Creato da: MICHELEALESSANDRO il 15/07/2012
PREISTORIA UMANA E TRADIZIONALISMO INTEGRALE

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« L’IMMAGINE DI DIO E L’AN...LA VIA NEGATIVA DEL DEMIURGO »

IL DEMIURGO

 

L‘immagine di Dio e l’androginia del primo Uomo sono i due punti che, nel primo capitolo del Genesi, ci sono sembrati particolarmente significativi per iniziare a sviluppare le nostre analisi; poi, com’è noto, vi sono diversi ed ulteriori elementi di carattere antropogenetico che vengono esposti anche nel secondo capitolo. Senza voler entrare nel merito dei vari studi tesi a comprendere le motivazioni letterarie di tale ripetizione narrativa (come ad esempio quelli basati sugli stili di redazione dell’Antico Testamento e sulle modalità di composizione di un materiale che, in origine, dovette essere alquanto eterogeneo), qui ci interessa soprattutto tentare di cogliere, per quanto ci è possibile, le realtà più profonde adombrate dalla lettera scritta, anche alla luce di altre fonti tradizionali.

Una considerazione che, ad esempio, ci è sembrata di notevole interesse sulla natura dello iatus tra il primo ed il secondo capitolo del Genesi, è quella che lo ha interpretato come lo spazio temporale (o a-temporale ?) durante il quale si verificò la caduta dell’angelo Lucifero, evento in relazione al quale, inoltre, per Leopold Ziegler si sarebbe generata la materia.

La caduta dell’angelo e l’azione “diabolica” da esso effettuata – dal greco “diaballo”, il cui significato è pressappoco “colui che divide, che si mette di traverso” – implica l’ingresso in campo dell’ambivalente figura demiurgica che appunto, come Guenon ricorda, produce prima di tutto la “divisione”, situazione alla quale tutti noi ora non possiamo sottrarci, in quanto egli è di fatto il “Principe di questo mondo”.

Dovremo quindi sviluppare una serie di considerazioni piuttosto articolate in merito alle figure mitiche coinvolte che, come vedremo, spesso sembreranno confondersi, sovrapporsi tra loro, ed effettuare azioni apparentemente contrastanti ed ambivalenti.

L’elemento di partenza che in ogni caso ci sembra vada preliminarmente sottolineato è che vi è la possibilità di una doppia visuale.

La prima è, come abbiamo visto, quella relativa ad una coscienza primordiale ed unitaria, dove soggetto ed oggetto, principio e manifestazione, non si distinguono, ed un Uomo, evidentemente molto diverso da quello attuale, conserva ancora intatta e connaturata la facoltà spirituale di “intelligere”, ovvero di cogliere le verità ed i fenomeni “dall’interno”, senza la necessità di alcuna mediazione sensoriale.

La seconda, propria alla nostra condizione attuale ed ordinaria, è invece la visuale separativa soggetto-oggetto o, cosmologicamente, principio-manifestazione: su questo piano, ne deriva quindi la prospettiva di un Principio supremo e trascendente, la cui immagine è costituita dall’Androgine Primordiale, in pratica un aspetto della sua manifestazione. Mircea Eliade ricorda che lo stato primordiae ed androginico era quello precedente alla “individualizzazione” e quindi se, con Guenon, interpretiamo tale termine come sinonimo di manifestazione “formale”, allora l’Androgine può essere inteso come pertinente alla manifestazione “informale”, analoga a quella angelica, di carattere universale e “sovra individuale”. Tale immagine appare androginica ma anche, come in un gioco di rifrazioni ottiche, a sua volta “principiale” in rapporto ai livelli più bassi della manifestazione stessa. Se ora, per effetto dell’anzidetta “divisione demiurgica”, con la relativa ed inevitabile prospettiva duale alla quale dobbiamo sottostare, poniamo l’osservazione dal punto di vista della manifestazione, il Principio primo viene colto solo come uno dei due poli dell’Essere (per esempio, raffigurato nella coppia indù Purusha – Prakriti), e quindi tale visuale porta con sé la correlativa definizione di un, per così dire, “spazio” mediano, e la connessa possibilità di una doppia attualizzazione. Doppia possibilità che dalla potenza demiurgica viene percorsa “contemporaneamente” ed a-temporalmente, perché altrimenti non risulterebbe “ambivalente” da un’osservazione esterna, come lo è la nostra. Oppure possiamo ricorrere ad un’altra rappresentazione di questo concetto: un “aspetto” del Demiurgo segue una strada, l’altro “aspetto” ne percorre l’altra, itinerari obbligati e connaturati a questo livello di esistenza che, ripetiamo, deve necessariamente soggiacere alla prospettiva duale. Per fare un paragone in ambito “microcosmico” (ma pensiamo che l’analogia possa essere attinente), ciò accade anche nell’uomo, come ricorda Coomaraswamy, nel rapporto tra il Sé immortale, centrale e principiale e tutta quella serie di “soffi” (i “marut”) che da esso dipendono e che corrispondono ad altrettante facoltà visive, uditive, pensanti ecc.., le quali compongono quella che è al fine la nostra “anima”: avviene cioè che i Marut possono obbedire al Principio che li regge, ma possono anche ribellarvisi. Nello stesso ordine di considerazioni si pone quella che per Bohme è l’ambivalenza del serpente, che tra le sue possibilità ha quella di essere sia una vergine celeste, ma anche un simbolo di femminilità maligna; pure Julius Evola ci fornisce uno spunto in tale direzione, quando ad esempio ricorda che alcune leggende celtiche identificano i divini “Tuatha de Danann” agli angeli caduti o discesi dal cielo col Graal: spiriti condannati a precipitare sulla terra perché colpevoli di aver seguito Lucifero o perché rimasti neutrali al momento della sua ribellione. Ebbene, una fonte celtica definisce i Tuatha de Danann, significativamente e contemporaneamente, “dèi e falsi dèi”, mentre altri testi celtici cristianizzati non esitano a definirli addirittura “demoni”.

Ugo Bianchi in definitiva ci ricorda come la figura che in ambito etnologico è stata definita “demiurgo-trickster” non vada confusa o ridotta a quella di un’essere puramente distruttore e diabolico, trattandosi invece di un personaggio che piuttosto presenta aspetti “prometeico-epimeteici”: in sé è notevolmente ambivalente, spesso maligno e animato da spirito di rivalità, ma a lui si fanno risalire pure elementi dell’esistenza umana oggi essenziali ed imprescindibili.

Ecco quindi rapidamente tratteggiate le due vie percorse dal Demiurgo: una è quella nella quale egli non si riconosce come immagine del Principio e guarda solo “separativamente” a sé stesso. L’altra invece è quella nella quale guarda e riconosce l’Androgine come diretta immagine del Principio, identificandosene e prendendolo a modello.

Le esamineremo, più nel dettaglio, una alla volta.

 

 

 
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