo. L'obiettivo è che ognuno possa riuscire a trovare la propria strada attraverso la chiarezza che l'ascolto senza giudizio dell'esperienza altrui può dare.Le diversità delle storie che si incontrano all'interno di ogni gruppo è lo specchio poliedrico dentro il quale guardare alla propria esperienza, il tempo dell'ascolto degli altri e di noi stessi sono per noi il concepimento di una ricchezza che ci può dare l'arte del discernere.I gruppi di condivisione sono strumenti di accompagnamento reciproco e aiuto al discernimento comunitario, personale, di coppia, che Comunità e Famiglia mette a disposizione. Sono sorti dal desiderio approfondire l'esperienza delle comunità familiari residenziali (singole/i e famiglie che vivono vicine in uno spirito di sobrietà, tolleranza, accoglienza, mutuo soccorso). Il primo incontroNel corso del primo incontro le persone si presentano in modo sintetico al resto del gruppo. La presentazione è imperniata sul "chi sono…" e sul "perché sono qui…".Se i presenti sono molti, è interessante (e comodo) invitare ogni partecipante (lasciando un tempo adeguato di riflessione) a trovare cinque parole che in qualche maniera possano disegnare il proprio profilo individuale, e poi a utilizzare questi termini per raccontarsi al gruppo. Ad esempio: "Mi chiamo ………., abito a ……….. e le cinque parole che ho scelto per raccontarmi sono: faccio lo ..., amo ..., sono ..., ...". Questo per incominciare ad abituarsi a stare vicini in modo aperto e a condividere in prima persona le nostre individualità.Fatto il giro delle presentazioni, si illustra come saranno organizzati i successivi incontri.I "tutor" presentano il metodo per la conduzione: ciascun membro del gruppo, a turno, riceve la parola;ognuno parla in prima persona secondo la propria esperienza e la propria visione delle cose;ciascuno affida con fiducia al gruppo ciò che ritiene di dover condividere;il gruppo si impegna a non riferire all'esterno ciò che viene condiviso, se non parlandone in terza persona e a scopo di "edificazione";nessuno interrompe, né giudica, gli interventi degli altri;non ci si risponde, non si innesca dibattito. Viene quindi proposta una scaletta di argomenti per i primi 4/5 incontri: conoscenza profonda dei vari componenti del gruppo tra di loro: ogni persona ha un tempo di dieci minuti per parlare al gruppo di sé in prima persona;il lavoro;la condivisione dei beni;l'accoglienza;(un argomento scelto dal gruppo…) Se tra il primo grande incontro e quello successivo una nuova persona o coppia si dimostra interessata alla condivisione, occorrerà avvisare il gruppo dell'opportunità di un nuovo inserimento e comunque sarà raccomandato ai nuovi di presenziare al primo incontro dei nuovi (quando sarà nuovamente organizzato), perché riteniamo importante che ognuno viva questo momento così particolare. L'avvio Nel primo incontro di condivisione il "tutor" ha il compito di:a) avviare l'incontro;b) ricordare ed esplicitare il metodo della condivisione;c) salvaguardare il gruppo dal dibattito;d) contribuire a far nascere nuovi coordinatori, raccontando quali saranno i suoi compiti. I coordinatori - scelti dal gruppo, all'interno del gruppo, sulla base della conoscenza del ruolo – sono figure di servizio, che hanno il compito di facilitare l'autoconduzione del gruppo secondo il metodo della condivisione.E' opportuno un avvicendamento periodico dei coordinatori (ogni anno o, meglio, ogni 2 anni di vita del gruppo) per consentire ad altri di vivere questa arricchente esperienza. Gli uscenti rimetteranno il "mandato" al proprio gruppo che nominerà nuovi coordinatori. Sintesi del metodo di conduzione di un incontroL'incontro si apre con una preghiera o, a seconda della composizione del gruppo, con un brano 'laico' che sia di stimolo alla riflessione: una frase, una lettura, un canto, una poesia, un'immagine da contemplare legata al tema dell'incontro. Nel primo incontro questo momento iniziale viene preparato dal "tutor", nel secondo dal/dai coordinatore/i e nei successivi viene deciso dal gruppo.Alla preghiera, o al brano, segue un momento di silenzio.I coordinatori propongono la scaletta della giornata con i tempi di lavoro, si accertano degli assenti, dell'andamento della catena telefonica, chiedono se c'è qualche urgenza da inserire in coda nell'ordine del giorno. È importante che si instauri un clima di sereno impegno, collaborazione e partecipazione attiva da parte di tutti.L'incontro procede con l'ascolto di una testimonianza sull'argomento prefissato, eventualmente preceduto da un momento di lancio preparato da una persona del gruppo (per il primo incontro può essere a cura dei coordinatori), per esempio un brainstorming, un disegno, ecc. La testimonianza può essere portata da una persona, da una coppia, ma anche frutto di una lettura, un filmato; il gruppo può esprimere la propria creatività in questo ambito. L'importante è che ciò che viene portato sia un "vissuto".Al termine dell'esposizione si lascia uno spazio per le eventuali domande da rivolgere.Si passa alla condivisione. Ognuno ha un tempo per sé. Nessuno interrompe, nessuno contraddice. Chiunque interviene lo fa in prima persona. Gli altri ascoltano con attenzione e partecipazione. I coordinatori intervengono solo per segnalare i tempi della scaletta e per far rispettare la regola del non dibattito.Ciascuno deve sentirsi libero anche di non dire nulla: in questo caso può essere utile condividere le motivazioni del proprio silenzio: il gruppo condivide e fa proprie anche le fatiche dei suoi partecipanti ("condividendo si moltiplicano le gioie e si dividono i dolori").Terminata l'esposizione dell'ultima persona, si lascia un tempo eventuale per un nuovo intervento di chi si sente interessato ad aggiungere qualcosa.Nel corso della testimonianza e della condivisione, vengono annotate sinteticamente le "PERLE" dell'incontro (meglio se con l'ausilio di un cartellone visibile a tutti durante la compilazione). Poche righe, due parole, un'intuizione, che andranno a formare la COLLANA DI PERLE da leggere alla fine.Si conclude quindi con la lettura della "collana di perle", le comunicazioni di servizio, giorno-orario-tema del prossimo incontro, suddivisione delle eventuali mansioni organizzative ed un attimo di preghiera. Se un gruppo lo ritiene opportuno, la preghiera finale può rimanere fissa nel tempo per determinare un vero e proprio rituale di chiusura.Nel corso degli anni successivi, fatta salva la fedeltà al metodo, cambieranno i temi sui quali discernere e condividere, che saranno decisi dal gruppo medesimo eventualmente sulla scorta dell'esperienza maturata grazie ai gruppi precedenti. Alcuni dei temi fino ad oggi trattati sono stati: - quale malessere ci spinge verso la Comunità - il rapporto tra fede e Comunità - il lavoro condiviso - l'accoglienza e le sue forme - la coppia e la comunità - i figli - il ruolo della donna in comunità.Ogni gruppo affronterà con il metodo della condivisione gli elementi della vita quotidiana che sembrano importanti nel cammino intrapreso.Il gruppo non deve temere di ritornare anche sugli stessi argomenti perché sarà come essere inseriti in una spirale virtuosa che permette di alzare o abbassare, a seconda delle necessità, l'approfondimento sul tema.Il bisogno di scrivere queste righe, un canovaccio del 'cosa è, come si fa', nasce dall'esigenza di raccontare un metodo che aiuti la vita dei gruppi, senza nulla togliere quell'originalità e quella creatività che sono insite in tutti coloro che decidono di parlare in prima persona della propria esperienza. (liberamente tratto e riadattato da http://212.97.33.24/comunitaefamiglia/index.php?option=com_content&view=article&id=47&Itemid=300)Al gruppo Alidaquila è stato proposto di provare a sperimentare, nel piccolo, il metodo e...marco(segue)
Il metodo della condivisione - “Non voglio che tu la pensi come me, ma voglio che tu possa diventare quel che sei”
Se lesbiche e gay credenti mutuano da altri gruppi un metodo collaudato per...Persone attive nella comunità di S. Francesco Saverio e nella sua "assemblea permanente" han presentato in chiesa il Mondo di Comunità e Famiglia. Dal 2009/2010 han proposto al gruppo di lesbiche e gay cristiani Alidaquila (ospitato a S. Francesco Saverio) di... provare a sperimentare in piccolo il cosidetto "metodo della condivisione" invalso in ACF. Di che cosa si tratta? Qualche indicazione tratta dalle pagine di Comunità e famiglia;Il metodo della condivisionePremessa: il contestoLa parola chiave è DISCERNIMENTO: guardare dentro di sé per fare chiarezza, per mettere ordine, per evitare la confusione, per gettare luce in zone d'ombra del proprio cammino.Il "metodo della condivisione" si basa sull'ascolto dell'altro e sull'assenza di dibattito nella relazione tra le persone di un gruppo. L'obiettivo è che ognuno possa riuscire a trovare la propria strada attraverso la chiarezza che l'ascolto senza giudizio dell'esperienza altrui può dare.Le diversità delle storie che si incontrano all'interno di ogni gruppo è lo specchio poliedrico dentro il quale guardare alla propria esperienza, il tempo dell'ascolto degli altri e di noi stessi sono per noi il concepimento di una ricchezza che ci può dare l'arte del discernere.I gruppi di condivisione sono strumenti di accompagnamento reciproco e aiuto al discernimento comunitario, personale, di coppia, che Comunità e Famiglia mette a disposizione. Sono sorti dal desiderio approfondire l'esperienza delle comunità familiari residenziali (singole/i e famiglie che vivono vicine in uno spirito di sobrietà, tolleranza, accoglienza, mutuo soccorso). Il primo incontroNel corso del primo incontro le persone si presentano in modo sintetico al resto del gruppo. La presentazione è imperniata sul "chi sono…" e sul "perché sono qui…".Se i presenti sono molti, è interessante (e comodo) invitare ogni partecipante (lasciando un tempo adeguato di riflessione) a trovare cinque parole che in qualche maniera possano disegnare il proprio profilo individuale, e poi a utilizzare questi termini per raccontarsi al gruppo. Ad esempio: "Mi chiamo ………., abito a ……….. e le cinque parole che ho scelto per raccontarmi sono: faccio lo ..., amo ..., sono ..., ...". Questo per incominciare ad abituarsi a stare vicini in modo aperto e a condividere in prima persona le nostre individualità.Fatto il giro delle presentazioni, si illustra come saranno organizzati i successivi incontri.I "tutor" presentano il metodo per la conduzione: ciascun membro del gruppo, a turno, riceve la parola;ognuno parla in prima persona secondo la propria esperienza e la propria visione delle cose;ciascuno affida con fiducia al gruppo ciò che ritiene di dover condividere;il gruppo si impegna a non riferire all'esterno ciò che viene condiviso, se non parlandone in terza persona e a scopo di "edificazione";nessuno interrompe, né giudica, gli interventi degli altri;non ci si risponde, non si innesca dibattito. Viene quindi proposta una scaletta di argomenti per i primi 4/5 incontri: conoscenza profonda dei vari componenti del gruppo tra di loro: ogni persona ha un tempo di dieci minuti per parlare al gruppo di sé in prima persona;il lavoro;la condivisione dei beni;l'accoglienza;(un argomento scelto dal gruppo…) Se tra il primo grande incontro e quello successivo una nuova persona o coppia si dimostra interessata alla condivisione, occorrerà avvisare il gruppo dell'opportunità di un nuovo inserimento e comunque sarà raccomandato ai nuovi di presenziare al primo incontro dei nuovi (quando sarà nuovamente organizzato), perché riteniamo importante che ognuno viva questo momento così particolare. L'avvio Nel primo incontro di condivisione il "tutor" ha il compito di:a) avviare l'incontro;b) ricordare ed esplicitare il metodo della condivisione;c) salvaguardare il gruppo dal dibattito;d) contribuire a far nascere nuovi coordinatori, raccontando quali saranno i suoi compiti. I coordinatori - scelti dal gruppo, all'interno del gruppo, sulla base della conoscenza del ruolo – sono figure di servizio, che hanno il compito di facilitare l'autoconduzione del gruppo secondo il metodo della condivisione.E' opportuno un avvicendamento periodico dei coordinatori (ogni anno o, meglio, ogni 2 anni di vita del gruppo) per consentire ad altri di vivere questa arricchente esperienza. Gli uscenti rimetteranno il "mandato" al proprio gruppo che nominerà nuovi coordinatori. Sintesi del metodo di conduzione di un incontroL'incontro si apre con una preghiera o, a seconda della composizione del gruppo, con un brano 'laico' che sia di stimolo alla riflessione: una frase, una lettura, un canto, una poesia, un'immagine da contemplare legata al tema dell'incontro. Nel primo incontro questo momento iniziale viene preparato dal "tutor", nel secondo dal/dai coordinatore/i e nei successivi viene deciso dal gruppo.Alla preghiera, o al brano, segue un momento di silenzio.I coordinatori propongono la scaletta della giornata con i tempi di lavoro, si accertano degli assenti, dell'andamento della catena telefonica, chiedono se c'è qualche urgenza da inserire in coda nell'ordine del giorno. È importante che si instauri un clima di sereno impegno, collaborazione e partecipazione attiva da parte di tutti.L'incontro procede con l'ascolto di una testimonianza sull'argomento prefissato, eventualmente preceduto da un momento di lancio preparato da una persona del gruppo (per il primo incontro può essere a cura dei coordinatori), per esempio un brainstorming, un disegno, ecc. La testimonianza può essere portata da una persona, da una coppia, ma anche frutto di una lettura, un filmato; il gruppo può esprimere la propria creatività in questo ambito. L'importante è che ciò che viene portato sia un "vissuto".Al termine dell'esposizione si lascia uno spazio per le eventuali domande da rivolgere.Si passa alla condivisione. Ognuno ha un tempo per sé. Nessuno interrompe, nessuno contraddice. Chiunque interviene lo fa in prima persona. Gli altri ascoltano con attenzione e partecipazione. I coordinatori intervengono solo per segnalare i tempi della scaletta e per far rispettare la regola del non dibattito.Ciascuno deve sentirsi libero anche di non dire nulla: in questo caso può essere utile condividere le motivazioni del proprio silenzio: il gruppo condivide e fa proprie anche le fatiche dei suoi partecipanti ("condividendo si moltiplicano le gioie e si dividono i dolori").Terminata l'esposizione dell'ultima persona, si lascia un tempo eventuale per un nuovo intervento di chi si sente interessato ad aggiungere qualcosa.Nel corso della testimonianza e della condivisione, vengono annotate sinteticamente le "PERLE" dell'incontro (meglio se con l'ausilio di un cartellone visibile a tutti durante la compilazione). Poche righe, due parole, un'intuizione, che andranno a formare la COLLANA DI PERLE da leggere alla fine.Si conclude quindi con la lettura della "collana di perle", le comunicazioni di servizio, giorno-orario-tema del prossimo incontro, suddivisione delle eventuali mansioni organizzative ed un attimo di preghiera. Se un gruppo lo ritiene opportuno, la preghiera finale può rimanere fissa nel tempo per determinare un vero e proprio rituale di chiusura.Nel corso degli anni successivi, fatta salva la fedeltà al metodo, cambieranno i temi sui quali discernere e condividere, che saranno decisi dal gruppo medesimo eventualmente sulla scorta dell'esperienza maturata grazie ai gruppi precedenti. Alcuni dei temi fino ad oggi trattati sono stati: - quale malessere ci spinge verso la Comunità - il rapporto tra fede e Comunità - il lavoro condiviso - l'accoglienza e le sue forme - la coppia e la comunità - i figli - il ruolo della donna in comunità.Ogni gruppo affronterà con il metodo della condivisione gli elementi della vita quotidiana che sembrano importanti nel cammino intrapreso.Il gruppo non deve temere di ritornare anche sugli stessi argomenti perché sarà come essere inseriti in una spirale virtuosa che permette di alzare o abbassare, a seconda delle necessità, l'approfondimento sul tema.Il bisogno di scrivere queste righe, un canovaccio del 'cosa è, come si fa', nasce dall'esigenza di raccontare un metodo che aiuti la vita dei gruppi, senza nulla togliere quell'originalità e quella creatività che sono insite in tutti coloro che decidono di parlare in prima persona della propria esperienza. (liberamente tratto e riadattato da http://212.97.33.24/comunitaefamiglia/index.php?option=com_content&view=article&id=47&Itemid=300)Al gruppo Alidaquila è stato proposto di provare a sperimentare, nel piccolo, il metodo e...marco(segue)