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Post n°36 pubblicato il 13 Maggio 2012 da hermesgemini1
A MARIA FABBRICATORE
Rileggo i tuoi versi dopo una lunga immersione nelle acque di parole che non sanno della mia pena d’uomo che trascina furori e avversità come trofei per non piegarmi al ludibrio delle menzogne.
Ne sento la traccia divina e fremo per il dono e sono mortificato per non aver saputo cogliere all’istante la tenerezza d’un gesto che mi dava senso e dava senso al mio cammino
che sempre più sbanda a povere mete e moltiplica quadrivi e si afferra a nuvole distratte dai temporali. La nostra terra è sudore e arcobaleni: non bastano per pareggiare il conto, e le rondini
sono offese. Lo so, dovevo moltiplicare invece le energie e divellere le siepi alte, e coinvolgere gli ardori delle fiumare. Ma sono sempre più misera cosa che arranca per gli altari distrutti
dai barbari, per raccogliere cocci e schegge di fulgori antichi. No, non serve custodire le reliquie dei padri e farne poesia; bisogna armarsi di infide baionette, rompere il gelo del potere per farne nuovi orizzonti. Basta con la morte. Tu, Maria,
dovrai guidare i gabbiani verso le torri dei nemici, e io Pitagora, Tommaso e Gioacchino senza più riguardo a niente e a nessuno. Distruggere, azzerare. E finalmente essere Calabria senza catene e confini.
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