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vivere e morire sulla linea dell'equatore

Post n°3 pubblicato il 25 Ottobre 2009 da kajapo
 

                   Questo breve reportage è stato scritto per il gruppo di Legambiente Brescia. grazie al loro contributo, è stata avviata un'altra esperienza di solidarietà. l'obbiettivo è aiutare la comunità quilombola  a vivere dignitosamente senza ditruggere la foresta nella quale i loro antenati, schiavi fuggotivi dalla fazende di canna da zucchero, si rifugiarono per sottrarsi alla schiavitù dai latifondisti portoghesi. essi continuano a vivere e continueranno a incarnare la loro storia e la loro cultura. vivendo in totale sobrietà e armonia con la foresta. aiutarli è una forma magistrale di tenerezza tra uomini.

                       un grazie a  tutti gli amici di legambiente di brescia

 

 

 


                   Pará: Vivere e morire sulla linea dell´equatore


L ‘amazzonia Brasiliana di oggi è divisa in nove stati definiti Amazzonia legale. Di questi il secondo per estensione geografica è il Parà, dove vivo ed è situato il quilombo. E’ grande quattro volte l’Italia  e popolato da circa sette milioni di persone. E’ cioè vuoto in aree amplissime. Nell’ultima statistica  2007 dell’istituto IBGE, l’omologo del nostro Istat, appare nelle ultime posizioni tra i 27 stati componenti la federazione brasiliana, rispetto all’indice di sviluppo umano IDH. Che è la scala di misura usata dall’ONU per definire il grado di sviluppo complessivo delle comunità.

Secondo l’Ibge  il 46% della popolazione risulta  povera, e il 20% miserabile. È così reale, che il programma del governo Lula, bolsa familia, cioè borsa per la famiglia, ha concesso a circa mezzo milione di famiglie 100 reais al mese, circa 40 euro.
L’unico obbligo per le famiglie é di mandare i figli a scuola , e quindi sottrarli al lavoro minorile, una delle piaghe sociali del Parà e del Brasile . L’ Ibge calcola cinque milioni e mezzo di bambini costretti al lavoro per aiutare le famiglie povere e miserabili.
Nonostante indiscutibili progressi negli ultimi sei anni, la condizione generale del popolo del Parà, è, per un occhio e un cuore sensibile europeo, una dimensione straziante, inaccettabile e come sempre dico, surreale.
Le potenzialità di sviluppo e reddito sono, o meglio sarebbero, fantastiche se… appunto se le condizioni di giustizia , di garanzie democratiche, di rispetto delle leggi, di distribuzione del reddito, di gestione pubblica onesta, di riforma agraria… fossero dentro uno standard vicino a quello che noi conosciamo. Ma come dicono gli stessi brasiliani con più coscienza politica, ci vorranno altri venti o trent’anni.
Perché tutto questo ?  
Prima il colonialismo, la privatizzazione della terra in grandi immensi latifondi, quattrocento anni di schiavitù, la violenza e l’assassinio come pratica politica “normale”  contro i leader contadini e sindacali . Oggi una democrazia larvale, senza forza senza difesa del diritto . Nelle ultime elezioni in Parà, ottobre 2008, tre candidati a sindaco sono stati assassinati. L’ultimo leader del movimento per la riforma agraria è stato assassinato un mese fa. In totale, secondo uno studio di un missionario italiano,  816 tra sindacalisti contadini, leader di partiti di sinistra e militanti dei diritti umani, sono stati uccisi negli ultimi diciotto anni. Condannati per le morti : 1. Si avete letto giusto è uno. Stiamo parlando del Parà, non del Brasile intero..Un paese dove l’impunità è la regola , Tutto può diventare surreale.

Tutto puó essere comprato. Anche i voti. Con venti o trenta reais. Così al quadro generale dobbiamo aggiungere la prostituzione minorile, l’esportazione di donne verso la guyana francese e l’Europa per la prostituzione. Mettiamoci anche i gruppi di sterminio. Gruppi di poliziotti che, tolta la divisa, pianificano assassini . Hanno cominciato ad ammazzare ladruncoli,  poi sono passati ad ammazzare qualsiasi persona, basta pagare un certa modica cifra. Uno squadrone della morte è stato smantellato a giugno. La polizia federale ha arrestato venti poliziotti militari, simili ai nostri carabinieri, e dodici poliziotti civili, simili alla nostra polizia. Ma molti continuano ad agire.
La corruzione politica
è un altro tassello del surrealismo brasiliano. In generale i partiti politici, con poche eccezioni, sono delle vere e proprie imprese, e punto. Si diventa politico per arraffare il più possibile per sé e per il gruppo parentale e amicale. Sono in corso migliaia di inchieste che coinvolgono politici accusati di rubare denaro pubblico. Quanti saranno puniti ? E quanto denaro devoluto allo stato ? Zero. Il sistema di connivenze, la corruzione e le minacce di morte, permangono l’architrave dei poteri.
L’analfabetismo riguarda circa il 18% dei sette milioni. In realtà quello di ritorno, che qui chiamano di funzionale, attinge il 40% per cento dei Paraensi. Tre giornali in mano a gruppi economici e politici somigliano in misura impressionante, al potere mediatico che noi conosciamo in Italia. Le televisioni e le radio rientrano nelle stesse modalità.
In quanto un venti per cento ricco e straricco, vive blindato in condomini di lusso, vigilati da camere e personale spesso armato, ignorando quanto avviene fuori dai quartieri di classe alta : la stragrande maggioranza vive in case inadeguate e centinaia di migliaia nelle periferie. Quelle che noi conosciamo come favelas.
 Quel luogo non-luogo dove la condizione umana regredisce all’ultimo stadio della catena cosiddetta umana. Dall’alto , viste con un volo basso di aereo, appaiono una distesa infinita e compatta di lamiere e legnami. Uno accatastato sull’altro senza più un solo alberello. Le stradine sembrano sottili vene di fango e scarico , nel corpo putrescente di una gigantesca pattumiera di eternit all’amianto e accozzaglie di lamiere e assi inchiodate spesso senza alcuna simmetria. Per me, che le ho conosciute bene, anche grazie ad un piccolo prete eroe di ottantanni che ci vive da almeno cinquanta, è sgomento ,groppo alla gola, incredulità. Surrealismo.

Dal basso sono stretti tunnel di fango dissecato durante la stagione secca e rivoli di fango e merda durante le lunghe piogge da dicembre a maggio. Le casette , pietose baracche sbilenche col pavimento di terra battuta. Spesso l’acqua corrente è una fontanella in fondo al vicolo. Un tubo che il municipio ha tirato fin lì, e chiuso. Bambini con bottiglie di plastica e secchi, fanno la fila per riempirle e riportarle nelle casupole. Migliaia di questi pargoli non frequentano la scuola, vivono in mezzo a molte violenze. La prima quella famigliare. È tollerato picchiare le moglie e tornare a casa spesso ubriachi. Il tasso di disoccupazione è allarmante. Tutti vivono con tutti, nella più totale promiscuità. La percentuale di bambine che fanno bambini, come le chiamo io, è stupefacente. 13 14 o 15 anni, stai per iniziare la vita, e ti trovi incinta. E adesso ?
Il cibo non è come per un italiano , un piacere per i sensi. Un rito spesso elaborato e ricco di cultura e significati. È una ripetizione dell’atto di nutrirsi, punto . Riso e fagioli. Poche verdure e poca frutta. Molto cioccolato che illude di alleviare  la sofferenza, il disagio velato, nascosto, spesso negato. Eppure così vero e pungente e rivelato nel rosario quotidiano delle violenze, quella grandi e quelle piccole, e che appare nei giornali. 

Ed è quindi non paradossale che quasi il quaranta per cento dei paraensi abbia problemi di peso. Le baracche sono fatte di una stanza, al massimo due, con una latrina sul retro. Sono entrato in questi cubi d’asse. In tanti non c’è nemmeno una sedia. Pentole accatastate sul pavimento in terra battuta. Una vecchia tivú, un letto quattro o cinque “redes”, le amache usate per dormire e risparmiare spazio. Un vecchio forno con la bombola. Un armadio fatto da un filo che regge i vestiti. . C’è sempre un cafezinho per l’ospite bianco, in Parà i bianchi sono circa il venti per cento, i negri pure, il resto è moreno.
 E i giornali, tutti, hanno creato un inserto speciale, quotidiano, dove raccontano le interminabili sequenze di miserie abusi morti stupri, sparsi appunto soprattutto nelle “Invasioni”. E´ così infatti che definiscono le bidonville. Invasioni. Cioè terre demaniali invase da poveracci, quasi tutti provenienti anni fa, dalle campagne o dalle isole, col miraggio di incontrare una vita decente. E adesso eccoli lì, nella topaia perfetta fabbricata dalla crudeltà umana.

Quante volte mi sono ricordato, fin dai primi incontri con questo inferno, nella bahia a Salvador, del libro di Primo Levi : se questo è un uomo….
Durante l’estate sui cieli tersi d’azzurro tropicale, più in alto dell’ammasso di lamiere, volano come falchi colorati, centinaia di piccoli aquiloni. In fondo al filo, lunghissimo e trasparente, le manine esili dei bimbi stringono  il papagaio. Così chiamano i loro aquiloni fatti di sacchetti di plastica , tele di stecchi di legno e di filo sottile incerato.
Questi bimbi, a differenza di noi, non hanno pescato il biglietto vincente della lotteria della vita. Stiamo parlando dell’anno 2008, stiamo parlando di quel Brasile che i frettolosi turisti italiani non vedranno mai. A loro sono riservati gli hotel a quattro stelle sulla spiagge magistrali di Rio o Fortaleza. Le aragoste, le birre ghiacciate e tante prostitute. Quasi tutte sono figlie della favela. E quasi tutte hanno un figlio presso la mamma da mantenere. Quasi tutte sono belle o bellissime. Il meticciato è, in questa merda, un miracolo.

Ma non posso dimenticare di parlarvi della foresta. Ne hanno già devastato quasi il venti per cento. Ricordate, il Parà è grande quattro volte l’Italia. L’ultima statistica è di oggi, 20 gennaio novembre. Dal settembre 2007 all’agosto 2008. Sono stati distrutti, illegalmente, 14.320 chilometri quadrati di foresta. La Lombardia ne ha credo, 23.000.
Mezza Lombardia devastata in un anno. La fonte è l’INPE, l’istituto di ricerche spaziali che sonda l’Amazzonia con satellite e produce le comparazioni sul passato. L’amazzonia brasiliana è composta da circa cinque milioni di chilometri quadrati. Circa quattordici Italie. Non c’è ragionevolmente nessuna speranza che il governo federale, quello locale , le polizie e l’esercito vogliamo veramente fermare la devastazione. Non esiste di fatto una guardia forestale. La corruzione anche qui è sovrana. Funzionari pubblici forgiano permessi fasulli per consentire il taglio di alberi in aeree demaniali, in zone di preservazione ecologica e perfino dentro riserve indigene.

I crimini contro l’ambiente e chi lo difende sono costanti. Avrete sentito credo, parlare della missionaria Dorothy Stang, assassinata a 73 anni nel 2005, perché lottava per la riforma agraria e la salvaguardia delle zone forestali ad Anapu, nel cuore del Parà.
Trattori e camions si aprono la strada nella foresta, di notte. Segano tutti gli alberi di pregio. Mogano, ipè rosso, ipè giallo, massanduba. Decine e decine di contadini precari, senza lavoro, si prestano al macabro rituale. In pochi giorni sono capaci di radere al suolo centinaia di ettari. Caricano sui camion e raggiungono le segherie a centinaia di chilometri. Segherie quasi sempre illegali, ma anche quelle legali comprano legname rubato, costa meno naturalmente. Chi li comanda ? Sono spesso i fazenderos vicini, che poi useranno la foresta uccisa come pascolo per le vacche. E ,  dopo averla usata e finita , cercheranno di venderla, dopo averla comprata corrompendo un notaio, ai grandi produttori di soia.

C’è già una vasta linea di campi di soia dentro la foresta. Ad ovest , nella zona della città di Santarem, la Cargill multinazionale americana ha costruito a sue spese, anche se è ridicolo dire così di una multinazionale, dunque ha costruito un porto modernissimo, sapete per cosa ? Solo per esportare la soia negli stati uniti e in Europa. Si è infatti calcolata che l’ottanta per cento della deforestazione sia dovuta all’avanzata delle mandrie e della soia. Pensate che tagliando migliaia e migliaia di alberi significa anche condannare a morte migliaia di animali, scimmie cervi cinghiali giaguari volpi pappagalli falchi  centinaia di mammiferi di uccelli di insetti .… Ecosistemi perfetti bioma eccezionale e  biodiversitá unica sul pianeta , e spesso ancora spesso sconosciuta nella sua interezza, e spazzato via dalla bramosia di denaro di un pugno di delinquenti senza scrupoli.
Le pene da questi assassini della natura ? Ridicole. Si tratta di multe, capite multe e nemmeno un giorno di galera.
Allora per farla breve, ricercatori brasiliani di varie università, specialisti in cambiamento climatico, nel recente incontro di Manaus capitale dello stato di Amazonas, hanno dichiarato che : quando la distruzione della foresta del Parà attingerà il 40%, è cioè in venti o trentanni, si creerà una situazione irreversibile , che consisterà nell’interruzione del ciclo delle piogge foresta - oceano- litorale, che in breve ridurrá tutto l’ovest di amazzonia ad una savana.  E tutto questo, considerando il gioco delle correnti aeree, si ripercuoterá inesorabilmente sui cieli dell´intero globo.
È importante che oggi siano gli stessi brasiliani ad ammetterlo. Se non verrà fermata la distruzione, sappiamo già quello che ci aspetterà.

C’è poi quella piaga ancora aperta che è chiamata “trabalho escravo”. Lavoro schiavo. E anche qui il primato spetta al Parà. Lavoratori rurali, spesso analfabeti, reclutati da famigerati caporali, qui chiamati di “ gatos”, letteralmente, gatti. Li caricano su vecchi camions ford, promettono lavoro casa guadagno. Finiscono in zone remote, dentro la foresta. Dormono sotto fogli di plastica, bevono l’acqua dei fiumi , mangiano fagioli e margarina, costretti a comprare dal padrone. E invece di guadagnare qualche spicciolo si indebitano. La latrina è la foresta. Sono vigilati da uomini armati detti “ capanga”. Per loro, i camponeses, ci sono solo lavori sporchi : radere al suolo la foresta. Addirittura dentro aeree di conservazione permanente e integrale. E così pensate, oltre alla condizione alienante, la perdita di ogni libertà, anche la macchia di contribuire a distruggere la foresta. Oppure badano al bestiame in varie fazende di ricchi , senza ricevere se non minacce di morte.
E’ tutto documentato. Verbalizzato dalla polizia federale. Solo nel corso del 2008, sono stati “ liberati” 1080 lavoratori schiavi solo nel Parà, e 4280 nell´intero Brasile. Sembra surreale no ?
Il governo ha addirittura promosso in internet una “ lista suja” lista nera, delle centinaia di padroni che usavano uomini come animali. La lista c’è, ed è impressionante notare quanti cognomi di italiani…E si, sono la seconda generazione dei figli di immigrati italiani nati qui e ben adattati, come vedete…ma le pene,  al di là di multe pesanti, sono irrisorie e i processi infiniti…
E potrei continuare ancora a lungo, vi assicuro. Ma finisco col raccontare la storia dei quilombo, per ritornare al nostro inizio.

Nel corso dei secoli della violenza schiavista dei portoghesi, si calcola che circa cinque milioni e mezzo di africani, siano stati deportati nelle terre brasiliane, non si sa quanti siano morti durante le privazioni e le infezioni dovute alla promiscuità dei viaggi. Furono condotti in catene , come sapete, per lavorare negli “engenhios” i grandi latifondi della canna da zucchero. Poi cominciò la saga del caffè e in seguito del cotone. Ci furono numerose rivolte, spezzate nel sangue. Ma alcune di loro, sparse praticamente in tutto il Brasile dal nord al sud, ebbero successo. Gli schiavi africani ruppero le catene e fuggirono, e dove ?
Nei luoghi più inaccessibili e impervi dell’epoca : le foreste. Si addentrarono con migrazioni miracolose nel vasto e sconosciuto mondo della giungla. Diedero vita a piccole comunità, coltivarono la terra, la frutta, la caccia. Alcuni si mescolarono con gli indios. Le piccole comunità resistettero per secoli, ignorate e libere, in una economia di pura sussistenza e con il rispetto e l’incanto attorno della natura amazzonica. Dunque da circa venti anni hanno cominciato a rivendicare i titoli di proprietà della terra dove sono nati e vivono. Il governo Lula è stato sensibile. E’ in corso da quattro anni il procedimento per regolarizzare le terre, che sono consegnate non al singolo, ma alla comunità. E sono intrasferibili, non possono essere vendute. Oggi molti quilombos, che in bantù significa  il luogo dove vivere, sono circondati da vaste fazende di bestiame. Dove non esiste un solo albero. Il quilombo è  immerso nel verde. Spesso con alberi centenari di bellezza incomparabile. E questo è il caso del nostro quilombo Tipitinga. Immerso nel verde puro e circondato dal deserto costruito per commerciare la carne di bovino.

Vivono poveramente. Con lo stretto necessario. Hanno salvato 90 ettari di foresta primaria. Un fiume dove circolano fantastici pesci colorati, che pure difendono dai pescatori di frodo che li rivendono . Difendono la foresta dalle minacce dei fazenderos che vorrebbero appropriarsi anche di questo lembo di straordinaria bellezza.
Ecco perché è importante la testimonianza di solidarietà che si è concretata con il nostro microprogetto. Nel giugno scorso la governatrice del Parà, ha firmato la cessione definitiva della terra collettiva alla comunità.
Una fiamma di speranza nella fosca notte brasiliana.
Naturalmente vi ho raccontato la zona grigia del Pará. Esiste naturalmente anche il lato solare. La natura incomparabile. I fiumi le isole le spiagge l´oceano, le frutta i pesci, gli indios, la lotta dei contadini, l´emergere faticoso di una coscienza ambientale. Uomini che si battono per uno sviluppo sostenibile e una giustizia che esca dai fogli di carta di leggi scritte e calpestate.
Ma la realtá sociale politica e economica si riassume in queste e anche altre dimensioni dolorose .
Il triste tropico di  Claude   Levy-Strauss.     
osvaldo pasquali


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