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"All'Armata Rossa spaccherem le ossa"

Post n°75 pubblicato il 21 Novembre 2015 da single_sound
 

Il titolo di questo post è una citazione. Difatti l'ho messo tra virgolette. Si tratta di un vecchio coro dei laziali in occasione delle partite col Perugia, quando si incontrava il gruppo dell'Armata Rossa perugina.

Il coro è citato nel libro di Antonio Grinta "Anni Buttati", libro che ho preso presso la Fondazione Gabriele Sandri durante una mostra fotografica dedicata al tifo laziale. Per coloro i quali non lo sapessero il Grinta è stato uno dei capi storici del tifo laziale, fondatore in particolare del gruppo degli Irriducibili.

Dico subito due cose in via preliminare. La prima è che preferisco parlare e scrivere di questo tema, benché settoriale e forse di "nicchia", piuttosto che dedicarmi ai temi di questi giorni, che mi sembrano affrontati in maniera fin troppo emozionale e superficiale. E lo faccio perché, anche se apparentemente il Grinta parla della curva laziale, in realtà ci parla di molto di più, a partire dalla storia del nostro paese sia pure osservata tramite un prisma interpretativo, questo sì, molto peculiare. La seconda è che, naturalmente, provo nei confronti di Grinta una notevole simpatia, pur proveniendo da ambienti, credo, molto diversi. E, quindi, la mia non può essere e non sarà una critica al libro.

Aggiungo subito un'altra cosa. Ho letto il libro e pensavo, all'inizio, che il Grinta raccontasse alcuni aneddoti. In verità, ne racconta tantissimi, ma su alcuni temi (quelli che mi interessavano di più, peraltro), non dico quali, rimane più sul vago. Però, dopo aver letto il libro, ho capito una cosa. E' giusto che Grinta non abbia raccontato tutto, tanto chi vuole capire capisce perfettamente cosa egli ha inteso nei punti controversi non sciolti esplicitamente. Così come è corretto, credo, chiamarlo Antonio Grinta e non col suo cognome anagrafico. Appunto perché Antonio Grinta è Antonio Grinta. Questo è il suo nome per me.

La mia impressione, dopo aver letto il libro, è che in fondo la vita del Grinta, all'interno del tifo laziale, si sia dipanata lungo una serie di polarità e di contraddizioni, tra le quali ha cercato anche di mediare per trovare una strada. Si tratta di polarità che si affacciano nel corso della sua vita, nel corso della sua vita da tifoso laziale e, poi, nella sua vita da cittadino italiano.

Un prima polarità: il vecchio e il nuovo. Grinta comincia a conoscere da ragazzo l'ambiente del tifo laziale ed entra subito a contatto con una generazione più vecchia della sua, di cui poi prenderà il posto per alcuni anni. Diciamo all'incirca dieci anni dopo il suo ingresso allo stadio. Fulcro di questa polarità è il suo rapporto con Goffredo, detto il Tassinaro, di qualche anno più anziano di lui e che lo introduce al modo di tifare laziale.

Da questa conoscenza nascerà un'amicizia che avrà termine, fisicamente, solo con la morte 3 anni fa del Tassinaro, ma in realtà si tratta di un'amicizia che, sebbene sotto un'altra forma di tipo maggiormente spirituale, dura ancora oggi.

E' proprio questo che va messo in evidenza. Il Grinta in fondo non si stacca mai dal suo vecchio maestro. Certo, in alcuni momenti maggiori sono state le lontananze e le divergenze, soprattutto quando una parte del tifo laziale, dopo l'uccisione di Vincenzo Paparelli, volle trasferirsi definitivamente in curva Nord. Per qualche tempo il Tassinaro non volle andarci, ma poi si convinse definitivamente. Nonostante il dissidio, il Grinta non si staccò mai dal suo vecchio maestro di tifo, anche se per alcuni anni rimasero in curve diverse finché non si ritrovarono entrambi in curva Nord.

Un'altra polarità è quella rappresentata da spontaneismo e organizzazione. Da un lato, Grinta va nei magazzini dello stadio Olimpico e prende gli striscioni e li piazza in Curva. Anche se dietro, invero, non ci sono gruppi così organizzati. Ad esempio quando per qualche tempo piazza in curva Nord lo striscione Ultras '74. Io da piccolo lo osservavo e dietro non ci vedevo quasi nessuno. Ora mi sono spiegato perché. Perché lo portava Grinta per ricordare gli ultras di dieci anni prima, senza avere un gruppo organizzato alle spalle. Altrettanto per il gruppo Irriducibili. Grinta voleva cambiare le cose in curva, perché trovava che il tifo laziale, all'epoca guidato dagli Eagles, si fosse ammosciato. E dunque vernicia lo striscione, lo piazza sul muretto centrale della curva Nord in luogo dello striscione dei Viking e chiede agli altri (anche agli stessi Viking, che per qualche tempo gli daranno una mano, per poi tornare per conto proprio successivamente, trattandosi di un gruppo "elitario" e ristretto) di unirsi a lui, a partire dal Tassinaro. E mano mano gli altri si piazzano dietro e formano un gruppo che poi prenderà la guida della Nord fino a pochi anni fa.

Dall'altro lato, il tifo era scarsamente organizzato, specialmente in trasferta. Di qui il fatto che il Grinta promuova, con gli Irriducibili, la trasferta organizzata in treno, quindi tutti uniti, e poi all'arrivo nella città "avversaria" il corteo fino allo stadio. Rimase storica la trasferta di San Benedetto del Tronto, in cui gli Irriducibili si presentarono esattamente in questo modo, tanto da essere immortalati e rappresentare addirittura, alla luce di quanto avvenne, la prima di copertina di un Venerdì di Repubblica. Un altro tentativo di organizzazione fu la nascita della "fanzine" Mr. Enrich e l'apertura di alcuni negozi con cui non fare affari personali ma cercare di finanziare l'attività del gruppo.

Un'ulteriore polarità è quella tra divisione e unione. Il Grinta ha sempre cercato di avere un tifo unito, anche perché ciò serviva a rendere ancora più "massiccia" e rispettata la curva laziale. E in questo senso egli spiega il tentativo di togliere gli striscioni dalla curva laziale. Ricordo anche io quel momento. Quel giorno ero allo stadio col mio papà per il derby. Era il 18 aprile 1993. Forse qualcuno ricorderà che quel giorno si tenne il referendum per il passaggio dal sistema elettorale proporzionale a quello maggioritario. Da quel giorno, che io difficilmente posso dimenticare perché era il mio primo voto e perché votai NO, cioè per il mantenimento del proporzionale, iniziò a morire la democrazia italiana per giungere a oggi. Quella data assume, pertanto, un valore simbolico per me cittadino italiano e tifoso laziale...

Eppure Grinta non ha esitato, in caso di divergenza di vedute, a rompere con gli altri gruppi quando lo ha ritenuto necessario per il bene della tifoseria laziale. Si potrebbe obiettare che egli ha cercato di unire la tifoseria laziale dopo averla spaccata per prenderne il comando. Ma così è nella vita e così è, per certi versi, anche in politica, quando si crede che la propria linea sia la migliore. Qui però c'è un punto rispetto al quale mi pare di poter dire che il Grinta sia sincero. Ovvero, egli, se ha rotto, lo ha fatto sempre sul piano delle idee e sul modo di vedere le cose, ma mai sul piano personale. Oggi invece a ogni rottura sul piano delle idee o degli obiettivi consegue sempre una rottura di rapporti personali. Basti vedere Berlusconi.

Un ultimo esempio di polarità può esser dato da quella esistente tra tradizione e innovazione e tra originalità e routine. Principalmente, credo che la prima polarità si sia giocata sul colore. I colori della Lazio sono il biancoceleste. Anche qui il Grinta, forse a causa della sue inclinazioni grafiche, sperimenta però anche colori diversi. Lo striscione degli Irriducibili, difatti, non era biancoceleste, bensì scritta bianca su sfondo blu. Grinta peraltro apprezza anche l'utilizzo di altri colori, come il verde e poi il giallo e il nero. Eppure, il Grinta attraversa il continuum e torna spesso al bianco e celeste. Quanto all'originalità, il Grinta cerca sempre di sperimentare altri modelli, tratti particolarmente dall'Inghilterra. Non so se si può parlare, a questo proposito, di originalità al 100%. Però, devo riconoscere al Grinta di averci provato e lo sforzo è stato notevole.

Qui credo che, tuttavia, il discorso sulle polarità, verso la fine del libro, si rompa, perché il modello nato all'inizio degli anni '90, il c.d. calcio Sky che corrisponde però all'evoluzione del sistema -anche in politica- che abbiamo sperimentato, spezza questo continuum. Si affaccia, anche se questo Grinta non lo dice esplicitamente, una nuova generazione che sembra aver perso il contatto col passato.

L'esempio che il Grinta propone per far capire e che io convidivo appieno è dato da Livorno-Lazio. Grinta lo dice apertamente. Si tratta di una rivalità inventata. Laziali e livornesi non sono mai stati rivali. Il Livorno salì in serie A all'inizio degli anni 2000, ma era da 50 anni che Lazio e Livorno non si affrontavano. Come potevano esser rivali? La verità rivalità dei laziali, come racconta Grinta, era coi pisani e non coi livornesi. Era una rivalità in cui il calcio usava la politica e non viceversa (e d'altronde, come dice Grinta, la politica oggi strumentalizza il calcio e la lotta al tifo violento per deviare l'attenzione dall'incapacità del ceto politico di assicurare servizi dignitosi ai cittadini). Quando c'era Pisa-Lazio, i livornesi si univano ai laziali, racconta il Grinta. Invece, pochi anni fa, troviamo che livornesi e laziali erano rivali (e d'improvviso troviamo che, guarda un po' il caso, anche romanisti e livornesi erano rivali). Misteri della fede? No, assolutamente. Solo strumentalizzazione da parte della stampa in cui cascano con tutte le scarpe tanti ragazzi, strumentalizzati inoltre da movimenti politici sia di destra, a Roma, sia di sinistra, a Livorno. In quel torno di tempo viene, dunque, fatto rivivere, del tutto acronisticamente, uno scontro tra fascisti e comunisti trasformando, così, un campo di calcio in un campo di battaglia. Il tutto a quale scopo?

Ogni generazione ha il diritto di apportare qualcosa di proprio alla storia, anche del tifo. Ci mancherebbe. Ma, e lo si capisce dal libro del Grinta, cercando di non rompere con la propria storia e con le proprie tradizioni. E in questo senso si può leggere, ad esempio, il gemellaggio tra laziali e interisti. Si trattò di un'innovazione, ma che nacque con lo scopo di rompere l'identificazione, che purtroppo dura ancora oggi, tra Roma e la Roma, con ciò che ne seguiva sotto il profilo giornalistico in relazione ai rapporti tra Roma e Milano, per cui Roma odiava Milano perché i romanisti erano rivali degli interisti, e poi dopo la rottura del gemellaggio (e la morte di Antonio De Falchi), dei milanisti. Non era vero che Roma odiasse Milano. Infatti laziali e interisti, grazie anche al lavoro di Grinta e di Franchino della Nord interista, sono ormai grandi amici da molti anni e, in occasione dell'ultimo Lazio-Inter, è stato davvero bello vedere in Tribuna Tevere tanti bambini, accompagnati dai loro papà, indossare le magliette nerazzurre.

Ma non sto divagando. Perché tutto ciò che sto dicendo da Livorno all'Inter è unito da un filo che porta a un ragazzo, peraltro omaggiato dalla Nord interista con una coreografia di alcuni anni fa, la cui morte è stata, a mio parere, uno dei momenti più bui della storia nazionale degli ultimi anni.

Andando in trasferta a Livorno in treno nel 2007, un ragazzo avvicina il Grinta e gli inizia a fare tante domande sulla storia del tifo laziale. E' comprensibile. Il Grinta è uno scrigno, contenente storie e aneddoti della Lazio e del suo tifo. Alcune settimane dopo, il Grinta rivede lo stesso ragazzo, ma questa volta in foto. Era stato ucciso da un poliziotto a Badia al Pino, mentre andava a vedere Inter-Lazio. Era Gabriele Sandri.

E' il ragazzo che vedete nella foto che accompagna questo post, scattata durante un corteo di tifosi della Lazio.

Di norma, quando parlo di un libro, metto come foto del post la copertina del libro stesso. Ma non me la sono sentita oggi. Eppure sono convinto che il Grinta non se ne avrà a male, poiché Gabriele fa parte della storia, gloriosa e tragica allo stesso tempo, della Lazio e del suo tifo, storia che si intreccia inevitabilmente con la storia della nostra Nazione.

Ed è con le lacrime, ripensando a Gabriele, che suggerisco a tutti coloro che visitano questa pagina online, anche se non sono tifosi laziali, di comprare e leggere "Anni Buttati", il libro di Antonio Grinta.

 
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