Creato da kajapo il 03/09/2009
c'è un solo modo per impadronirsi della vita. viaggiare. viaggiare dentro se stessi con l'occhio nudo. e viaggiare nelle strade, camminando a piedi...
 

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« il nuovo libro dell'aut...i primi lettori di AMAZZONIA »

recensione di AMAZZONiIA

Post n°9 pubblicato il 16 Settembre 2010 da kajapo
 
Foto di kajapo

IL libro. In vendita da Rinascita, Feltrinelli e sul sito
«ilmiolibro.it». Romanzo e diario di viaggio esistenziale.

“Amazzonia, tra inferno e paradiso.
Un viaggio duale alla ricerca di sé.
Dalla morte straziante di un amico alla descrizione di esperienze umane estreme .

di Massimo    Tedeschi
Il diario di un viaggio esistenziale, alla scoperta di sé prima ancora che di un territorio. Un atto d'amore estremo e intenso per un lembo del pianeta dove il sistema-mondo manifesta nella maniera più brutale le sue storture e insensatezze. Una prova di scrittura che unisce al tormento dello stile immagini ad alto impatto emotivo.
Il bresciano Osvaldo Pasquali con «Amazzonia. Vivere e morire sulla linea dell'equatore, tra inferno e paradiso» (pagine 174 euro 14, in vendita alla libreria Rinascita, presso le librerie Feltrinelli con prenotazione, e
attraverso i siti www.lafeltrinelli.it e www.ilmiolibro.it, metà del
ricavato è devoluto a micro-progetti per comunità amazzoniche), offre una    nuova prova della sua scrittura e prima ancora del suo enorme bagaglio di esperienze di globe trotter minimal, abituato a calcare con bagaglio leggero e sguardo acuminato le lande più disperate del pianeta. Novello Kapusinsky, con propensioni meno giornalistiche e più letterarie del maestro polacco, Pasquali mette in moto la macchina narrativa di «Amazzonia» partendo dalla morte straziante di un amico, che lui assiste fino alla fine,
leggendogli pagine di Moby Dick. Dopo che la tragedia s'è consumata, l'autore parte. Recide affetti e legami
e fa rotta verso i tropici brasiliani: non le dorate spiagge ma le favelas, ovvero «la più magistrale imitazione umana dell'inferno. Dopo il lager». Approda a Bahia, dove «per lenire l'odore della morte cerca il profumo della carne». È questo il primo salvagente che gli si offre nella sua “disperata” ricerca del senso del vivere, del «diritto di tentare la felicità».
QUANDO arriva a perdersi nelle carni di magnifiche mulatte l'autore è già stato molti «se stesso»: «Operaio questo è certo, studente-lavoratore, saldatore, fabbro, rivoluzionario, tecnico, vagabondo, organizzatore, lettore, cooperatore e viandante».
Se Rimbaud aveva lasciato l'Europa per farsi mercante d'armi fra l'Egitto e la follia, come recita una vecchia canzone, Pasquali ha voltato le spalle all'Occidente per provare a lenire i dolori che le armi europee provocano nel mondo, dai Balcani all'Africa.
Poi, sempre più allergico «alle mediocrità della vita, che sono la salvezza dell'umanità. E la morte della speranza», Pasquali è approdato alla dimensione esistenziale del viandante, e Amazzonia è il romanzo del suo viaggio verso il cuore di tenebra di un continente in cui ci si addentra risalendo il Rio delle Amazzoni.
Di questa terra meravigliosa e aspra, autentico «canto del creato», Pasquali elenca le bellezze e denuncia le tragedie, a cominciare dalla deforestazione condotta da fazenderos-gangster, ma anche da piccoli agricoltori appoggiati da cooperative benemerite. L'Amazzonia di Pasquali è, prima di tutto,
«corrosa da questa malattia che è l'uomo».
Inseguito dallo spettro dell'amico morto, tormentato da insidiose malattie tropicali, l'autore va alla ricerca del senso della vita e del destino dell'umanità attraverso una serie di incontri che traduce in una galleria di personaggi (e dialoghi) memorabili.
Il «monaco laico della natura» Gabriel, il pittore-lebbroso italiano
Graciano che va alla deriva ai margini del Rio, il medico volontario
itinerante Ottaviano, il cooperante italiano Claudio irto di manie e
contraddizioni, e poi Niltan e Gisele, Luis e Alex, Joanes e Iran e tanti altri, insomma l'umanità meticcia e promiscua, bellissima e affamata, dignitosa e prostituita che brulica attorno al fiume-mare e segna le tappe di un'anabasi dolorosa e accidentata. Il viaggio in Amazzonia porta alla fine l'autore-viandante sulle orme degli Zo'è, mitici indios che hanno conosciuto la «civiltà» occidentale e se ne sono ritratti, indicando con ciò un futuro possibile.
PER PASQUALI credere nell'uomo «è di una tristezza infinita, una ingenuità fatale». Eppure l'essere umano è anche «l'opera d'arte suprema» che merita di scomodare la parola Amore. Pasquali non aspira a fornire un «sistema» di
pensiero. «Mi limito all'atto parziale della descrizione», dichiara alla
fine del libro. La descrizione di esperienze umane estreme, profonde, radicali. Affidata a pagine che intrigano e perturbano. E ci consegnano alla fine intatta una speranza. Quella di «incontrare un uomo. Cioè una pur piccola e fragile verità».
Bresciaoggi 19 agosto 2010 pag.39

 

come sempre bisognerebbe scrivere di seguito la critica della critica. condivido solo in parte l'analisi del giornalista. ma il giudizio ovviamente è libero e soggettivo. credo che molti " dettagli" significativi siano sfuggiti al critico. Alcuni in grado di modificare anche il giudizio di valore , diciamo finale . anche se nel libro resta una domanda , alla fine. ma tant'è. è un punto di vista...

 
 
 
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