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Legionari e mercenari, la guerra parallela in Ucraina continua

Post n°613 pubblicato il 20 Febbraio 2022 da zoppeangelo

Mentre contingenti Nato da una parte del confine ucraino e esercito russo dall'altra portano avanti la guerra diplomatico muscolare degli ultimi giorni (cfr. comunicato sull'Ucraina), ai margini si muovono in entrambi i campi formazioni militari di altro tipo.

Il 4 febbraio un "volontario" americano concede un'intervista a Euronews e La Presse per invitare altri giovani a combattere "per gli ideali occidentali", a sostegno del governo di Kiev, contro le minacce russe. Rivela di essere in Ucraina dal 2014 (riquadro 1) e di essersi unito a una formazione paramilitare di stanza a Kiev, organizzata da tale Mamuka Mamulashvili e formata da civili di varie nazionalità: georgiani, statunitensi, inglesi, australiani, italiani, tedeschi. L'obiettivo è raggiungere i 3 mila componenti. Molti sono veterani della guerra del Donbass. L'Ucraina ha concesso loro la cittadinanza nel 2019 e l'esercito ucraino, attualmente, partecipa al loro addestramento (nota 1). Questa unità ha un nome tristemente evocativo: "Legione Georgiana", lo stesso nome dell'unità del 1941, composta da prigionieri di guerra e di georgiani emigrati in Germania nel '21 (dopo l'invasione sovietica), che combatterono a fianco della Wehrmacht. (nota 2). Non è la prima formazione militare ucraina che attira "volontari" dall'estero. E la stampa russa li accusa di essere al soldo o comunque manovrati dalla Cia o direttamente da militari Usa.

In Italia già nel 2014 i gruppi paramilitari della destra neofascista ucraina, ad es. Pravyj Sektor, ebbero l'entusiastico appoggio di Casa Pound; un gruppo di loro militanti parteciparono alla guerra del Donbass a fianco di Kiev. Altre formazioni della destra italiana, come Forza Nuova, invece, si schierarono a fianco della destra ucraina filorussa e anche loro combatterono nel Donbass, ma dalla parte opposta.

Del resto nel Donbass, dal 2014 ha operato il gruppo Wagner, descritto come un'agenzia privata che ha appaltato militari combattenti a fianco dei separatisti delle auto-dichiarate repubbliche popolari di Doneck e di Lugansk. La stampa occidentale li accusa di essere la longa manus di Putin.

La Legione Georgiana e il Gruppo Wagner rientrano nel più ampio fenomeno dei mercenari sempre più presenti nei teatri di guerra moderni. Poiché tutti i paesi proibiscono ai propri cittadini di combattere nelle fila di un esercito straniero, si è inventata la figura del contractor. Costui è un soldato professionista o una guardia di sicurezza reclutata con contratto per svolgere attività militari, di sorveglianza o di protezione in zone di guerra. Fra di loro anche molti italiani (nota 3).

Un business stimato intorno ai 250 miliardi di dollari. Li abbiamo visti in Iraq, in Siria, poi in Libia attualmente. Del resto la stessa ISIS ha reclutato "volontari" questa volta sotto l'ideologia islamica. La realtà è che sia in Medio Oriente ma soprattutto nel Sahel martoriato dalla siccità, l'Isis ha reclutato i disperati che, orfani delle possibilità di lavoro in Libia, in cambio di uno stipendio fisso (che a noi può parere modesto, ma in Siria o in Centro Africa è principesco), rischiavano la vita per sfamare le famiglie.

Ma se da parte dell'ISIS è logico aspettarsi il reclutamento di "carne da macello", è legittimo chiedersi perché potenze imperialiste sviluppate sentano il bisogno di aggregazioni paramilitari di appoggio. Qualcuno sostiene che in Iraq o Afghanistan gli Usa abbiano schierato un numero di contractors pari al numero di soldati regolari (nota 4). E se ieri il termine contractor faceva pensare alla statunitense controversa Blackwater, oggi è la Cina a offrire sul mercato 4,3 milioni di potenziali mercenari.

Quindi ci chiediamo di nuovo, quali i vantaggi? Le morti dei contractors non entrano nelle statistiche, non scatenano patetiche scene dell'eroe morto seppellito con tutti gli onori, non solo, ma ai contractors vengono delegate le operazioni sporche, quelle di cui i politici non vogliono rispondere. I contractors aumentano il livello di ferocia e disumanità delle guerre, ma nel contempo gli stati non se ne assumono i costi politici e morali. I costi li paga invece la popolazione. Quattordicimila fino ad ora i morti tra civili e militari, 1,8 milioni gli sfollati interni, 30 mila feriti, 3,4 milioni le persone che hanno necessitato di aiuti umanitari.

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