Il Blog del Mar

Riscatto sociale: privilegio per pochi


Di Chiara ManfrediniL’articolo di Stefano Zurlo “In libertà o latitanti all’estero: professione brigatista rosso” ci offre lo spunto per alcune riflessioni su tematiche sottese che emergono dalla lettura di queste righe senza voler indagare la posizione direi “conformista” dell’autore, considerata la linea editoriale del quotidiano che lo pubblica, né la complessità del tema del terrorismo politico nella storia del nostro Paese, di cui la magistratura ha fin qui restituito verità frammentarie e lontane dall’essere conclusive. Possiamo interrogarci ad esempio sul recupero sociale di chi delinque a cui la pena detentiva dovrebbe aspirare oppure sulle possibilità sociali che a fine pena sembra siano garantite ad alcune categorie di delinquenti e non ad altre. Forse l’istruzione e l’elevazione culturale rappresentano una discriminante fondamentale? Forse si ritiene più facile recuperare terroristici politici o incriminati per reati finanziari che ladri o rapinatori? Esistono reati di serie A e reati di serie B nel nostro immaginario collettivo? Non tutti i delinquenti hanno voglia o intenzione di rinnegare il proprio passato e di redimersi - nel senso cristiano del termine - , e non è nelle nostre facoltà poterlo pretendere, ma penso altresì che ognuno e dico ognuno ha diritto alle stesse possibilità. Se il terrorista politico può fare l’intellettuale anche il ladro può reinventarsi in un lavoro dignitoso che gli permetta di vivere senza portarsi dietro il marchio del peccato a vita. Ma è davvero così? Io continuo a leggere di tanti “Ricucci” a cui il carcere sembra non aver sottratto né rispettabilità né popolarità, continuando come prima ad occupare le prime pagine di giornali patinati al fianco di donne bellissime e poche storie di ordinaria criminalità che si trasformano in riscatto sociale. Sembra che partendo dal comune denominatore di una condanna penale il criminale rimanga comunque un emarginato sociale mentre Ricucci fa molto “figo” e Faranda molto “radical chic”. Il punto è che le carceri italiane sono strapiene di delinquenti comuni e non di ex terroristi politici e condannati per crac finanziari. Il punto è creare anche per quanti hanno meno possibilità di accedervi, in virtù della mancata istruzione e del basso profilo sociale, delle possibilità reali di crescita e di trasformazione. Il punto è che se si decide che la finalità della pena detentiva è il recupero sociale nessuno può essere condannato a vita.