Come ogni anno dal 1995, Transparency International ha divulgato il suo rapporto sul tasso di corruzione di ben 183 paesi, relativo al 2011. L’organizzazione no-profit ha stilato, come da tradizione ormai, una classifica degli Stati presi in esame , ordinati in base al loro CPI, Corruption Perception Index.
Tale indice rappresenta un indicatore del livello di corruzione percepita nel settore pubblico e in politica in ciascun paese. Esso è il risultato combinato di varie interviste fatte ad esperti del mondo degli affari e a prestigiose istituzioni indipendenti, realizzate da Università e Centri di studio per conto di TI. Materia del sondaggio sono la corruzione dei pubblici uffici, l’appropriazione indebita di fondi pubblici e l’effettività degli sforzi del settore pubblico in materia di lotta alla corruzione.
Il CPI assegna a ciascun paese un punteggio da 0 a 10: quelli più vicini allo zero indicano tassi di percezione della corruzione molto alti, mentre quelli che si avvicinano a dieci sono attribuiti ai paesi in cui la corruzione rappresenta un fenomeno circoscritto e ben controllato.
Dal rapporto relativo allo scorso anno risulta che i due terzi delle nazioni analizzate hanno un punteggio inferiore a 5. I paesi più corrotti sarebbero la Corea del Nord e la Somalia con un punteggio pari a 1. Così si esprime Huguette Labelle, presidente di Transparency international , in merito alla questione: “Che sia in un’Europa colpita dalla crisi del debito pubblico o in un mondo arabo che si avvia verso una nuova era politica, i leader non possono non tener conto delle richieste per un migliore governo”. È proprio nelle due aree indicate, infatti, che si fanno registrare i trend più negativi.
Ai primi posti della classifica, invece, troviamo la Nuova Zelanda, con un punteggio di 9.5, la Danimarca e la Finlandia, con 9.4, e la Svezia, con 9.3. Il loro indice di corruzione percepita è il più basso al mondo, ma cosa rende questi quattro paesi così puliti? Se lo è chiesto Marie Chene, coordinatrice della ricerca in seno a Transparency International.
Ci sono alcuni elementi che accomunano le quattro nazioni, come appunto nota Marie Chene, elementi che possono essere letti in chiave anti-corruzione. Prescindendo dall’impegno rimarcabile dimostrato dai loro leader politici nella lotta alla corruzione, tutti e quattro i paesi si caratterizzano per un’ampia libertà di stampa. Un recente studio ha posto in rilievo, appunto, il fatto che una simile libertà aiuti in larga misura a tenere detto fenomeno sotto controllo. Tra gli altri dati che accomunano questi paesi troviamo un alto PIL pro capite, bassi tassi di ineguaglianza, un’alfabetizzazione vicina al 100% e una rigorosa tutela dei diritti umani.
L’elemento fondamentale, però, nella lotta alla corruzione è costituito dalla presenza in Nuova Zelanda, Danimarca, Finlandia e Svezia di alcuni efficienti meccanismi di monitoraggio dell’attività dei governi da parte dei cittadini. Questo sistema di apertura si snoda sostanzialmente su tre punti: la divulgazione delle informazioni relative al bilancio preventivo, che ha il merito di ridurre al minimo le appropriazioni indebite di fondi pubblici; la previsione di codici di comportamento degli impiegati statali, di cui ci è fornito esempio dall’obbligo per i ministri danesi di pubblicare mensilmente un resoconto delle loro spese istituzionali; e la presenza di un sistema giudiziario indipendente ed efficiente.
La buona notizia è che quello di questi quattro stati sembrerebbe un modello capace di adattarsi anche a contesti politici differenti. Non ci resta allora che prendere esempio!
Inviato da: orchidea_selvag2012
il 20/02/2012 alle 06:51
Inviato da: wal59ter1
il 12/02/2012 alle 17:48
Inviato da: ilblogdelmar
il 04/02/2012 alle 18:39
Inviato da: PSICOALCHIMIE
il 04/02/2012 alle 13:19
Inviato da: ilblogdelmar
il 01/02/2012 alle 00:05