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Racconti del terrore

 

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I FUNGHI

Post n°6 pubblicato il 26 Novembre 2005 da isotropico

(autore del racconto: isotropico)

Oggi sono andato in montagna con Riccardo. In Cadore, più precisamente. L'idea era quella di farsi una bella passeggiata in mezzo ai boschi, e magari andare in cerca di qualche fungo. Le condizioni, infatti, erano ottimali: la luna crescente, la pioggia caduta la settimana scorsa, i valori di umidità, temperatura, pressione eccetera.

Arriviamo al bosco. Fermiamo la macchina. Smontiamo. Calzini, scarponi, bastone: tutto pronto. Partiamo.
Seguiamo il sentiero che ci porta al Rifugio Padova. Ad un certo punto Riccardo dice:
"Proviamo ad allontanarci dal sentiero ed entrare un po' nel bosco, per vedere se riusciamo a trovare qualche fungo!"
Ci inoltriamo nel bosco. Ci stupiamo del fatto che non c'è un fungo neanche a vendere l'anima al diavolo. La cosa ci pare molto strana, dal momento che prevedevamo di trovarne sporte intere. Bah.
"Proviamo ad andare un po' più nel profondo del bosco, dove la selva è più oscura: magari lì ce ne sono", dice Riccardo. Io sinceramente dubito che ci sia qualche forma di vita in quel bosco: ma Riccardo è un idealista.
Ci addentriamo ancor più nel fitto del bosco. Il terreno si fa accidentato, il cammino impervio. Scivoliamo, cadiamo, i nostri piedi si riempiono di vesciche.
"Forse è meglio se torniamo indietro", gli dico.
"Forse è meglio, sì."
Torniamo al sentiero. Proseguiamo per una mezz'ora, in salita. Alletiamo la nostra passeggiata con discorsi ridenti e gioiosi. Riccardo mi chiede:
"Ma se tu dovessi scegliere come morire, sceglieresti la malattia o la morte improvvisa?"
Io, in tutta risposta, mi tocco i coglioni.
Ad un tratto Riccardo si ferma.
"Che c'è?", gli chiedo.
"Siamo sul sentiero sbagliato."
"Eh?"
"Non è la strada giusta, questa: non è la diritta via."
"Ma eri sicuro che fosse questa!"
"Sì, ma dopo essere ritornati dal bosco mi sembra quella sbagliata."
"E qual è la strada giusta, allora?"
"Quella", mi dice, indicandomi col dito un sentiero su un'altra montagna, dall'altra parte della valle.
"Scegli tu, ora", gli dico, "come vuoi morire: malattia, morte improvvisa o ginocchiata sui coglioni?"
Era lui quello che conosceva la strada.
"Vabbè, dai", faccio. "Torniamo indietro e ricominciamo da dove siamo partiti."
"Neanche morti. Adesso attraversiamo il bosco fino a giù, poi il torrente a guado, e poi saliamo nel bosco fino all'altro sentiero."
Io inizio a contare tutte le vesciche dei miei piedi.

Facciamo come dice lui. Di nuovo scivoliamo, cadiamo, ci facciamo venire altre vesciche. Poi scivoliamo attraversando il fiume, e cadiamo in acqua. Sbuchiamo infine al sentiero giusto da un cespuglio: così facendo spaventiamo un gruppo di turisti che stavano camminando. Siamo sporchi, accaldati, bagnati e spettinati.
"Scusate", ci chiede uno dei turisti, "è per di là il Rifugio Padova?", indicando dove il sentiero si perdeva nel buio del bosco, verso l'alto.
"Sì", risponde Riccardo. E' meglio che sia così, dopo quello che abbiamo passato per arrivare fino a qui.
"Perché noi siamo andati avanti parecchio, e non l'abbiamo trovato."
"Ah", fa Riccardo.
"Uh", faccio io (male alle vesciche).
"Eh", fa il turista.
Vabbè. Ci salutiamo. Loro vanno verso giù, noi verso su. Io e Riccardo camminiamo per un bel po', sempre in salita.
"Pensi che riusciremo mai ad arrivare al Rifugio Padova?", gli chiedo.
"Senti che buon profumo di sottobosco!", si finge tonto lui.
Io mi batto una mano sulla fronte.
Dopo un po' incontriamo un secondo gruppo di turisti.
"Scusate...", incomincia a dire Riccardo.
"Non possiamo, abbiamo fretta", ci rispondono, e vanno giù velocemente.
Vabbè, tipi strani.
Si ammassano dei nuvoloni grigi in cielo. Minaccia di piovere.
Incontriamo un terzo gruppo di turisti. Stanno quasi correndo giù. Si direbbero... spaventati, sì: spaventati è il termine giusto.
"Scusate...", fa Riccardo. Loro continuano ad andare giù senza badarci, indaffarati a scendere velocemente. Tipi strani anche questi, evidentemente. Camminiamo ancora un po'.
Quarto gruppo di turisti. Urlano, gridano, si disperano, corrono giù quasi rotolando.
"Scusate...", fa Riccardo.
"SALVATEVI, SALVATEVI FINCHE' SIETE IN TEMPO!", ci urla uno, con tutto il fiato che ha in gola.
Scappano via. Rimaniamo io e Riccardo soli. Ci guardiamo senza sapere cosa dirci: vedo che lui ha paura.
"E' colpa mia", mi dice infine: e scoppia in lacrime.
"Come, scusa? E' colpa tua di cosa?"
"Ricordi quando mi hai chiesto come volevo morire?"
"Sì: ebbene?"
"Ecco... ho scelto di morire di morte improvvisa."

I nuvoloni grigi sono sempre più vicini e più bassi: tra poco pioverà forte.
"Ma insomma", dico dopo molti istanti di silenzio, "perché in tutto il bosco non c'è un solo cazzo di fungo, oggi? E' strano, non ti pare? Ha piovuto la settimana scorsa, cazzo, c'è la luna crescente: qui qualcosa non va, qualcosa non va, qualcosa non..."
Il primo rimbombo mi azzittisce.
Qualunque cosa sia, sta arrivando.

(19.8.2005)

Commenti al Post:
jabawack85
jabawack85 il 27/11/05 alle 15:21 via WEB
mitico! quanto mi piace questa storia (e pure le altre due...)!
 
bluewillow
bluewillow il 12/04/06 alle 14:06 via WEB
L'idea generale del racconto è buona secondo me, però forse io renderei la passeggiata iniziale meno inquietante, altrimenti come lettrice mi accorgo subito che i due faranno una brutta fine. Poi io metterei anche un evento che giustifica il fatto che esprimendo un desiderio questo si avveri. Sono una criticona, comunque ciao continua a scrivere!
 
 
jabawack85
jabawack85 il 13/04/06 alle 02:39 via WEB
Secondo me è proprio quello il bello: sapere che andrà a finire male e non poter fare nulla per evitarlo (a parte smettere di leggere).
 
 
isotropico
isotropico il 20/04/06 alle 15:43 via WEB
Cara bluewillow, io credo che i "racconti del terrore" debbano avere in qualche modo questa caratteristica cui tu accenni: si sa subito che andrà a finir male. Se leggi, che ne so, "La caduta di Casa Usher" di Poe, capisci dalla prima riga che alla fine la casa crollerà. Come una barzelletta, di cui sai già che alla fine ti farà "ridere", così di un racconto del terrore sai già che alla fine ti farà "paura". Ad ogni modo non ho mancato di "stemperare la tensione" in qualche punto, con qualche passaggio vagamente comico. Questo equilibrio che sono riuscito a creare mi ha dato una certa soddisfazione, come scrittore del racconto. Per quanto riguarda l' "evento che giustifica", sinceramente non ci avevo pensato: ma d'altro canto un fondo irrazionale e imperscrutabile fa sempre bene, in un racconto del terrore. Grazie per le tue critiche: mi fanno sempre piacere, quando sono costruttive.
 
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Data di creazione: 01/10/2005
 

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